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21/10/2006 Berlusconi agita la piazza: Siamo in emergenza democratica (http://www.canisciolti.info)

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    L'Italia e' in una condizione di emergenza democratica, il governo deve andare a casa. Cosi' il leader di FI, Berlusconi. 'Cinque istituzioni dello Stato sono state occupate dal centrosinistra', ha affermato l'ex premier in un comizio a Termoli. Poi ha preso di mira il ddl Gentiloni: 'Hanno presentato un ddl che chiuderebbe le tv Mediaset, non e' una democrazia se una delle parti in campo abbia il timore o debba avere la paura che l'altra vinca e si schieri contro di lei'.

     

    Non sarà la manifestazione oceanica promessa e annunciata da mesi contro la Finanziaria, ma a Vicenza il centrodestra farà le prove generali sulla discussa 'strategia della piazza', che ha animato per settimane il dibattito fra leader. Ci saranno Silvio Berlusconi, Umberto Bossi e Gianfranco Fini, mancherà Pier Ferdinando Casini. Rispecchiando, la tabella dei presenti e degli assenti, la strategia (le strategie) della Cdl di fronte alla manovra. L'avvio di un offensiva contro l'esecutivo trova espressione nel diluvio di comunicati che invitano il presidente del Consiglio a dimettersi. Il Cavaliere, dal canto suo, aveva chiesto solo ieri lo scalpo del premier, e oggi in Molise ha ribadito: "Mandate a tutta l'Italia questo messaggio: questo governo non funziona e deve andare a casa". Il ricorso alla piazza, tuona l'ex premier, "è un diritto costituzionale". Nella Cdl, però, alcuni preferiscono evitare la parola 'spallata'. E riaffiora intanto il tema della ledership, con un botta e risposta Fini-Berlusconi soffocato da una nota del leader di An che ribadisce: il nostro obiettivo è mandare a casa il Professore.

    Vicenza, teatro alcuni mesi fa del duello Berlusconi-Della Valle, è il palcoscenico ideale per saggiare gli umori del Nord-est verso il governo. "Domani sarò in piazza, puntuale, come si conviene a un buo milanese", assicura l'ex premier, contro un governo "bocciato" dalle agenzie di rating. Di un premier "imbarazzato per il declassamento dell'Italia parla Fini, assicurando la sua presenza a Vicenza (così come la Lega), contro un esecutivo per il quale è iniziato "il conto alla rovescia". Diversa la scelta dell'Udc. Non ci sarà il segretario Cesa, e non a causa di una bronchite, come aveva assicurato in un'intervista a 'Libero' il Cavaliere. "Non ci sarò, e non per un banale raffreddore come ha detto qualcuno, ma perché il nostro partito - spiega in una nota - sta costruendo un'alternativa al governo Prodi attraverso un percorso diverso.

    Questo vale per domani e varrà per tutte le altre manifestazioni non concordate preventivamente con noi". Per i centristi marcheranno presenza alcuni deputati veneti, Carlo Giovanardi compreso. Non piace lo 'smarcamento' dell'Udc alla Lega, che con Maroni sottolinea come "il fatto che l'Udc non sarà a Vicenza è l'ulteriore conferma che la Cdl come l'abbiamo conosciuta non ci sarà piu". In molti, nel centrodestra, battono su un punto: Prodi vada via. Lo ha chiesto ieri Berlusconi, lo ha ribadito oggi Altero Matteoli (An) facendone una questione di "dignità" e Roberto Calderoli (Lega) spiegando che "il dopo Prodi è già iniziato". E di esecutivo "dall'encefalogramma piatto" ha parlato Giulio Tremonti (Fi). A non tutti, però, convince la formula della 'spallata'. "Non si tratta di parlare di spallata - sottolinea - parlerei invece di pressione continua", precisa Ignazio La Russa.

    "La spallata va data nelle Aule parlamentari - distingue Roberto Maroni - va detto però che senza la piazza la spallata non si dà, con la piazza è più facile". Ma la giornata della Cdl è stata agitata anche dal tema della leadership. A Repubblica Tv Fini premette che "non ha senso dividersi" su chi guiderà la Cdl se dovesse cadere Prodi: "Ci metteremmo subito intorno a un tavolo per decidere". Poi però avverte: "Nulla è scontato, e questo la sa per primo Berlusconi". Il quale, interpellato a sua volta sulle parole dell'alleato, è perentorio: quello sul leader "è un problema che non esiste". Poi è il presidente di An ha tentare di archiviare la questione. "E' ridicolo - spiega in una nota - ipotizzare divisioni quando non ci sono. E' evidente che non c'è alcuna divaricazione tra noi, perché entrambi lavoriamo convintamene perché l'Italia si liberi il prima possibile di Prodi".

    E quando cadrà l'esecutivo, è l'auspicio del leader della destra, "democrazia vuole che si torni al voto". Tema, quello della ledership, sul quale l'Udc ha più volte espresso i suoi convincimenti, contestando platealmente la guida di Berlusconi. Analisi distante dal giudizio del Carroccio, messo nero su bianco da Maroni. Il capogruppo alla Camera prima bolla le parole di Fini come "vagamente iettatorie", poi aggiunge: "In ogni democrazia il leader è quello del partito più grande della coalizione. Mi rifiuto di pensare che non ci sia in Forza Italia qualcuno in grado di fare il premier. C'è, ad esempio, Tremonti, o altri. E quindi il premier deve essere espressione di FI, ma solo quando Berlusconi lo deciderà

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