
foto di Saucy Suse
Storace si è dimesso. Peccato, era meglio se fosse stato
cacciato ad aprile. Ci ha tolto una soddisfazione, non si è comportato con
sportività.
La Procura di Milano ha arrestato 16 persone,
tra cui due marescialli della Guardia di Finanza, un poliziotto e due dipendenti
Telecom. Il gruppo avrebbe lavorato, spiato, falsificato per mesi per favorire
la vittoria di Storace alla Regione Lazio.
Gaspare Gallo, uno degli arrestati, in un’intercettazione dice:
“Si mi sto già muovendo io. Sta settimana gli faccio telefoniche e
bancarie”, riferendosi a Marrazzo, candidato del
centro sinistra.
Informazioni telefoniche e bancarie su un candidato?
Non è un problema. Basta pagare. Esiste un vero e proprio
tariffario, devo dire anche onesto.
In un’intercettazione una delle persone coinvolte, Laura Danani, elenca i prezzi
per sapere gli intestatari di numeri di telefono riservati:
“Omni 220 euro, Tim 150, Wind 200, Tre 200, fisso 250”.
E indica le banche di cui riusciva ad ottenere informazioni sui clienti:
Antonveneta, Bnl, Commercio e Industria, Popolare di Milano, Popolare di Novara,
San Paolo Imi: “un’anagrafe per sapere se una persona è
presente in queste banche costa 250 euro...lo sviluppo di un
paio di mesi di movimenti va sulle 600, lo stesso discorso vale per i titoli”.
Lo spionaggio a fini elettorali può anche passare, ma non l’utilizzo dei
nostri dati bancari e telefonici senza equo compenso.
Le compagnie telefoniche e le banche dovrebbero proporci una liberatoria
sui nostri dati in cambio della metà del ricavato
ottenuto da possibili vendite a servizi segreti, aziende di marketing, privati
cittadini.
Sarebbe una vera operazione di trasparenza, nel pieno rispetto
della privacy.
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