«Da Libera Terra nasce un'economia
pulita», le parole del presidente del Conapi Cavazzoni agli Stati
generali dell'Antimafia. Una normativa antimafia organica e non
emergenziale, un'agenzia nazionale per la gestione dei beni, una
procedura veloce e trasparente per la loro assegnazione e fondi che ne
favoriscano la messa in produzione. Le proposte del gruppo di lavoro "Le
mafie restituiscono il maltolto"/ELENA CICCARELLO (Narcomafie.it)
«Non basta intervenire perché diventi
più agevole e proficuo l’utilizzo a fini sociali dei beni confiscati. A
partire dall’esperienza di Libera Terra si può sviluppare e fare crescere
una nuova economia, pulita e alternativa». Questa la linea che Lucio
Cavazzoni, presidente del Conapi e tutor del gruppo di lavoro sui beni
confiscati alla mafia, ha proposto alla platea degli intervenuti a questa
seconda giornata degli Stati generali dell’antimafia organizzati a Roma
dall’associazione Libera. L’idea di un’economia trasparente, che parta
dall’esempio delle cooperative che oggi lavorano e rendono produttivi i
patrimoni che erano dei boss, è stata condivisa e sostenuta dai
partecipanti, ma nel corso della giornata l’attenzione è stata poi catturata
dalle testimonianze dei tanti e troppi problemi che ancora riguardano la
gestione dei beni confiscati.
«Presto non avremo più nulla da sequestrare perché gli interessati, i
mafiosi, hanno imparato a proteggere i loro beni», ha denunciato il giudice
del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Antonella Vertaldi. I
rappresentanti delle cooperative che gestiscono alcune terre confiscate alla
mafia, come la “Placido Rizzotto”, “Lavoro e non solo”, “NoE”, “Casa dei
Giovani”e “Valle del Marro”, hanno sottolineato l’assoluta necessità di
fondi da investire al momento dell’assegnazione del bene e durante tutti i
passaggi necessari a farne un’attività economica realmente capace di
esistere sul mercato. Nel migliore dei casi si tratta di campi abbandonati o
di edifici vandalizzati, che richiedono numerosi interventi prima diventare
realmente produttivi. «L’accompagnamento di un ente locale nella gestione
del bene è indispensabile. Nessuno può sostenere la spesa di renderlo
fruibile - ha ribadito la dirigente dell’ufficio beni confiscati del comune
di Bagheria (Pa) - ma non esiste una normativa che disciplini o preveda
chiaramente questo intervento da parte dei comuni».
Durante la giornata di lavoro è comunque emerso il forte valore
simbolico e di promozione della legalità che l’assegnazione dei beni
confiscati esercita sul territorio. Queste esperienze hanno dimostrato di
contaminare positivamente l’ambiente in cui si situano, un valore che
meriterebbe più attenzione: «le cooperative sociali che lavorano sui beni
confiscati sono strumenti di contrasto alla mafia, non dimentichiamolo»,
così uno degli ultimi interventi, quello di Giacomo Messina, dipendente
della Calcestruzzi Ericina.
19/11/2006 Archivio Contromafie
Archivio Mafia
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