Con la capitalizzazione degli interessi nei mutui ipotecari diretti a persone
che hanno più di sessantacinque anni, la Finanziaria introduce nel nostro
ordinamento uno strumento finanziario innovativo. Data l’esistenza di un "tetto"
sul valore del debito accumulato, che non può mai superare il valore
dell’immobile, il profilo di rischio primario per il mutuante sarà infatti
quello immobiliare, e non più, come nei mutui tradizionali, quello reddituale
del mutuatario.
La norma lo chiama impropriamente "mutuo vitalizio", si potrebbe invece
ribattezzare VIA, Valorizzazione immobiliare anticipata.
Le caratteristiche
Esistenza del "tetto", conservazione piena della proprietà da parte del
mutuatario, assenza di rate mensili da pagare, possibilità di rimborso
anticipato in ogni momento: sono queste le caratteristiche che lo rendono uno
strumento apparentemente ideale per un contesto poco propenso agli investimenti
rischiosi, patrimonializzato e ancora poco liquido come quello italiano.
Un contesto nel quale gli ultra sessantacinquenni proprietari sono più di cinque
milioni, titolari di un patrimonio immobiliare pari a quasi 900 miliardi di
euro. Anche se in una prima fase solo una piccola parte dei proprietari
utilizzasse la Valorizzazione immobiliare anticipata, si potrebbe arrivare a
cifre comunque importanti. Si tratterebbe di "nuova" ricchezza messa in circolo
a sostegno della crescita dell’economia . Questa è una prima valenza di
politica economica.
Al di là dei rilevanti aspetti quantitativi, va anche sottolineato come la
funzione della VIA in Italia possa rivelarsi diversa da quella
tipica dei paesi anglosassoni. Nel Regno Unito, i fondi generati
attraverso schemi di equity release sono utilizzati per il 50 per cento
come integrazione dei redditi da pensione, per il 20 per cento circa per
ristrutturazioni dell’immobile e per un altro 20 per cento per coprire spese
sanitarie/assistenziali. Anche in Italia, una VIA utilizzata come
flusso reddituale di sostegno avrebbe una sua validità: rinunciando ad esempio a
un finanziamento in una sola risoluzione di 100mila euro, sarebbe possibile
ottenere una rendita trentennale di circa 6mila euro l’anno.
L’Italia, a differenza del Regno Unito, è peraltro un paese nel quale sono
ancora forti i meccanismi di solidarietà intergenerazionale. La Via
potrebbe quindi contribuire a risolvere il problema, sempre più pressante, dei
figli trentenni che vivono con i genitori perché non possono comprare una casa.
Ad esempio, un erogato di 100mila euro sulla casa dei genitori (ai prezzi
attuali, cento metri quadri in semiperiferia a Roma) potrebbe permettere a una
coppia di giovani con reddito lordo di 50mila euro di colmare la differenza fra
il prezzo di un trilocale (ipotizziamo 300mila euro) e mutuo "possibile". (1)
Questa è una seconda valenza di politica economica.
Il ruolo dei Comuni e dello Stato
Le potenzialità sono quindi notevoli, anche da un punto di vista sociale.
Proprio per questo i soggetti pubblici dovrebbero svolgere un ruolo importante
nel fornire le condizioni di contorno per uno sviluppo ordinato del mercato.
In primis, vi è una funzione di certificazione. La VIA si rivolge a una
fascia di popolazione, gli over sessantacinque, presumibilmente meno familiare
con i meccanismi finanziari e quindi da tutelare. Soprattutto nelle città
metropolitane, dove si prevede che la Via abbia maggiore diffusione, i Comuni
potrebbero interagire con le banche negoziando un "pacchetto" che preveda
da un lato la trasparenza del complesso meccanismo di definizione del
prezzo del prodotto e dall’altro un coinvolgimento attivo della stessa
amministrazione comunale. Le forme del coinvolgimento possono essere varie:
dalla semplice sponsorizzazione mediatica (il "bollino blu") sul costo della
VIA, all’intervento finanziario diretto. Per esempio, nei casi in cui la Via
venga utilizzata per aiutare giovani a basso reddito ad accedere alla prima
casa, il Comune potrebbe coprire le spese notarili (come per i mutui
"normali" pari a 1000-2000 euro) o parte del "rischio longevità", altrimenti
traslato dall’investitore sul costo per il mutuatario.
Da parte dello Stato, occorrerà invece avere una normativa secondaria che,
rendendo ad esempio più brevi e certi i tempi in caso di esecuzione ipotecaria,
concorra a ridurre ulteriormente i costi.
Una riduzione significativa dei rischi "extraeconomici" è infatti
importante non solo per ridurre lo spread sull’Euribor associato al prodotto, ma
anche in prospettiva per una riduzione dell’età minima degli utilizzatori della
VIA.
La vendita delle case popolari
L’ampliamento dell’ambito di applicazione della VIA è peraltro
precondizione per creare una terza valenza di politica economica.
Si è letto in questi giorni del piano-casa del Governo, secondo il quale
occorrerebbe "regalare" le unità abitative del patrimonio ex-Iacp (case
popolari), di proprietà di Regioni ed enti locali, agli attuali conduttori. Si
tratterebbe, si argomenta, di un’operazione di riduzione del danno perché le
spese di manutenzione sono sistematicamente superiori al monte-canoni.
Tuttavia, sulla base delle attuali norme (legge 560/1993), i prezzi di
dismissione previsti (circa un terzo del prezzo di mercato) rappresentano già un
"regalo". Soprattutto nel caso in cui, utilizzando la VIA, conduttori a
basso reddito (e quindi non "eleggibili" per un tradizionale mutuo) possano in
pratica effettuare una vera e propria operazione di leveraged buy-out
dell’immobile. Per la pubblica amministrazione, questo potrebbe tradursi in una
riduzione del disavanzo.
Una dismissione immobiliare di questo tipo potrebbe quindi essere parte
importante della operazione di riduzione del debito. In attesa delle necessarie
riforme strutturali, che però genereranno i loro effetti positivi solo dopo
anni, la dinamica del debito può infatti essere tenuta sotto controllo solo in
due modi: o con manovre di correzione - che negli ultimi tempi si sono
dimostrate difficili e inefficaci - o riportando lo stock a livelli più
bassi con una grande operazione una tantum. E in questa operazione la
Valorizzazione Immobiliare Anticipata può avere un ruolo.
(1) Tipicamente, l’importo del mutuo che le banche concedono deve essere
tale da implicare un rapporto rata/reddito netto non superiore a un terzo.
* Direttore Finanziario del Comune di Roma
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