L'ultimo, in ordine di tempo, è un operaio di 43 anni di Carrara,
dipendente della Commerciale Graniti. E' morto all'alba di
un giorno qualunque, tagliato in due da una lastra di
marmo. Una fune lo ha tradito mentre effettuava una
manovra di carico all'interno del container diretto a
Livorno che avrebbe dovuto trasportare le lastre di marmo.
Lascia una compagna incinta di sei mesi.
E siamo a quota 470. Non in un anno, in cinque mesi. E'un
bollettino di guerra, ormai, quello delle morti bianche,
gli incidenti mortali sui luoghi di lavoro. E non accenna
a diminuire. Solo a maggio i decessi sono stati 126, con
un aumento del 4,13% rispetto al maggio 2005: in pratica,
domeniche incluse, ogni giorno quattro lavoratori sono
morti sul luogo di lavoro. Una strage silente. Talvolta,
però, non si muore, ma si rimane invalidi. E anche qui il
dato è in aumento: sempre nello stesso periodo di tempo,
ossia i primi cinque mesi del 2006, gli incidenti sul
lavoro sono in aumento: da 375.215 nei primi cinque mesi
del 2005, sono arrivati a 376.495 alla stessa data del
2006 (quasi 3.000 al giorno solo a maggio).
Cifre che non possono lasciare indifferenti sia il mondo
sindacale che politico, ma che al momento hanno trovato
sponda solo nelle parole del ministro del Lavoro, Cesare
Damiano, che ha promesso "azioni immediate" da parte del
Governo, con l'obiettivo di arrivare ad una svolta
radicale nella concezione stessa della sicurezza sul
lavoro. Aspetteremo. Si parla anche dell'inserimento,
all'interno della prossima finanziaria, di stanziamenti a
favore delle imprese per la prevenzione e il controllo
della sicurezza nei posti di lavoro. Piove sul bagnato, si
direbbe. Ma aspetteremo anche in questo caso. Nella
consapevolezza, però, che ogni volta che si parla di morti
bianche, le reazioni sono sempre all'insegna dello sdegno
e della ferma determinazione a cambiare registro. Poi,
quando si tratta di rendere operative misure esistenti o
nuove e fino a quel momento solo pensate - come ad esempio
la chiusura dei cantieri a rischio o l'applicazione di
pesantissime multe alle aziende che non rispettano le
minime norme di sicurezza - ecco che cala il sipario
sull'onda dell'adagio di sempre: la sicurezza costa, i
lavoratori pure. E i soldi non sono mai sufficienti per
entrambi, soprattutto quando gli appalti sono assegnati al
massimo ribasso.
La misura degli incentivi finanziari alle aziende che
garantiscano certi standard di sicurezza non può, dunque,
essere sporadica. Dovrebbe trasformarsi in strutturale,
casomai attraverso sgravi fiscali per chi, alla fine
dell'anno (e previa ispezione ministeriale) dimostri di
aver davvero seguito le regole vantando, nel contempo, un
netto calo dell'incidenza degli infortuni all'intero delle
proprie strutture. Ma anche questo, forse, non sarebbe
sufficiente: qualsiasi norma prevede il raggiro. Se ancora
non si è riusciti a sradicare il lavoro nero, specie nei
cantieri del sud, la sicurezza sul lavoro appare una
chimera lontana. A meno di un cambio di mentalità
sostanziale, che metta nuovamente il lavoratore al centro
del meccanismo della produzione e non viceversa. Il
governo si sta timidamente muovendo su questa strada,
sulla pressione non solo della società ma anche di qualche
potere forte, prima di tutto la Chiesa, per una volta
almeno schierata dalla parte giusta.
I dati resi noti dall'Inail hanno anche convinto il
presidente della Commissione Lavoro del Senato, Tiziano
Treu, a riaprire l'indagine parlamentare sulla sicurezza
sul lavoro, con l'obiettivo di arrivare al più presto ad
un testo unico per semplificare le norme e facilitare gli
adempimenti necessari. A questa iniziativa ha dato il
proprio assenso anche l'opposizione. Che, tuttavia, ha
messo il dito nella piaga, ricordando che l'indulto è
stato esteso anche ai reati connessi alla sicurezza sul
lavoro. E non c'è stato dibattito parlamentare su questo.
La sinistra radicale da siparietto televisivo ha
focalizzato la propria battaglia di bandiera contro
l'unico reato inapplicabile dell'elenco, quello sul voto
di scambio che non contava all'appello nessun detenuto
nelle patrie galere. Non un fiato si è alzato contro chi
ha permesso la morte di un lavoratore per inadempienza
alle norme di sicurezza. Per la cronaca, sono stati
cancellati anche una serie di rimborsi destinati alle
famiglie delle vittime e derivanti dalle multe stabilite
dai tribunali di primo e secondo grado come pene
risarcitorie oltre alle previste quote assicurative. Se i
familiari vorranno avere giustizia, insomma, dovranno
ricorrere in sede civile. Altro che colletti bianchi: di
questo colpo di spugna, su questo preciso argomento e non
su altri, una certa sinistra non può certo andare fiera.
E' anche attraverso questi gesti che si legittima gli
imprenditori più scaltri a proseguire nella loro opera di
disimpegno e di illegalità.
D'altra parte, la situazione degli incidenti sul lavoro è
anche il frutto di un atteggiamento di condiscendenza
verso logiche sbagliate, intrise di eccessiva
competitività e di sostanziale impunità per chi si macchia
di colpevoli negligenze sul fronte della tutela dei
lavoratori. Ancora i dati Inail riportano una statistica
di 1.200 morti all'anno, più di 250 solo nel settore
dell'edilizia. E il 12% delle vittime del lavoro nel
settore edile risulta assunta nel giorno del decesso: un
elemento che, da solo, da il senso della diffusione
dell'irregolarità.
Le ricette per cambiare, si diceva, sono molteplici. A
partire da una cultura della legalità e della trasparenza
che, certo, cinque anni di governo di centrodestra non
hanno aiutato a sedimentarsi. Perchè le battaglie non si
vincono dall'oggi al domani con gli slogan, ma con il
lavoro quotidiano. A partire dai controlli. E' questo il
punto che i sindacati lamentano da tempo come "tallone
d'Achille" nella filiera che mette in rapporto il
lavoratore all'azienda e l'azienda allo Stato. Desolante
la risposta data dallo stesso ministro Damiamo ad alcuni
sindacalisti della Fiom-Cgil che lo hanno sollecitato
sull'argomento. Nel budget del Ministero, non solo non ci
sono i soldi le indennità di ispezione, ma anche i buoni
per la benzina latitano. Impensabile, in queste
condizioni, la costruzione dell'auspicata rete di
controlli. Tuttavia Damiano ha assicurato che i soldi in
qualche modo li troverà. E, intanto, ha messo in piedi una
serie di misure d'emergenza che hanno fatto aumentare, nei
primi cento giorni di questo governo, l'attività esterna
degli ispettori del 30% rispetto a prima. Non è ancora
abbastanza, pur potendolo considerare un inizio. Di questo
passo, il pallottoliere delle vittime sul lavoro
continuerà a girare ancora per parecchio tempo a pieno
regime. E se non sarà una lastra di marmo, sarà comunque
qualcosa. La morte, sul posto di lavoro, ha grande
fantasia.
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