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30/11/2009 Stragi del 1993 e possibile competenza della Corte penale internazionale (Massimiliano Trematerra*, http://www.osservatoriosullalegalita.org)

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La Corte Penale internazionale che ha sede ha l’Aja ha competenza per la decisione su reati di massima gravità ovunque e da chiunque siano stati commessi.

Lo Statuto di Roma della Corte Penale internazionale del 17 luglio 1998 stabilisce quali sono le fattispecie incriminabili dal procuratore internazionale. Tra esse identifica l’“attacco diretto contro popolazioni civili” come la condotta che implichi “la reiterata commissione di taluno degli atti preveduti al paragrafo 1 (ad es. omicidio n.d.r.) contro popolazioni civili, in attuazione o in esecuzione del disegno politico di uno Stato o di una organizzazione, diretto a realizzare l’attacco” (art. 7 dello Statuto).

L’organizzazione mafiosa siciliana facente capo ai 'corleonesi' ha, ormai, ammesso mediante le dichiarazioni di svariati collaboratori di giustizia, che le stragi avvenute in Italia nel 1993, tra cui Firenze – via dei Georgofili e Milano – Via Palestro, le due stragi romane e l’attentato del 1994 all’Olimpico, fossero parte di un medesimo disegno criminoso attuato da quel gruppo su iniziativa e mandato di Autore 1 ed Autore 2 (questo il nome in codice trapelato sinora dalle Procure inquirenti).

Si vuole, insomma, prospettare la eventuale riconducibilità delle condotte criminose poste in essere in quel lontano 1993 nell’ambito della fattispecie di attacco diretto contro popolazioni civili. In tale caso, risulterebbe immediatamente radicata la competenza della Corte penale internazionale.

Il funzionamento della Corte è autonomo e complementare a quello delle giurisdizioni penali nazionali. La giurisdizione penale italiana vi sta indagando attraverso quattro Procure, Firenze, Caltanissetta, Palermo e Milano, a seguito delle predette rivelazioni di ex appartenenti a Cosa Nostra. Eventuali incriminazioni per gli Autori di queste stragi potrebbero, dunque, essere avviate anche d’ufficio dalla Corte Penale internazionale, senza che alcun potere possano esercitare i Governi nazionali.

I singoli Stati, infatti, potrebbero persino abrogare le fattispecie criminose previste dall’ordinamento interno, senza che questo infici la sussistenza della potestà giurisdizionale della Corte: l’art. 17 dello Statuto detta condizioni di procedibilità dell’azione e se, da una parte, stabilisce che l’azione della Corte è improcedibile se già sono “in corso di svolgimento indagini o provvedimenti penali condotti da uno Stato che ha su di esso giurisdizione”, dall’altro stabilisce, altresì, che è fatta salva l’ipotesi che “lo Stato non intenda iniziare le indagini o non abbia la capacità di svolgerle correttamente e di intentare un procedimento”.

Dunque, eventuali azioni che il Potere dovesse svolgere per ostacolare l’esercizio dell’azione penale sul territorio nazionale non intaccherebbero la procedibilità dell’azione penale internazionale.

NOTA: la Corte penale internazionale non va confusa con la Corte Penale dell'ONU, sebbene entrambi si occupino di crimini contro l'umanita'. La prima e' infatti una espressione indipendente della volonta' di circa 200 fra Stati e organizzazioni non governative per i diritti, la seconda e' un organismo dell'ONU.

* giurista, componente del Comitato tecnico-giuridico dell'Osservatorio

http://www.osservatoriosullalegalita.org
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