Facciamo un breve gedanken esperiment: pensiamo a cosa
succederebbe se la polizia italiana, in un'irruzione alla ricerca di presunti
terroristi, uccidesse per sbaglio otto bambini a sangue freddo. È facile
immaginare l'ondata di indignazione che scuoterebbe l'intero paese. La scorsa
settimana, in un solo giorno l'esercito israeliano ha assassinato otto bambini
nella Striscia di Gaza. A sangue freddo, con attacchi aerei da sopra i palazzi
della città, in un'escalation che continua incessante da giorni.
Una delle vittime era un neonato di sei mesi ucciso nella propria culla. L'IDF
(ironico acronimo per Israeli Defense Force) non cerca neppure di discolparsi:
secondo il portavoce “è strano che dei bambini si trovassero nella zona di
lancio di razzi e spesso i terroristi impiegano bambini per recuperare i
lanciarazzi.” Così strano non sembra, visto che i razzi vengono spesso lanciati
da zone abitate. La notizia viene ignorata dall'opinione pubblica occidentale,
qualche vago accenno nelle veline “di sinistra”. È ormai un fatto assodato che,
a mezz'ora da Tel Aviv, con i suoi grattacieli scintillanti e i surfisti
abbronzati a cavallo dell'onda, chi uccide otto bambini non verrà mai non solo
condannato, non accusato, ma nemmeno cercato.
L'IDF questa volta non ha neppure avviato la solita indagine farsesca per
accertare le responsabilità e le operazioni militari continuano senza sosta. I
fatti sono presto riassunti. Mercoledì un razzo Qassam lanciato da Beit Hanoun
uccide un israeliano di quarantasette anni, padre di quattro figli, all'uscita
dal College dove studiava. Subito dopo, si intensificano gli attacchi
dell'aviazione israeliana in tutta la Striscia. Tre missili colpiscono il
Ministero dell'Interno nel centro di Gaza City, radendo al suolo il palazzo
governativo insieme ad alcune case circostanti. In una di esse si trovava
Mohammed al-Bor'i, sei mesi, ucciso dal crollo del tetto durante l'attacco.
I missili colpiscono e distruggono anche la vicina clinica del Palestinian
Medical Relief, una organizzazione umanitaria spesso unica possibilità di
assistenza sanitaria per la popolazione. Contemporaneamente, un altro attacco
aereo ad una vicina stazione di benzina uccide tre bambini che stavano giocando
all'aperto. Due muoiono per le ferite riportate, ad uno di essi viene staccata
la testa di netto dall'esplosione. Purtroppo si trovavano nei pressi di un
lanciamissili abbandonato, obiettivo dell'attacco israeliano. Giovedì, nella
città di Jabalia, nel nord della Striscia, un altro attacco aereo israeliano
uccide quattro bambini di sette, otto, undici e quattordici anni, che si
trovavano ad una festa di matrimonio.
La procedura seguita dall'esercito israeliano è semplice. Quando viene lanciato
un razzo, l'aviazione individua il luogo da cui è partito, che in pochi minuti
diventa l'obiettivo di un attacco aereo. Lo scopo dichiarato di questi attacchi
di rappresaglia è colpire ed eliminare i gruppi di militanti responsabili del
lancio. Tuttavia è ben noto che i militanti palestinesi utilizzano timer o
telecomandi, proprio per evitare la rappresaglia israeliana. Spesso i Qassam
vengono lanciati da zone densamente abitate, quali il villaggio di Beit Hanoun,
a ridosso della città israeliana di Sderot: durante il giorno i bambini giocano
tra le macerie del villaggio e nei pressi dei lanciarazzi, non avendo altro
posto dove andare e dunque diventano inconsapevoli obiettivi dell'aviazione
israeliana, che non si fa scrupolo di bombardare zone residenziali.
La pioggia di razzi Qassam nel sud di Israele, che si è intensificata nelle
ultime settimane seguendo la consueta escalation di attacco-rappresaglia, sta
avendo un duplice risultato: da una parte espone i civili della Striscia ai
continui bombardamenti dell'IDF, dall'altra conferisce al governo israeliano la
totale impunità per qualsiasi crimine commesso ai danni della popolazione civile
palestinese. La diplomazia occidentale, infatti, si inchina di fronte al
proclamato diritto di Israele di difendere la propria sovranità territoriale.
Solo la scorsa settimana, Olmert ha incassato il sostegno incondizionato della
Germania e del Giappone per una rioccupazione della Striscia.
Le statistiche della guerra di attrito a Gaza sono impressionanti: dall'inizio
di quest'anno, un israeliano è stato ucciso dai Qassam, mentre centocinquanta
palestinesi sono morti sotto i pesanti attacchi dell'aviazione e della fanteria
israeliana, tra cui quarantadue civili. In questa situazione, le iniziative di
resistenza non violenta all'Occupazione israeliana non riescono a incidere
sull'andamento del conflitto. La manifestazione pacifica indetta da Hamas la
scorsa settimana, che nelle previsioni doveva formare una catena umana di
quarantamila persone dal check point di Erez a nord fino al confine di Rafah a
sud, ha ottenuto una partecipazione di circa cinquemila persone nel centro di
Gaza City.
Il sentimento diffuso tra la popolazione civile di Gaza è la disperazione, la
mancanza di qualsiasi prospettiva nel futuro e la certezza che nessuna
iniziativa popolare può scalfire la violenza dell'Occupazione e dell'embargo in
cui è sigillata la Striscia. Le manifestazioni quotidiane contro l'assedio e per
la riapertura dei confini non fanno notizia, sotto il fragore delle bombe e
delle stragi di civili. La popolazione di Gaza e del vicino villaggio di Sderot
si trova quindi intrappolata in una spirale di orrore che contrappone le bande
armate palestinesi, con i loro “missili della resistenza” (così vengono chiamati
i razzi Qassam nella stampa araba), ai continui bombardamenti dell'esercito
israeliano. I leader di Hamas e il governo Olmert sono allacciati in una prova
di forza ed entrambi vedono come unica via di uscita lo scontro militare aperto.
La breve euforia suscitata dalla breccia nel confine di Rafah è naufragata
subito tra i rumori delle bombe.
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