Il 1º gennaio 1999 nasceva l'area euro. Caratterizzata da un'architettura
istituzionale senza precedenti: la sua vera novità è la relazione che
intercorre tra la politica monetaria unica e la molteplicità delle politiche
economiche e di bilancio degli Stati membri. Benché al debutto della moneta
unica fossero molte le incertezze e gli interrogativi, il primo decennio
dell'euro è stato una storia di successo. Oggi vale la pena di ricordare
quelle sfide originarie per riconoscere nella crisi attuale l'opportunità di
rafforzare la governance europea.
“È nella natura dell'inizio che qualcosa di nuovo sia cominciato
senza che lo si possa ricondurre a qualunque cosa sia accaduta in
precedenza. Questo carattere di sorprendente imprevedibilità è
intrinseco a tutti gli inizi” - Hannah Arendt, Vita Activa La
Condizione Umana.
Il 1º gennaio 1999 ha segnato l'inizio dell'area euro.
L'euro è divenuto quel giorno la moneta unica di oltre 300 milioni di
persone che vivevano in undici paesi diversi, parlavano lingue
diverse, erano caratterizzati da diverse memorie storiche, tradizioni,
costumi, abitudini, comportamenti, culture e istituzioni.
L'introduzione dell'euro dieci anni fa è un momento determinante della
storia dell'integrazione monetaria, finanziaria, economica e politica
dell'Europa. È stato un evento di rilievo mondiale.
Nel frattempo, il processo di allargamento dell'area euro prosegue:
dei dieci Stati membri entrati nell'Unione europea con il quinto
allargamento, quattro sono già nell'euro, e la Slovacchia,
che ne fa parte dal 1º gennaio 2009, è il primo membro dell'ex blocco
sovietico.
L'area euro era stata concepita per divenire un'area di stabilità
macroeconomica: fornisce una cornice coerente per politiche
macroeconomiche orientate alla stabilità. Il quadro
istituzionale costruito dal Trattato di Maastricht è centrato
su una politica monetaria unica, affidata a una banca centrale
indipendente, la Banca centrale europea, con l'obiettivo primario di
mantenere la stabilità dei prezzi nel medio periodo, e su politiche
economiche nazionali, ma coordinate, più in particolare su regole
volte ad assicurare la disciplina di bilancio. Si riteneva che
politiche macroeconomiche orientate alla stabilità, con economie di
mercato aperte e libera concorrenza, potessero costituire l'ambito
migliore per crescita e sviluppo sostenibili.
LE INCERTEZZE DELL'INIZIO
Tuttavia, all'inizio il successo non poteva essere dato per
scontato. È un concetto espresso chiaramente da Otmar Issing.
(1)
“Come banchiere centrale coinvolto nelle decisioni di politica
monetaria, ho avuto a che fare con l'incertezza e le sue conseguenze
per gran parte della mia vita professionale. La mia esperienza di
membro del consiglio della Bundesbank mi ha lasciato un vivido ricordo
delle sfide poste dalla riunificazione tedesca o delle turbolenze per
le crisi degli Accordi europei di cambio. Ma non ho mai sentito così
forte il senso di incertezza come nelle settimane che precedettero e
seguirono l'introduzione dell'euro e la nascita della politica
monetaria unica. (...) Quando il consiglio dei governatori emanò la
dichiarazione finale sulla strategia di politica monetaria
preparandosi al “week end del changeover”, l'incertezza era al
culmine. Niente poteva essere dato per scontato, indipendentemente da
quanto fosse stato accurato il lavoro preparatorio”.
Queste parole trasmettono “la sorprendente imprevedibilità di tutti
gli inizi” per dirla con Hannah Arendt. Ma le sfide poste dalla
creazione dell'area euro andavano ben oltre quella di fissare in
maniera irrevocabile i tassi di cambio, è importante
ribadire che l'area euro si caratterizza per un'architettura
istituzionale senza precedenti. La politica monetaria unica e
la Banca centrale europea interagiscono con un gran numero di Stati
membri, con le loro competenze di politica economica e fiscale. La
relazione che intercorre tra la politica monetaria unica e la
molteplicità delle politiche economiche e di bilancio costituisce la
novità dell'area euro: elementi di tensione non potevano essere
esclusi, e infatti in alcuni casi si sono verificati. Molti
interrogativi si profilavano perciò all'inizio. Per esempio,
la transizione da undici monete nazionali all'euro sarebbe stata senza
intoppi? La politica monetaria unica sarebbe stata percepita come
credibile? Le regole fiscali, incorporate dal Patto di stabilità e
crescita, avrebbero assicurato la disciplina di bilancio?
L'architettura istituzionale dell'area euro si sarebbe dimostrata
abbastanza flessibile da sostenere la pressione di cambiamenti
imprevisti? L'unione monetaria sarebbe stata sostenibile senza
un'unione politica? Dopo dieci anni, è chiaro che la condotta di
politica monetaria ha avuto successo.
UN DECENNIO DI SUCCESSO
Nel corso dei primi dieci anni di euro, l'inflazione
nell'area è stata in media vicina, ma non sotto, il 2 per cento,
esattamente come prescritto dalla definizione di stabilità dei prezzi
del Consiglio dei governatori. In particolare, se si esclude il 1999
sulla base del fatto che dati gli sfasamenti dovuti al cambiamento, la
Bce non poteva essere ritenuta responsabile dei risultati di quell'anno,
l'inflazione è stata in media del 2,2 per cento nel periodo. Tuttavia,
la differenza rispetto all'obiettivo può essere attribuita a
imprevisti (e significativi) andamenti nei prezzi del petrolio e di
altre merci. Se si escludessero energia e materie prime alimentari, il
tasso di inflazione media sarebbe stato dell'1,8 per cento. Ancor più
importante, forse, la Bce ha mantenuto ben ancorate le aspettative
inflazionistiche. Inoltre, non c'è stato sostanzialmente nessun
impatto sulle aspettative dovuto a andamenti temporanei dei prezzi,
che invece hanno inevitabilmente influito sia sull'inflazione headline
sia sulle previsioni inflazionistiche a breve termine. (2)
Il livello di credibilità della Bce è stato
particolarmente alto se si considera che, all'inizio, si trattava una
nuova istituzione senza una storia alle spalle. Sebbene si stimi che
il passaggio all'euro del gennaio 2002 abbia portato a un incremento
dell'inflazione dello 0,3 per cento e abbia creato uno scostamento tra
inflazione e aspettative, questa percezione errata non ha avuto alcun
impatto sulla fiducia generale in merito alla capacità della Bce di
mantenere la stabilità dei prezzi.
Ovviamente, il successo dell'euro va ben oltre la stabilità dei
prezzi. (3) Negli ultimi dieci anni, tutte le
variabili nominali si sono mantenute notevolmente stabili rispetto al
decennio precedente, compresi per esempio i tassi di interesse di
breve e lungo termine, che sono rimasti bassi e stabili. E allo stesso
tempo ridotta è stata anche la volatilità delle variabili reali, come
il prodotto. Benché dal 1999 a oggi, la crescita del Pil reale sia
rimasta virtualmente immutata a poco più del 2 per cento, sono stati
creati più di 18 milioni di posti di lavoro, un
numero decisamente maggiore rispetto al decennio precedente: sarebbe
certo scorretto attribuire principalmente all'euro la creazione di
nuovi posti di lavoro, ma il contesto di stabilità macroeconomica e le
riforme del mercato del lavoro determinate dalla volontà di entrare
nell'Unione monetaria hanno contribuito a rendere più flessibile il
mercato del lavoro. (4) L'unificazione monetaria è
stata anche accompagnata da importanti dinamiche di integrazione, come
l'accresciuta integrazione commerciale e finanziaria, che derivano dai
circoli virtuosi, che si rinforzano a vicenda, del “una valuta, un
mercato”. (5)
Una delle cartine di tornasole dell'architettura macroeconomica
dell'Unione monetaria è stata l'interazione tra la politica monetaria
unica e le politiche fiscali decentralizzate. La rimozione della
“carota” dell'ingresso nell'area euro avrebbe portato a politiche
fiscali opportunistiche, specialmente nei paesi tradizionalmente
indisciplinati? Oppure, l'attuazione del Patto di stabilità e crescita
avrebbe comportato un livello insufficiente di stabilizzazione
fiscale? Nessuno dei due timori si è realizzato. I deficit
pubblici sono scesi al livello record minimo dello 0,6 del
Pil nel 2007, a confronto con la media degli anni Ottanta e Novanta
vicina al 4 per cento. La disciplina di bilancio è migliorata in
particolare dopo la riforma del Patto di stabilità e crescita del
2005, con il rafforzamento del controllo politico sulle regole
monetarie, ciò è avvenuto di pari passo con una correzione del
comportamento fiscale, tipicamente pro-ciclico che tradizionalmente
caratterizza i paesi dell'Unione. E lo spazio di manovra creato in
molti paesi negli anni passati permetterà ora alla politica fiscale di
giocare un ruolo espansionistico nell'attuale crisi economica.
LE SFIDE DI OGGI
(...) La storia non è ancora finita, sfide significative si
profilano. Mentre scriviamo, il mondo vive una crisi
finanziaria ed economica di proporzioni globali. Per l'area
euro, la crisi globale mette all'ordine del giorno le sfide del
mantenimento della stabilità economica e della stabilità finanziaria.
Durante la crisi, è stato ben visibile il ruolo della Bce e del
sistema euro nella gestione della liquidità, in modo da mantenere
ordinate condizioni nei mercati monetari e più in generale in tutti i
mercati. Allo stesso tempo, la gestione della liquidità
era indirizzata a ridurre rischi e turbative della stabilità
finanziaria. Facendo così, ha attutito gli effetti della crisi
sull'attività economica. Inoltre l'area euro ha contribuito a
proteggere i paesi che ne fanno parte da alcuni effetti negativi che
altrimenti la crisi avrebbe potuto avere avuto sulle loro economie.
La crisi finanziaria ed economica sta portando a una
cooperazione e a un coordinamento senza precedenti a livello
europeo e mondiale. Un esempio particolarmente significativo è la
collaborazione tra la Federal reserve, la Bce e altre principali
banche centrali nella gestione della liquidità a livello mondiale.
Tuttavia, la crisi ha reso evidente la necessità di rafforzare la
cooperazione e la vigilanza a livello europeo e mondiale. Un esempio
importante è la necessità di rafforzare la collaborazione tra
autorità di vigilanza responsabili delle grandi istituzioni
finanziarie internazionali. All'ordine del giorno ci sono anche i
problemi della prevenzione delle crisi, compreso il quadro complessivo
della regolazione e della vigilanza, e della loro gestione. Gli Stati
Uniti sono ufficialmente in recessione da dicembre 2007, l'area euro
ha già registrato due trimestri consecutivi di crescita negativa e il
rallentamento dell'attività economica si sta diffondendo ovunque nel
mondo. È uno sviluppo unico e senza precedenti nella storia e
l'incertezza è particolarmente elevata.
La crisi costituisce dunque una grande sfida per l'area euro. I primi
dieci anni della moneta unica si sono sviluppati all'interno di due
grandi sfide. Vale la pena di ricordare l'entità di quella originaria
per vedere nella crisi attuale un'opportunità per rafforzare la
governance a livello europeo e mondiale. È già successo che crisi e
incertezze abbiano consentito di liberarsi delle resistenze del
passato e abbiano generato le meraviglie di un nuovo inaspettato
inizio.
(1) Otmar Issing, "Monetary Policy of the ECB in a
World of Uncertainty", Cfs Conference "Monetary
Policy Making Under Uncertainty", Frankfurt am Main, December 3-4
1999. Per un resoconto completo dell'avvio dell'euro si veda Otmar
Issing The Birth of the Euro, Cambridge: Cambridge University
Press, 2008.
(2) Il problema di ancorare l'inflazione e le
aspettative inflazionistiche è discusso in dettaglio da Petra Geraats,
Manfred Neumann e Frank Smets in M. Buti, S. Deroose, V. Gaspar and J.
Nogueira Martins (eds.), Euro: The First Decade, Cambridge:
Cambridge University Press, di prossima pubblicazione. La fondamentale
importanza della credibilità è una delle lezioni tratte
dall'esperienza della “grande inflazione”. Si veda in proposito
Andreas Beyer, Vitor Gaspar, Christina Geberding and Otmar Issing,
Opting Out of the Great
Inflation: German Monetary Policy After the Break Down of Bretton
Woods, Nber Working Paper 14596, December 2008.
(3) Per un riepilogo generale del primo decennio di
euro si veda Commissione europea
EMU@10: Successes and Challenges After Ten Years of Monetary Union.
(4) Come mostrano Marco Buti, Werner Roeger e
Alessandro Turrini in "Is Lisbon Far from Maastricht? Trade-offs and
Complementarities between Fiscal Discipline and Structural Reforms" (CES-Ifo
Economic Studies, forthcoming), regole fiscali più rigide seguite al
lancio della seconda fase dell'Unione monetaria nel 1993, culminate
con l'adozione del Patto di stabilità e crescita nel 1997, hanno
rafforzato gli incentivi per i governi, sulla base di motivazioni
elettorali, ad attuare riforme del mercato del lavoro.
(5) Si vedano gli interventi in M. Buti, S. Deroose,
V. Gaspar and J. Nogueira Martins (eds.), Euro: The First Decade,
Cambridge: Cambridge University Press, di prossima pubblicazione.
Francesco Paolo Mongelli, "The Oca Theory and the Path to the Emu",
propone una rassegna critica di questa tesi.
Foto: La Eurotower di Francoforte, sede della BCE
- Credit © European Communities, 2009
* Il testo in lingua originale è pubblicato su
Vox.
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http://www.lavoce.info
Archivio Moneta e Inflazione
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