Siamo superiori
Berlusconi vuole cambiare la l ...
Brusca: riina mi disse il nome ...
La storia delle stragi è stata ...
I confini tra una parte (quanta?) dello Stato e la mafia
sono sottili, spesso inesistenti. Viene persino il dubbio che l'Italia alla
fine della Seconda Guerra Mondiale sia stata liberata dai mafiosi americani
guidati da
Lucky Luciano e non dagli Alleati (ma forse da tutti e due
insieme alla CIA...). L'intervista a Nicola Biondo è
sconvolgente, ma anche surreale. Ne emerge un gioco di specchi in cui
scompare qualunque regola, ogni credibilità delle Istituzioni. Biondo
descrive un girone infernale senza nessuna speranza di
purgatorio o paradiso nel quale non precipitano i malvagi, ma i cittadini
onesti: magistrati, poliziotti, politici, giornalisti in una mattanza nella
quale la mafia è spesso il braccio armato di poteri protetti dallo Stato.
Intervista a Nicola Biondo
Il Patto tra Stato e mafia (espandi
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comprimi)
"Mi chiamo Nicola Biondo, sono un giornalista freelance scrivo per L’Unità,
con Sigfrido Ranucci, un inviato RAI abbiamo scritto un libro per Chiare
Lettere, si intitola: “Il
Patto. Da Ciancimino a Dell’Utri, la trattativa segreta tra Stato e
mafia nel racconto inedito di un infiltrato”. Raccontiamo una storia
straordinaria, molto poco conosciuta, quella di Luigi Ilardo, nome in codice
Oriente.
Luigi Ilardo dal 1994 al 1996 ha smesso
di essere un mafioso e è diventato un infiltrato, tutto quello che ascoltava
e vedeva non era più a beneficio della sua famiglia mafiosa, ma a favore
degli uomini dello Stato.
Luigi Ilardo è un caso eccezionale della lotta a Cosa Nostra, in pochi mesi
fa decapitare le famiglie mafiose di tutta la Sicilia orientale, ma cosa più
incredibile, inizia un rapporto epistolare con Bernardo Provenzano, Ilardo è
il primo che racconta il metodo dei pizzini che consentiva a Bernardo
Provenzano di comunicare all’esterno con i suoi uomini, Ilardo è il primo a
raccontarcelo. Ilardo incontra Bernardo Provenzano il 31 ottobre 1995, e da
infiltrato informa i Carabinieri del Ros, che però incredibilmente non
arrestano il boss e soprattutto non mettono sotto osservazione il suo covo
che per sei anni Bernardo Provenzano continuerà a frequentare indisturbato.
La storia di Luigi Ilardo ci ha consentito di vedere in diretta questo
Patto, di farci quelle domande che ci si è sempre fatti, come mai Cosa
Nostra, una banda di criminali, sia riuscita a durare così tanto, sia
riuscita a imporre il proprio dominio non soltanto in Sicilia, ma nel nord
Italia, ha investito, si è esportata in mezzo
Bernardo Provenzano e la pax mafiosa (espandi
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comprimi)
La storia di Luigi Ilardo incrocia tanti misteri, tanti segreti che ormai
forse non sono più né misteri né segreti, la verità è lì, basterebbe poco
per poterla raccontare, per poterla vedere. Luigi Ilardo per primo fa il
nome di Marcello Dell’Utri, lo definisce un insospettabile esponente
dell’entourage di Silvio Berlusconi. Lo
fa nel gennaio del 1994, racconta in diretta il patto politico – elettorale
che il Gotha di Cosa Nostra avrebbe fatto con la nascente Forza Italia, fa i
nomi e non è solo quello di Marcello Dell’Utri, noi li possiamo fare, ciò
non significa che siano colpevoli queste persone di cui adesso racconterò,
ma l’infiltrato Luigi Ilardo li fa, sono i nomi di Salvatore Ligresti, di
Raul Gardini, fa in maniera particolare dell’entourage di Raul Gardini i
nomi di famosi imprenditori a lui legati che poi saranno definitivamente
processati e condannati per concorso esterno in associazione mafiosa, fa il
nome di politici, a parte Dell’Utri, come quello del papà dell’attuale
Ministro della difesa La Russa e di suo fratello Vincenzo e lega questo
contatto che la famiglia La Russa avrebbe avuto con Cosa Nostra, insieme con
la famiglia Ligresti. Tutto questo ci porta a vedere in maniera chiarissima
quello che per Ilardo era normale, un patto tra Stato e mafia, quel patto
che noi oggi vediamo chiaramente nei processi, la mancata cattura di
Bernardo Provenzano, come la racconta Ilardo è finita in una processo che
oggi abbiamo su tutte le prime pagine nei giornali, il processo al generale
Mori, proprio perché quest’ultimo era l’ufficiale di più alto rango,
responsabile di quell’operazione che avrebbe dovuto consentire l’arresto di
Provenzano 11 anni prima di quando effettivamente è accaduto.
Il racconto di Massimo Ciancimino ci permette ancora di più di scendere nei
particolari e i personaggi sono sempre gli stessi, in questo caso il
generale Mori che nel 1992 incontra Vito Ciancimino, i contorni di questi
incontri sono ancora sfuggenti per molti, sono chiarissimi per le sentenze,
quella è stata una trattativa, l’obiettivo era di catturare alcuni capi
latitanti e lasciarne altri fuori, come Bernardo Provenzano per esempio,
quella mafia invisibile, affaristica che ripone nel fodero l’arma delle
stragi, per portare avanti una vera e propria pax mafiosa, quindi la mancata
cattura di Provenzano che raccontiamo attraverso questo racconto inedito
dell’infiltrato Luigi Ilardo, non è altro che un tassello del patto tra
Stato e mafia, noi ti lasciamo libero, tu non fai più le stragi, noi ti
consentiamo di fare affari, anzi li facciamo insieme!
Omicidi di Stato e di mafia (espandi
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Quella che abbiamo raccontato non è soltanto una storia di patti, di
accordi, è anche una storia scritta con il sangue, il sangue di molti
poliziotti uccisi, Ilardo racconta che un ruolo importantissimo hanno avuto
i servizi segreti italiani in molti omicidi politici e non avvenuti in
Sicilia, lui racconta che alcuni
poliziotti sono stati traditi e uccisi da un misterioso agente dei servizi,
Ilardo lo chiama “faccia da mostro” noi ci siamo chiesti: quante facce da
mostro hanno girato indisturbate in Sicilia, commettendo delitti che come
dice Ilardo non erano nell’interesse di Cosa Nostra? Di questi delitti
adesso noi possiamo individuarli, sono il delitto di Piersanti Mattarella,
il Presidente della Regione Sicilia ucciso nel 1980, il delitto di Pio La
Torre, il capo dell’opposizione comunista alla Regione Sicilia, ci sono
delitti di poliziotti che Ilardo individua come delitti non di mafia, ma di
Stato, c’è una frase agghiacciante che Luigi Ilardo avrebbe detto nell’unico
incontro avuto con il Generale Mori e la frase è questa: "Molti attentati
addebitati a Cosa Nostra non sono stati commessi da noi, ma dallo Stato e
voi lo sapete benissimo!".
Il palazzo scomparso (espandi
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E’ anche una storia di sangue quella dei magistrati, seguendo Luigi Ilardo,
ci siamo imbattuti nell’ennesima storia incredibile, cioè quella di un
palazzo che scompare, il palazzo è quello di via D’Amelio, in questo palazzo
appena ultimato il 20 luglio 1992, a 24 ore dalla strage che ha ucciso Paolo
Borsellino e i suoi ragazzi di scorta, due poliziotti e la Criminalpol
salgono e si imbattono nei due costruttori, gli chiedono se hanno visto
qualcosa, poi chiedono alla centrale via telefono se hanno precedenti
penali, quei due costruttori sono due costruttori mafiosi, a quel punto sta
per scattare l’arresto o quantomeno un interrogatorio in questura.Uno
dei due poliziotti sale sulla terrazza e vede che il teatro della strage è
lì, a due passi, c’è una visuale perfetta, nota anche delle cicche a terra,
un mucchio di cicche a terra, il tempo di prepararsi a portare questi due
costruttori in centrale per un interrogatorio, arriva un’altra volante,
l’interrogatorio non si fa, i due poliziotti stilano un verbale e per 17
anni credono che quella pista sia stata abbattuta, invece no, oggi noi
abbiamo riportato nel nostro libro la testimonianza, quel verbale di quei
due poliziotti su quel palazzo gestito da costruttori mafiosi è sparito
dalla Questura di Palermo. La Procura di Caltanissetta che indaga non l’ha
trovato, c’è di più, i nomi di quei due costruttori finiranno da lì a poche
settimane nei verbali di due importanti pentiti che accusavano Bruno
Contrada n° 3 del Sisde e ex capo della Questura di Palermo, diranno questi
pentiti: questi due costruttori hanno fornito a Bruno Contrada un
appartamento, la loro versione ha retto in Cassazione, le indagini hanno
appurato che questi due costruttori erano confidenti di Bruno Contrada e per
conto di Cosa Nostra gli fornivano un appartamento. Quel palazzo di Cosa
Nostra che dà su Via D’Amelio non è mai stato attenzionato dalle indagini,
anzi a 48 ore dalla strage, in quel palazzo ritorna una squadra di
Carabinieri, scrive un rapporto e dicono che è tutto a posto, strano, perché
quel palazzo con quei costruttori era il primo luogo che si sarebbe dovuto
indagare, ancora oggi, com’è noto, noi non sappiamo dove gli attentatori
della strage di Via D’Amelio si sono piazzati, nessun pentito ce lo
racconta, probabilmente perché davvero non è solo un segreto di mafia ma è
anche un segreto di Stato.
Luigi Ilardo viene tradito, viene ucciso, i suoi racconti rimangono
blindati, il colonnello Michele Riccio che li raccoglie subisce un arresto,
una serie di disavventure, ma finalmente la verità di Ilardo, della mancata
cattura di Bernardo Provenzano arriva in un’aula di giustizia e è quell’aula
di giustizia dove oggi stanno venendo fuori tanti particolari su una
trattativa tra Stato e mafia!"
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