L’intendimento
della possibile introduzione, nel 1985, di una «lira pesante» corrispondente
a mille lire attuali, forse per effetto di una certa enfasi «di tipo
strutturale» con cui è stato manifestato, ha dato origine, oltre che a
comprensibile curiosità e a richieste di chiarimento, anche a preoccupazioni
e incertezze del tutto infondate. E’ da auspicare che i mezzi di
comunicazione non «appesantiscano» il preannunciato provvedimento di
significati ad esso estranei e ne precisino la natura puramente tecnica, che
ha avuto già in passato autorevoli sostenitori.
Un’analisi dei benefici e dei costi della eliminazione del gonfiamento delle
cifre determinato dai processi inflazionistici può compiersi in modo molto
più raffinato di quello che viene qui delineato. Ma la sostanza del problema
varia soltanto nel grado di precisione. Da un lato, si pongono in evidenza i
maggiori costi tipografici nella stampa delle tabelle con molti zeri; la
inopportunità di creare biglietti di banca di taglio crescente; la
pericolosità del trasporto di ingenti mezzi di pagamento nei centri
destinati a funzionare da tesoreria; le complicazioni inutili nell’impiego
di mezzi di calcolo veloce.
Dall’altro lato, si sottolinea la delicatezza di turbare le abitudini
monetarie del pubblico, data la sua comprovata reazione emotiva ai
cambiamenti e la lentezza degli adattamenti che ne conseguono. In realtà,
nel caso della lira, il mercato aveva in qualche modo anticipato le misure
ufficiali, in quanto è piuttosto consueta l’indicazione, nei banchetti dei
mercatini, di cifre che implicano una trasformazione di 100 lire in una
lira.
Il consolidamento di questa prassi divenuta operativa sarebbe stato più
giustificabile della preannunciata trasformazione di 1000 lire in una lira
pesante. L’unica ragione che viene in mente, cioè il valore in lire dello
scudo europeo, appare troppo distante dalla normale comprensione per avere
una portata agevolmente assimilabile dagli uomini comuni.
Comunque, non è nella natura di provvedimenti del genere di essere indice di
un acquisito miglioramento economico: compito, questo, da proporsi ancora
con impegno, in un clima internazionale estremamente incerto e
condizionante. Che poi vi siano sottintesi propositi deflazionistici, o
sottostanti velleità da «quota novanta», vorremmo proprio escluderlo, anche
se riflussi del tipo «mostra del Colosseo» sono in grado di determinare
impensabili e frustranti effetti cumulativi. Quello che in ogni caso sembra
da escludere è che il provvedimento interessi molto la massaia. Poiché essa
guarda alla sostanza, più che alla forma, è difficile che abbia avuto modo
di constatare che i prezzi non sono cresciuti in settembre. Si è verificata
persino, talvolta, la mancata reperibilità di prodotti essenziali,
medicinali inclusi. Ma vi è, notoriamente, una realtà sommersa di impervio
accertamento statistico.
Vi è un aspetto ulteriore del provvedimento che riguarda
il possibile effetto psicologicamente inflazionistico di un
ridimensionamento della lira su scala così ragguardevole. Esso avrebbe
indubbiamente preoccupato il dott. Donato Menichella. Ma egli non è più tra
noi e alcune Sue cautele e rispetto per le abitudini monetare del pubblico
non costituiscono eredità trasmissibili. (A proposito, trattandosi di un
provvedimento che può adottarsi a posteriori, cosa aspetta il governo ad
assumere a suo carico le spese per i funerali: provvedimento adottato per
personaggi molto meno provvidi per la collettività di quanto Egli sia
stato?)
Archivio Moneta e Inflazione
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