MOSCA.
In Russia gli archivi del Kgb del periodo sovietico sono
divenuti un colabrodo con i documenti che si offrono in
visione a colpi di dollari. A Berlino e a Bonn i dossier
della Stasi vengono fotocopiati ed offerti alle diplomazie
di tutto il mondo. A Bucarest i dossier della Securitate
degli anni di Ceaucescu sono sul mercato, ma sono in molti
a ritenerli contraffatti. Merce meno avariata quella che
si trova negli archivi della polacca Agencja
Bezpieczeństwa Wewnetrznego, dell’ungherese
Nemzetbiztonsági Szakszolgálat (erede della
tristemente famosa “Avho”), dell’albanese “Shėrbimi
Informativ Shtetėror” e della cecoslovacca “Bezpečnostní
informační služba”. Ora - quanto a segreti degli anni
“sovietici” - è la volta della bulgara “Darzhavna
sigurnost”, l’organizzazione della sicurezza di stato che
operava negli anni di Jivkov e che apre in questi giorni i
suoi archivi.
La decisione è stata presa dalla nuova coalizione di
governo (Partito socialista, Movimento nazionale Simeone
II, centro-destra e Movimento per diritti e libertà, il
partito della minoranza turca) e prevede l’apertura degli
archivi della Sicurezza e in particolare quelli delle tre
sezioni più importanti. E cioè l’“Ufficio 1”, che si
occupava dello spionaggio all’estero; l’“Ufficio 2”, che
era dedicato al controspionaggio e l’“Ufficio 6”, che era
quello della polizia politica che controllava i dissidenti
all'interno del paese. Oltre a questi settori dei servizi
segreti verranno aperti anche gli archivi dello spionaggio
militare. Ma la legge da poco adottata con le relative
dispozioni prevede nello stesso tempo una serie di
eccezioni.
Rimarranno segreti i dossier su quegli agenti e
collaboratori dei servizi che dopo il 16 luglio 1991 (e
cioè la data dello scioglimento della Darzhavna
sigurnost) erano (o lo sono tutt'ora) dirigenti nel
Servizio Informazione Militare presso il ministero della
Difesa o il Servizio nazionale di intelligence (lo
spionaggio all'estero) presso il Presidente della
Repubblica. Ora, comunque, una speciale commissione si
metterà al lavoro per provvedere ad una prima opera di
controllo. Si procederà, infatti, allo spoglio degli
archivi con l’obiettivo di lasciare segreti non soltanto
determinati dossier ma anche documenti ritenuti ancora
importanti per la sicurezza dello Stato e i rapporti
internazionali.
Naturali, in questo contesto le polemiche. A Sofia, in
particolare, si nota che ancora oggi, a distanza di ben 17
anni dalla fine della gestione comunista del Paese, la
legge protegge non solo alcuni segreti, ma anche vari
personaggi che furono esponenti del vecchio sistema
politico. E in questo contesto in vari ambienti bulgari si
parla di elementi che sono ancora presenti nella vita
sociale del paese o che continuano a tirare le fila dietro
le quinte. Secondo il settimanale di Sofia “168 ore”, a
proporre le limitazioni nell’apertura dei dossier sarebbe
stato il Partito socialista (Ps), che è l’erede di quello
comunista. Una manovra - si dice - messa in atto per
coprire circa 40 ex agenti che ricoprono oggi cariche
diplomatiche all'estero e tre personalità di spicco vicine
al partito socialista che pure hanno ricoperto altri
incarichi diplomatici.
Cadono, comunque, molti dei segreti di una Bulgaria
presentata sempre come una nazione “blindata”, fedele di
Mosca e ortodossa su tutti i fronti. Ma i pericoli per il
Paese sono ora di natura interna. Se la pubblicazione dei
dossier andrà avanti - dice Goran Simeonov, capo dell'
Associazione degli agenti segreti in congedo - c’è il
rischio che la società bulgara attuale si troverà ad
essere divisa in due categorie: appartenenti e non alla
“Darzhavna sigurnost”. Ma questo - si obietta da parte
degli ambienti della nuova Bulgaria - è il giusto rischio
da correre. Lo stesso, tra l’altro che è toccato agli
altri paesi dell’area del socialismo reale.
C’è però un particolare che getta una certa allarme nel
Paese. Ed è che proprio in conseguenza di questa apertura
degli archivi si possa avviare una guerra per bande. Non è
un caso se nelle settimane scorse è stato trovato morto,
per un colpo di pistola in bocca, proprio il capo del
reparto “Archivi e dossier segreti” dell'Intelligence per
l'estero, Bozhidar Doicev. Per ragioni finora non rese
note le autorità di Sofia hanno imposto il silenzio stampa
per quasi 48 ore. Poi la procura militare ha comunicato
che molto probabilmente si è trattato di suicidio. Ma si
sa che quello di Doicev è solo l'ultimo di una serie di
assassini di persone “eccellenti” legate al ministero
degli Interni degli anni del “socialismo reale”.
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