Sono
in 57mila, parlano il Kaallisut, vivono in un paese
(soggetto alla corona danese) di 2.166.086 chilometri
quadrati coperto dai ghiacci, con una densità abitativa
pari allo 0,03 per Kmq. Sono gli eschimesi (Inuit) che ora
- pur tenendo conto di svariate considerazioni politiche
ed economiche - cominciano una lunga marcia che li
dovrebbe portare alla conquista della loro terra,
spezzando i legami che li tengono uniti alla Danimarca. E
così organizzano un referendum e alzano il tiro cercando
di trovare i relativi meccanismi giuridici capaci di
rendere vantaggiosa la loro eventuale separazione dalla
cosiddetta madrepatria. Per ora si è all’inizio del
processo pur se gli eschimesi locali sanno che il futuro è
pieno di ostacoli. A cominciare dal fatto che manca una
classe dirigente locale. E sono del tutto assenti i quadri
tecnici che potrebbero garantire uno sviluppo autonomo.
I precedenti, comunque, esistono. Perché nel passato la
Danimarca decise (contro il volere della Groenlandia) di
portare la regione nella Comunità europea. Vi fu un
referendum - tutto danese - che nel 1972 forzò la
Groenlandia a entrare nella Cee in quanto parte della
Danimarca. Si arrivò poi allo statuto di autonomia che
entrò in vigore il 1° maggio 1979. Successivamente il 3
aprile 1981 il Landsting (parlamento) groenlandese decise
di indire un referendum a proposito della permanenza nella
Cee; le votazioni ebbero luogo il 23 febbraio dell’82 e la
maggioranza si pronunciò a favore dell’uscita dalla
Comunità. Il Landsting decise all’unanimità di richiedere
al governo danese di mobilitarsi per svincolare la
Groenlandia dalla Cee.
Il 19 maggio dello stesso anno, il governo danese presentò
un memorandum al Consiglio della Comunità, con la proposta
di alcune modifiche ai Trattati (Ceca, Cee ed Euratom)
chiedendo di ammettere la Groenlandia nell’elenco dei
paesi e Territori d’Oltremare che comparivano nel Trattato
Cee. Seguirono altre situazioni cariche di contrasti con
la Groenlandia che, comunque, rimase legata alla Cee.
Ed ecco che ora il paese - forte soprattutto delle sue
risorse energetiche e di varie materie prime - prepara il
distacco. Un’operazione che se andrà in porto vedrà, per
la prima volta nella storia, un paese europeo perdere una
parte immensa del suo territorio. Le trattative in merito
non mancano e già c’è in atto una sorta di vertice tra il
premier conservatore danese, Anders Fogh Rasmussen, e il
governatore-premier di Groenlandia, il socialdemocratico
Hans Enoksen. Si passerà poi al referendum sul distacco e
ad un voto parlamentare. Quindi l’avvio reale del processo
di secessione che sarà anche “pagato” dai danesi.
I quali si apprestano a veder tagliato il loro bilancio
con la perdita della fetta relativa alla Groenlandia. In
compenso il paese delle aurore boreali si troverà tutto
nelle mani degli eschimesi che entreranno a testa alta
nella comunità internazionale. E così questi Inuit, in
vista della nuova condizione nazionale e statale hanno già
dato vita a strutture capaci di difenderli.
Hanno costituito la Icc (Inuit Circumpular Conference),
un’organizzazione non governativa e plurinazionale, a
salvaguardia della propria cultura, che rappresenta già
150.000 abitanti dei territori di Canada, Groenlandia,
Alaska e Russia giunti un tempo dall’Asia quando lo
stretto di Bering era ancora occupato dai ghiacci.
Popolazioni che si insediarono andando ad occupare zone
dalle quali scacciarono gli ultimi superstiti di un antica
cultura locale. La storia riprende ora il suo cammino.
Nasce sicuramente una nuova entità nazionale.
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