diffusione dei fondi pensione
appaiono tuttora limitate e insufficienti a garantire un secondo livello di
copertura adeguato: nell’ultimo rapporto la Covip riporta un tasso di adesione
di appena il 14,5 per cento.
Quanto costa l’attesa
La legge delega approvata nell’estate del 2004 stabilisce che i lavoratori
aderiscano ai fondi pensione, destinandovi l’intero flusso di Tfr, a meno
che non richiedano esplicitamente di mantenerlo presso l’impresa (cosiddetto
principio del "silenzio-assenso").
Si tratta di una misura rilevante, che potrebbe convogliare verso i fondi
pensione fino a circa dieci miliardi all’anno. Tempi e modalità specifiche per
il funzionamento del silenzio-assenso e modifiche alle regole vigenti
sulla previdenza complementare, in particolare quelle fiscali e di governance,
sono stati tuttavia definiti solo con il decreto legislativo varato dal
Consiglio dei ministri il 1°luglio
Il decreto stabilisce che entro giugno 2006 il lavoratore dovrà
manifestare la volontà di mantenere il Tfr o dichiarare la forma complementare
al quale destinarlo. Mentre l’adesione al fondo è irreversibile, chi sceglie per
ora il Tfr, potrà successivamente modificare la propria decisione. Di fatto, il
prossimo giugno non è dunque una data ultima vincolante per l’opzione. Ma
l’attesa costa, anche se poco e non per tutti. L’aliquota con la quale
verranno tassate le prestazioni (fissata al 15 per cento) viene, infatti,
ridotta se si partecipa al fondo per più di quindici anni: di 0,3 punti
percentuali per ogni anno di anzianità aggiuntivo. Il costo dell’attesa è allora
nullo per i lavoratori con età elevate (50 anni e più), che non hanno un
orizzonte temporale di vita lavorativa sufficiente per maturare più di quindici
anni di adesione; le attese lunghe costano (fino a un massimo di 6 punti
percentuali di aliquota) per i più giovani.
Rispetto al precedente regime fiscale, progressivo, il nuovo comporta una forte
regressività. Il vantaggio aumenta al crescere del reddito percepito:
l’aliquota del 15 per cento va confrontata con le aliquote marginali effettive,
prima applicate alle prestazioni, che vanno dal 30 al 43 per cento, a seconda
dello scaglione Irpef di appartenenza.
Una questione di credibilità
Si tratta di un beneficio fiscale consistente che potrebbe spingere molti a
optare per i fondi pensione. Ma l’incentivo riguarda principalmente la fase
delle prestazioni, e dunque si basa su una promessa per il futuro, mentre
l’opzione fondo è irrevocabile fin da subito. La scelta quindi sarà fortemente
condizionata dalla credibilità della promessa, che purtroppo è compromessa dalla
storia fiscale del nostro paese. Credibilità e aspettative sono già emerse come
elementi importanti per spiegare la preferenza per il Tfr. Un’indagine Isae ,
effettuata nei quattro mesi successivi all’approvazione della legge delega
(settembre-dicembre 2004), mostra che la netta maggioranza dei
lavoratori è incerta sull’opzione (ben il 44 per cento dichiara di non
essere ancora in grado di decidere) o intende mantenere il Tfr presso le imprese
(il 42,2 per cento). Solo il 13,8 per cento degli intervistati dichiara di voler
trasferire risorse ai fondi. (1)
L’opzione a favore del Tfr è motivata dalla preferenza per forme di risparmio
meno rischiose e più liquide. L’81 per cento di coloro che opterebbero per
il Tfr giustifica la scelta con la possibilità di ricevere immediatamente
l’intero montante accumulato (44,9 per cento) e la garanzia di un rendimento più
sicuro (36,1 per cento).
L’incertezza dei lavoratori è determinata in gran parte dall’assenza di
informazioni che permettano di valutare la convenienza di una forma di risparmio
rispetto all’altra e dall’atteggiamento di attesa dei sindacati. L’approvazione
definitiva del decreto dovrebbe ridurla e indurre molti a una scelta definitiva.
Rischi diversi
Oltre che per un diverso trattamento fiscale, le due forme di investimento
differiscono anche per profilo di rischio e rendimento e grado di
liquidità. Nel caso del Tfr, il rendimento è stabilito per legge, l’aleatorietà
è legata alla copertura parziale dall’inflazione, la prestazione viene
interamente percepita sotto forma di capitale e il credito maturato è titolo
privilegiato e garantito con un fondo Inps. Nel caso dei fondi pensione, il
risparmio è soggetto alla volatilità dei mercati finanziari, al pensionamento si
è vincolati a ricevere parte del beneficio come rendita e la tutela è quella
generale prevista dalla normativa sul risparmio. Per rendere più attraenti
canali di investimento alternativi al Tfr sembra dunque necessario agire proprio
sul grado di rischio associato ai fondi e sul livello di fiducia degli
operatori, considerando soprattutto gli aspetti più direttamente connessi alla
tutela del risparmio. I crack finanziari hanno presumibilmente influito sul
rischio attribuito ai mercati dei capitali e, di conseguenza, sulla valutazione
che i lavoratori danno del rischio relativo tra le due forme di destinazione del
Tfr.
Una buona regolamentazione dei mercati finanziari e, in particolare, la
sua efficacia nel garantire la tutela dei piccoli risparmiatori appare, dunque,
una condizione necessaria per favorire lo sviluppo della previdenza
complementare.
(1) Maria Cozzolino e Michele Raitano, "Il futuro dei fondi pensione:
opportunità e scelte sulla destinazione del Tfr", in corso di pubblicazione in
Documenti di Lavoro Isae, 2005
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