Ecoboss. Non potevano trovare un nome migliore, Raffaello Falcone e
Maria Cristina Ribera, PM presso la procura di Napoli, per
la recente operazione in tema di ecomafie. L'operazione,
avvenuta con il supporto dei carabinieri del Noe e del
Reparto territoriale di Aversa, ha portato oggi
all'arresto di un presunto boss del clan dei Casalesi,
Giorgio Marano, di 48 anni, nonché al sequestro di tre
aziende attive nel settore rifiuti e di alcuni terreni a
destinazione agricola dove per anni è stato sversato
illegalmente materiale proveniente soprattutto dal nord
Italia. Sono state raccolte le prove di una camorra che
non si limita più a infiltrarsi nel settore dello
smaltimento ma si trasforma in protagonista dell'attività
illecita gestendo in prima persona aziende e discariche
abusive. Con buona pace per chi da anni insiste sul fatto
che la camorra si sia defilata dal settore dei rifiuti e
che "faccia altro", o che si limiti ad attività estorsive,
ma anche con buona pace per tutti quei settori, dalla
stampa alla politica, agli stessi comitati di cittadini,
che insistono sul fatto che gli sversamenti illeciti in
Campania siano un qualcosa che appartiene al passato.
L'organizzazione, per non sostenere il costo del regolare
smaltimento ha simulato nel tempo attività di compostaggio
in realtà mai effettuate, smaltendo invece abusivamente,
su terreni agricoli rifiuti costituiti, tra l'altro, da
fanghi di depurazione, per un quantitativo di oltre 8.000
tonnellate di rifiuti ed un guadagno di circa 400mila
euro.
Gran parte del materiale sequestrato, come hanno
sottolineato gli inquirenti, proviene da aziende della
Lombardia. Sono stati sequestrati anche tre vasti
appezzamenti di terreno agricolo nella provincia di
Caserta, e locali in uso a una società di trasporti con
tutti gli automezzi utilizzati. I reati ipotizzati sono di
concorso in traffico illecito di rifiuti e truffa
aggravata ai danni del Commissario di Governo per
l'Emergenza Rifiuti , della Regione Campania e degli Enti
locali interessati alla raccolta e allo smaltimento di
rifiuti. I magistrati hanno sequestrato, oltre a tre
aziende per un valore di circa cinque milioni di euro,
anche alcuni terreni a Frignano e a Villa Literno dove
venivano sversati i rifiuti. Per sei indagati il gip non
ha accolto le richieste di misure cautelari.
L'indagine è stata possibile grazie agli spunti forniti da
un collaboratore di giustizia particolarmente
"eccellente". Si tratta di Domenico Bidognetti, cugino del
boss Francesco Bidognetti, uno dei capi storici del clan
dei Casalesi. Secondo quanto ricordato dal pentito,
durante un interrogatorio avvenuto il 10 ottobre scorso,
tra la fine degli anni ´80 e l´inizio del decennio
successivo, il clan dei Casalesi aveva imposto "il
controllo totale del flusso dei rifiuti, non scappava
niente. Tutti i rifiuti che venivano dal Nord con
terminale la provincia di Caserta era controllato in
maniera assoluta dal clan". Si trattava, come raccontato
più volte anche qui su Altrenotizie, di un vero e
proprio accordo economico con i gestori delle discariche.
Le cose cambiano quando i Casalesi hanno l´idea "di non
far arrivare i rifiuti nelle discariche previste ma di
smaltirli direttamente in maniera abusiva". Strategia
fattasi avanti proprio durante le prime fasi
dell'emergenza rifiuti in Campania, cioè "in occasione di
una chiusura temporanea delle discariche o di un loro
sovraffollamento".
Questa nuova strategia ha consentito alla criminalità
campana "non solo di ricevere le 5-7 lire al chilo per la
gestione effettuata da una società controllata" dai
Casalesi, ma anche "di lucrare direttamente del guadagno
dello smaltimento, che era di circa 75-80 lire al chilo".
Il tutto, aggiunge il pentito, "con le carte a posto". I
fatti accertati si riferiscono a un periodo che va dai
primi anni del 2000 al 2006 e non, come spesso si cerca di
far credere all'opinione pubblica, nei primi anni '90.
L'affare quindi continua. Non appartiene affatto al
passato e coinvolge ancora oggi la camorra, che di certo
da sola non basta. L'affare ha cifre grandi, troppo grandi
per essere abbandonate: oltre 600 milioni di euro all'anno
il giro d'affari, circa 10 milioni di tonnellate di
rifiuti di ogni tipo sversati illegalmente negli ultimi
tre anni.
Pertanto, ancora una volta, sgominata un'organizzazione
non si può pensare che di conseguenza la camorra "fa altre
cose", ma c'è da alzare l'attenzione, e cercare di capire
chi ha immediatamente preso il posto di chi è stato
fermato. Non a caso, da quando è entrato in vigore il
reato di "organizzazione di traffico illecito di rifiuti",
quasi il 35% dei traffici di rifiuti illeciti accertati in
Italia si è concentrato in Campania.
Ovvio che non si tratta solo di camorra. La camorra
gestisce e lucra sui rifiuti, ma di certo non li produce.
La camorra si limita a presentare "offerte" di smaltimento
convenienti a chi i rifiuti speciali li produce davvero:
il mondo dell'imprenditoria industriale italiana, che è
sempre stata ben lieta di disfarsi dei propri rifiuti
tossici in modo straordinariamente economico, e che
continua a non pagare i costi ambientali e sanitari delle
proprie produzioni.
Ma quanto sta avvenendo e continuerà ad avvenire non è
neanche il solo frutto di complicità tra camorra e
industria: lo smaltimento illecito dei rifiuti in Campania
"è dovuto anche alla complicità di chi è preposto al
controllo, ma anche al comportamento compiacente o anche
gravemente omissivo o semplicemente leggero di altri,
anche nell'ambito delle istituzioni", a scriverlo è il gip
nel provvedimento cautelare appena eseguito.
"Va rimarcata, in primo luogo", si legge infatti nel
provvedimento, "sia la carenza di verifiche che la grande
difficoltà nel ricostruire i flussi dei rifiuti da parte
delle autorità preposte al controllo, ed in tale contesto
non può sottacersi che proprio appartenenti alla pubblica
amministrazione in alcune circostanze sono i primi
conniventi di queste organizzazioni criminali in quanto ne
facilitano l'acquisizione di provvedimenti autorizzativi
per impianti fatiscenti e tecnicamente carenti".
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