Cadeva il muro di Berlino e i
mafiosi prepaaravano gli affari ad est dell'ormai caduta cortina di
ferro. Dai tabacchi degli anni '60, alla droga degli anni '70, fino ai
rifiuti e le armi. La criminale lungimiranza delle organizzazioni
malavitose / di VIVIANA VALENTINI «9 Novembre 1989, cadeva il muro di
Berlino, e tra le intercettazioni telefoniche di quel giorno si ascoltò
un mafioso che dava ordini di correre a Berlino Est per comprare tutto
quello che si poteva». Il blocco sovietico non era ancora crollato e già la
mafia si organizzava per espandersi su nuovi fronti internazionali. Don
Tonio dell’Olio, Responsabile di Libera Internazionale, ricorda questo
aneddoto del Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso mentre coordina
il gruppo di lavoro “I traffici illeciti trasnazionali”. Aneddoto che un pò
simboleggia la lungimiranza delle organizzazioni criminali nel fiutare
occasioni al di fuori del nostro Paese.
Negli ultimi 20 anni il panorama geopolitico e gli interessi
economici mondiali sono cambiati. La caduta del muro, le guerre e le
situazioni di crisi hanno aperto nuovi mercati, nuove opportunità di
infiltrazione e di commerci illegali. L’elenco è lungo e sconfortante. Armi,
rifiuti, specie protette, beni artistici, beni contraffatti, droga e
sostanze dopanti, materiali radioattivi, documenti e visti, valuta, uomini e
organi. «Non tutte queste attività illecite sono “mafia” - spiega Vincenzo
Macrì, Magistrato della Dna (Direzione Nazionale Antimafia), - alcune sono
portate avanti da organizzazioni terroristiche o da altri gruppi
organizzati. Ma della mafia usano spesso i capitali, i rapporti, gli uomini,
e le competenze in materia di corruzione e di attività violente». Dal
contrabbando dei tabacchi degli anni ’60 all’ingresso del traffico di droga
degli anni ’70, le mafie hanno differenziato sempre più i propri affari
oltre confine, e creato nuove sinergie ed alleanze in tutto il mondo. Tanto
da raggiungere oramai una capacità organizzativa pari, o superiore, a quella
di joint ventures e multinazionali “legali”, e di conquistare importanti
fette del commercio internazionale.
La mafia fa rete, e la giustizia invece? A livello internazionale la
legislazione è troppo frammentata, e sarebbe necessaria la sua
armonizzazione, perlomeno nei principi generali. Per evitare che quello che
non si può fare da una parte venga solo trasferito dall’altra, dove i
controlli sono più deboli o non ci sono del tutto.
A livello di Unione Europea, sotto la spinta della lotta al
terrorismo dopo gli attentati di Madrid, c’è stata un’accelerazione nello
sviluppo di strutture e di strumenti di supporto all’attività giudiziaria
continentale, come ad esempio il mandato di cattura europeo. Ma il
recepimento nei singoli stati è ancora molto lento, per non parlare poi
dell’applicazione delle norme sul territorio. «E’ tragico pensare a tutti
questi ostacoli dell’attività investigativa e giudiziaria, mentre la mafia
non ha bisogno di nessun timbro per svolgere la sua attività» commenta don
Tonio dell’Olio. Provocatoria, ma non troppo, l’esigenza manifestata da
Vincenzo Macrì e da altri presenti di rivedere il meccanismo di
“proibizionismo” che alimenta i traffici illegali di droga e di altre merci.
Fondamentale poi il ruolo della società civile. L’Italia mostra una grande
forza da questo punto di vista. La capacità delle organizzazioni di parlare,
di fare rete, di informare i cittadini e di fare pressione sui Governi.
Queste sono le armi più forti che abbiamo, che dobbiamo portare anche in
altri paesi, per far crescere il movimento internazionale contro le mafie e
la cultura della legalità.
19/11/2006 Archivio Contromafie
Archivio Mafia
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