Occorre assolutamente costruire dei rigassificatori. Altrimenti con i soli
gasdotti rimarremo senza metano. È una cosa evidente. Lo dimostra la carenza di
gas di questi giorni. È bastato un inverno più freddo in Russia per avere meno
metano per riscaldarci. Il nostro sviluppo economico rischia la paralisi. Ma è
proprio così che stanno le cose?
Guardate
la televisione e non faticherete a convincervi.
"È assurdo - ha detto Prodi - che non abbiamo punti di importazione di
gas liquefatto, a parte quello di Panigaglia, in modo da diversificare i nostri
rifornimenti. Non possiamo dipendere soltanto o principalmente dalla Russia,
dobbiamo avere delle fonti che dipendano da diversi paesi".
Occorre quindi assolutamente costruire dei rigassificatori. Altrimenti
rimarremo senza metano. È una cosa evidente. Lo dimostra la carenza di gas di
questi giorni. È bastato un inverno più freddo in Russia per avere meno metano
per riscaldarci. Il nostro sviluppo economico rischia la paralisi. In
televisione continuano ad evidenziare che stiamo facendo ricorso alle scorte.
Fino a quando potremo reggere questa situazione? Occorre far comprendere quanto
sia sbagliata la posizione di quegli ecologisti che sollevano dubbi sul
rigassificatore: facendo così essi ostacolano il metano che è una delle fonti
energetiche più pulite di cui disponiamo.
Avete letto una breve rassegna sui luoghi comuni che in poche settimane una
massiccia campagna mediatica ha coltivato nella mente di chi non ha il tempo di
leggere, studiare e approfondire le questioni. Del resto l'opinione pubblica,
sostiene Silvio Berlusconi sulla scorta degli studi statistici di alcuni esperti
di comunicazione, ha l'intelligenza media di una ragazzino di 11 anni e,
aggiunge, neanche troppo intelligente. Quindi basta poco per far passare idee
così semplici. Né tutti hanno la voglia, il tempo o la possibilità di leggere
diversi giornali, confrontarli, studiarli e sottolinearli per analizzare i
retroscena dell'economia.
Interrogazione parlamentare 3-01471 del 18 marzo 2004 relativo
allo sfruttamento di giacimenti petroliferi nella zona di Nasiriya.
Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri,
on. Ventucci, cosi' risponde:
"una iniziale bozza di accordo per lo sfruttamento dei campi
petroliferi di Nasiriya fra ENI e gli enti competenti iracheni era stata
parafata nel 1998 ed è poi stata modificata nel 2001.
Queste due bozze di accordo, che avevano permesso a suo tempo all'ENI di
effettuare delle stime sulla capacità produttiva del giacimento in
questione, valutata fra i 2,5 ed i 4 miliardi di barili in totale, non
sono però mai state perfezionate attraverso la firma di un testo
vincolante.
[...] la scelta di dislocare un contingente militare italiano nella zona
di Nasiriya non è stata in alcun modo legata ad eventuali interessi ENI
per i campi petroliferi esistenti in quel territorio."
"Siamo peraltro informati che, nel corso del 2003, l'ENI si è
aggiudicata, conformemente a quanto disposto con la risoluzione 1483, un
tender internazionale della Società irachena per il marketing di greggio
(SOMO) per un totale di un milione di barili di petrolio ed ha inoltre
concluso, sempre con la SOMO, un contratto per l'acquisto di 4 milioni
di barili di petrolio."
Risposta alla quale replica l'on. Falomi [Gruppo misto]:
"Non è sufficiente affermare che il carattere della nostra missione è un
altro e non ha alcun rapporto con la scelta di Nasiriya [...] Per
difendere 20 milioni di aiuti umanitari si spendono 500 milioni di euro
per truppe, armamenti e quant'altro: lo squilibrio è così palese ed
evidente da rendere molto difficile l'attribuzione alla missione di un
carattere umanitario.
Vi è poi un elemento specifico da cui nasce la nostra insoddisfazione:
il 23 febbraio 2003 un'agenzia ANSA menzionava un dossier Iraq elaborato
dal Governo, relativo ai piani dell'Esecutivo italiano per la
ricostruzione dell'Iraq. La guerra non era ancora scoppiata, ma il
Governo elaborava un dossier - la notizia non è mai stata smentita - che
sarebbe interessante conoscere.
In esso si ipotizza che l'Italia, già presente con le iniziative
dell'ENI a Nasiriya, possa giocare anch'essa un ruolo nell'ampliamento
dell'estrazione petrolifera affinché l'Iraq divenga il Paese produttore
capace di trarre i ricavi più elevati dall'esportazione del greggio.
[...]
Il 30 maggio 2003, a guerra terminata (si fa per dire), una nuova
agenzia ANSA riporta la notizia che il cane a sei zampe, vale a dire
l'ENI, punta all'Iraq e partecipa alla corsa ai ricchi giacimenti dello
Stato mediorientale, iniziata dopo la caduta del regime di Saddam. L'ENI
si dice infatti pronta a cogliere l'occasione per lavorare nel Paese,
ricordando di avere tutte le credenziali. Così spiega agli azionisti
l'amministratore delegato Vittorio Mincato, che ricorda come già nel
passato il gruppo avesse messo gli occhi sull'area irachena di Nasiriya."
Giacomo Alessandroni
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Io invece ho avuto il privilegio di disporre di un intero pomeriggio libero,
di ben tre quotidiani e dell'accesso ad Internet per cercarmi tutti i dati che
volevo.
E ho scoperto che la propaganda pro-rigassificatori si nasconde più di una
bugia. Vediamo il retroscena della carenza di gas attuale. Lo illustra un
giornale tutt'altro che estremista, ossia Il Sole 24 ore: "L'Eni ha
strozzato volutamente l'ampliamento del gasdotto algerino. Ha rallentato ad arte
l'apertura dei tubi ai concorrenti. Ha chiuso, insomma, i rubinetti per
difendere la propria supremazia", scrive Federico Rendina.
L'Eni ha determinato una "strozzatura" delle forniture nonostante l'Algeria
volesse fornirci più gas. Ecco l'origine dei disagi attuali e della carenza di
metano: "Tutto ciò rischia di sottrarre agli italiani - spiega Il Sole 24 ore -
ben 9,8 miliardi di metri cubi di preziosissimo metano che poteva e doveva
essere a disposizione del nostro mercato".
Informazioni simili le troviamo sul Corriere della Sera:
"L'atteggiamento dell'Eni (gestione Mincato) avrebbe determinato il mancato
afflusso in Italia di 9,8 miliardi di metri cubi di gas, quasi il 10% del
fabbisogno nazionale".
La scelta di comprimere verso il basso le importazioni di metano "è figlia del
timore di quella sovrabbondanza di fonti di energia che ha orientato dal
2002-2003 la politica del cane a sei zampe", si può leggere sulla pagina
economica del Corriere della Sera.
Cosa significa tutto questo?
Significa quattro cose:
- non siamo di fronte ad una carenza di energia ma assistiamo ad una manovra
speculativa per mantenere alti i prezzi e bloccare a terzi (ossia ai
concorrenti) il trasporto di gas tramite il gasdotto TTPC dall'Algeria.
Pertanto all'Eni è stata affibbiata una multa dall'antitrust di ben 290
milioni di euro, una delle più alte di tutta l'Europa;
- si può e si deve ottenere più metano anche senza rigassificatori.
Costruirli non è sbagliato ma non è una priorità "totalizzante" e inderogabile
senza la quale il paese sarebbe in ginocchio;
- opporsi ad un rigassificatore non significa opporsi al metano perché ve
n'è in grande abbondanza tramite i gasdotti; del resto l'Algeria vuole
aumentare le esportazioni verso l'Italia e aspetta solo il nostro assenso.
Esce tanto di quel metano - mi ha spiegato un ingegnere del settore - che i
tecnici sono costretti a reimmetterlo forzatamente nel sottosuolo;
- anche senza un rigassificatore si può essere "amici del metano", ossia
delle fonti energetiche meno inquinanti.
Ne consegue che non si è "nemici della Patria" se si sollevano obiezioni
fondate su un rigassificatore. A Taranto, ad esempio, sarebbe il decimo impianto
ad alto rischio da sottoporre alla direttiva Seveso e la sua esplosione
determinerebbe una reazione a catena.
Cosa ha capito il lettore attento dopo questa analisi? Che gli ecologisti
critici su alcuni rigassificatori non vogliono il metano?
No. Il lettore attento ha capito che una grande bugia è stata comunicata in
queste settimane: quella secondo la quale la mancanza di rigassificatori ha
causato la mancanza di metano.
Questa cosa la può capire anche il ragazzino di 11 anni a cui fanno
riferimento gli esperti di comunicazione che affiancano Silvio Berlusconi. Ma
noi quel ragazzino di 11 anni lo stimoliamo a ragionare e lo vogliamo far
diventare attento, informato, consapevole e intelligente. Gli vogliamo insegnare
a leggere e non solo a guardare la televisione.
Accidenti, caro Prodi, mi assale un dubbio: è forse questa la ragione per cui
la scuola pubblica è in crisi?
Alessandro Marescotti
presidente di PeaceLink
a.marescotti@peacelink.it
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Archivio Muro del Pianto
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