Nell’ultimo
rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms)
si legge che in Zimbabwe l’epidemia di colera è ormai
fuori controllo: 2755 vittime e 48623 casi di contagio;
l’ultimo bilancio dell’Onu, datato 16 gennaio, parlava di
2225 morti e di 42675 casi diagnosticati. Propagatasi alla
fine di agosto, la malattia cresce quindi ad un ritmo del
20% alla settimana, un crescita esponenziale che Medici
Senza Frontiere ricollega all’inadeguatezza delle
strutture mediche a disposizione e allo spostamento del
focolaio dalle aree urbane a quelle rurali. Secondo gli
esperti della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, il
fatto più preoccupante è rappresentato dall’alto tasso di
mortalità, un indice che in sei mesi ha raggiunto il 5,7%.
Se si è giunti a questo punto è soprattutto dovuto alle
sconsiderate decisioni prese dalle autorità di Harare in
materia di prevenzione e vaccinazione e alla strutturale
debolezza economica del paese, una debolezza eredita
dall’ex Rodesia che è stata amplificata dalla decennale
follia di un regime che ha trascinato il paese al
collasso. A dicembre il governo aveva addirittura negato
l’esistenza del morbo, ma le cifre non possono più
nascondere un contagio che Tony Maryon, direttore della
Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e
Mezzaluna Rossa, definisce gravissima, un’epidemia che
durerà ancora molte settimane prima che la situazione
torni sotto controllo.
Il colera, la cui infezione è determinata da un batterio
intestinale molto contagioso, causa diarree violente e
conati di vomito che conducono alla disidratazione e alla
morte; l'epidemia è poi aggravata dalla scarsità di acqua
potabile, da fognature mal funzionanti e dalla totale
assenza di raccolta dei rifiuti: tutte condizioni che in
Zimbabwe vengono ampiamente riscontrate e alle quali il
governo non pone rimedio.
La crisi economica è profondissima e le strutture
sanitarie, che non coprono la totalità del territorio,
sono ormai al collasso. Per cercare di rimettere in sesto
il sistema, le Nazioni Unite si sono impegnate a fornire 5
milioni di dollari con i quali il paese potrà riaprire gli
ospedali chiusi per mancanza di medicine e attrezzature e
pagare lo stipendio a quei dottori e infermieri del
settore pubblico che si rifiutano di lavorare fin quando
non saranno stati pagati in valuta estera.
L'epidemia di colera è solo la punta dell'iceberg di un
sistema paese distrutto dalla corruzione e dal
clientelismo. A pagarne il prezzo più alto sono come al
solito i più deboli, quelli che vivono nelle bidonville e
nelle campagne: in Zimbabwe la mortalità nella gravidanza
e nel parto è passata dai 168/100000 casi del 1990 ai
1100/100000 del 2005, la mortalità infantile colpisce 81
nati su mille e la speranza di vita è una tra le più basse
al mondo: 39 anni la media; circa 40 per gli uomini, poco
più di 38 per le donne. Questo spaventoso dato è dovuto
alla diffusione dell'AIDS che negli ultimi tempi è
arrivato a colpire un terzo della popolazione ed ha
provocato più di un milione di orfani.
Intanto, ignorando le pessime condizioni
igienico-sanitarie in cui versa il paese, cosa che rende
sempre più presente il rischio di epidemie come la peste
del 1994, il governo elimina le vaccinazioni e taglia i
finanziamenti alla sanità: la grande periferia di Harare
soffre della mancanza di acqua e lo stato delle fognature
è pressoché disastroso, fattori questi che favoriscono
l'inquinamento idrico e la nascita di patologie epidemiche
come la malaria e il colera.
L’aspetto socio-economico è disarmante: il tasso di
disoccupazione sfiora l’80% mentre il 64,1% degli abitanti
vive nelle campagne; il reddito pro-capite annuo è di 340
dollari americani (USD); 12 milioni la popolazione
interna, più di 3 milioni gli emigrati; nel gennaio 1996
la spesa annua pro-capite per i prodotti alimentari era di
circa 200 USD, nel 2007 non ha superato i 9 USD. Ad
ottobre è stato registrato un tasso di inflazione del 231
milioni per cento, venti volte in più dell’11,2 milioni
per cento del luglio scorso.
Nascondendo i reali problemi del paese, gli organi di
stampa ufficiali giustificano il crollo dell’economia con
la scarsità dei raccolti degli ultimi anni e con la
crescita del prezzo del grano, cosa che da sola non spiega
l’inflazione multimilionaria e l’aumento del costo della
vita, soprattutto quando si parla di generi di prima
necessità.
Secondo l'Onu servirebbe più di un decennio per tornare ai
livelli di bilancio dei primi anni Novanta e, se le cose
continuano così, entro pochi mesi quasi sette milioni di
zimbabwesi avrà bisogno di aiuti alimentari. Il tracollo
della valuta è tale che il governo è stato costretto ad
introdurre nuove banconote, ma alla fine il risultato è
che al cambio il dollaro dello Zimbabwe (ZWD) vale molto
meno della carta straccia.
Per fare un esempio di quanta disperata sia l’esistenza
della maggior parte della popolazione (tenendo in
considerazione il reddito pro-capite e il cambio che
attualmente è di circa 37 milioni di ZWD per 1 USD) con un
inflazione al 100 mila per cento, nel marzo 2008 13
chilogrammi di patate costavano 90 milioni di ZWD (2,44
USD); a ottobre, la stessa quantità di patate costava 160
milioni di ZWD (4,30 USD) e una pagnotta di pane 60
milioni di ZWD (1,60 USD).
Oltre alle 2755 vittime causate da colera e alle centinaia
di migliaia di casi di Aids, una piaga che in Zimbabwe
uccide circa 400 persone al giorno, il paese è flagellato
da un’altra patologia infettiva: l’antrace. Dal novembre
scorso, nella provincia meridionale di Masvingo, si sono
registrati otto decessi e più di 200 casi. La malattia
endemica è causata dal batterio Bacillus antraci
che generalmente si manifesta sugli animali erbivori, ma
che in alcuni casi può colpire anche l’uomo.
Contenere l’inflazione significa quindi risolvere solo
alcuni dei problemi che devastano il paese; la paralisi
politica dura ormai da quasi un anno e Robert Mugabe,
presidente eletto per la sesta volta con un’elezione farsa
tenutasi nel giugno scorso, è troppo occupato a difendersi
dagli attacchi del leader dell'opposizione, Morgan
Tsvangirai, per pensare alle conseguenze delle epidemie.
Una volta tanto però la speranza è che le Forze Armate,
tradizionalmente dalla parte del regime, decidano di
voltare le spalle all'ottantaquattrenne leader della ex
Rodesia: la crisi sta colpendo l’esercito e Mugabe non ha
più neanche i soldi per sfamare i suoi soldati. Per lui il
colera potrebbe diventare l’ultimo dei problemi.
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