
Nel giorno in cui l'Aiea ha presentato il suo rapporto all'Onu per denunciare la
mancata sospensione delle attività nucleari dell'Iran, Mahmud Ahmadinejad non
rinuncia alle sue posizioni, e sprezzante del pericolo, riconferma la volontà di
non rinunciare al nucleare e denuncia Usa e Gran Bretagna, che continuano a
nascondersi dietro il Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
Non si fa attendere la replica degli Stati Uniti, che nella persona del senatore
dell’Arizona Mc.Cain, minaccia da Brussel gravi ritorsioni sull’Iran,
rivolgendosi in particolare a Cina e Russia che, qualora dovessero ostacolare
l’azione dell’Onu per il rispetto delle direttive, vedrebbero poi incrinare
alcune aree della cooperazione con gli Usa. Sembra tuttavia assurdo che uno
Stato quasi sull'orlo del fallimento, possa dare ordini a due superpotente ormai
pronte a presiedere lo scenario geopolitica ed economico globale. Gli Stati
Uniti, in virtù del fatto di essere una potenza militare indiscussa, credono,
sbagliando, di esserlo anche dal punto di vista economico.
Nel giorno in cui l'Aiea ha presentato il suo rapporto all'Onu per denunciare la
mancata sospensione delle attività nucleari dell'Iran, Mahmud Ahmadinejad non
rinuncia alle sue posizioni, e sprezzante del pericolo, riconferma la volontà di
non rinunciare al nucleare e denuncia Usa e Gran Bretagna, che continuano a
nascondersi dietro il Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
Non si fa attendere la replica degli Stati Uniti, che nella persona del senatore
dell’Arizona Mc.Cain, minaccia da Brussel gravi ritorsioni sull’Iran,
rivolgendosi in particolare a Cina e Russia che, qualora dovessero ostacolare
l’azione dell’Onu per il rispetto delle direttive, vedrebbero poi incrinare
alcune aree della cooperazione con gli Usa. Il deficit commerciale con
l’estero cresce rapidamente, con 805 miliardi di dollari circa il 7% del Pil, e
va ulteriormente a ingrossare le riserve di liquidità in eccesso dei paesi
esportatori, che ammontano a 2 000 miliardi di dollari, detenute per i tre
quarti da Cina, Corea del Sud, Russia, India e Arabia Saudita
È una situazione molto pericolosa, perché i rischi geopolitici di un brusco calo
del dollaro sono molto elevati e sono stati messi in luce anche durante il
vertice di Washington del FMI dello scorso sabato, che non ha in fatti escluso
che una “caduta rovinosa” del dollaro creerebbe insostenibili rialzi dei tassi
di interesse: la Banca Centrale della Svezia decide così di ridurre al 20% le
riserve di dollari e aumentare al 37% le riserve in euro. Ormai è inevitabile
che uno dei più gravi squilibri globali passi attraverso la svalutazione del
dollaro, che andrà inoltre ad accentuare l’iperinflazione derivante
dall’impennata di merci e petrolio.
I Grandi Sette raccomandano una correzione ordinata dei cambi che devono
“riflettere i fondamentali economici”, rivolgendosi soprattutto alle monete
asiatiche mantenute svalutate per sostenere le esportazioni. La People’s Bank of
China, respingendo le insinuazioni del FMI, ha fato subito notare che se c’è una
controparte che trucca il mercato quella è proprio l’America, perché infatti non
è più possibile stimare la reale quotazione del dollaro dopo il pasticcio degli
M3.
La Cina dunque fa la voce grossa anche con il FMI e certo non si impressionerà
dinanzi alle dichiarazioni di Mc. Cain che tuona vendetta senza fare i conti di
quanto è rimasto in Fort Nox, per pagare i bilioni di dollari di debito. Lascia
di stucco i mercati l’ultima mossa della Banca Centrale Cinese che, dopo aver
affermato la propria sovranità nel decidere sullo Yuan, alza i tassi di
interesse proprio quando la FED preannuncia una probabile fine della stretta
monetaria entro giugno, dando così il colpo di grazia al dollaro che viaggia
sulla scia di un trend assolutamente negativo. Le borse asiatiche ormai crescono
a dismisura attirando sempre più investimenti, sempre più liquidità, soprattutto
dopo la deregolamentazione delle attività di brokeraggio in Cina per la
comprevendita di titoli di Stato.

Quotazione $/€ dal 1 marzo al 28 Aprile

Quotazione $/¥ dal 1 marzo al 28 Aprile
Oltre a possedere riserve valutarie e Titoli del Tesoro USA, la Cina ha ormai
superato il Pil di Eurolandia con 9.406 miliardi di dollari, e in meno di cinque
anni raggiungerà gli Usa che dista 3 miliardi, grazie al continuo e
inarrestabile cammino della bilancia commerciale. Ha inoltre posto in essere una
strategia di approvvigionamento energetico spietato e machiavellico,
sguinzagliando le Major petrolifere in Africa e Medio Oriente alla caccia
dell’oro nero. Dispongono di molta liquidità che utilizzano per aggiudicarsi i
blocchi petroliferi sovrapangandoli, offrono aiuti, infrastrutture e legami
diplomatici alternativi ai Paesi occidentali, approfittando dell’isolamento
internazionale a cui sono soggetti a causa di procedimenti pendenti per le crisi
umanitarie. In Sudan, gli investimenti cinesi porteranno alla
produzione di 650 mila barili al giorno; il Venezuela si è
accordata per vendere circa 300 mila barili al giorno, consolidando un rapporto
che ha un forte sapore di sodalizio politico che lascia dell’amaro in bocca
all’America. Angola, Guinea, Congo,
Nigeria sono il terreno ideale per la caccia, perché in questo
caso non sono i soldi che fanno la differenza, ma gli armamenti, le centrali
elettriche, le ferrovie e le merci.

La Russia si conferma partner cinese ormai indiscussa,
soprattutto dopo le recenti dichiarazioni di Gazprom, che mediante il suo
“portavoce”, il Presidente Putin, fa sapere che se i governi europei
continueranno a ostacolare mire espansionistiche del monopolio russo, in futuro
buona parte delle forniture ora dirette all’Europa potrebbero finire sui mercati
asiatici, che crescono a ritmi straordinari e offrono una assoluta
disponibilità. E se la Germania chiede con cortesia il rispetto degli obblighi
di fornitura presi con Berlino, il governo britannico si mette da parte senza
nulla eccepire sul tentativo di scalata della Gazprom su Centrica, primo
distributore di gas in Inghilterra.
Intanto in Russia non si accontenta della propria produzione e cerca di mettere
le mani sul gas della ExxonMobil, dopo aver raggiunto un intesa con l’Algeria
per l’export di gas.
Grandi potenze crescono, e le sovrane di un tempo si avviano al crepuscolo.
Così deboli e dipendenti anche per il cibo che mangiano, vogliono muovere guerra
all’Iran, trascurando completamente che alle prime crisi e blackout energetici
il caos e le contestazioni civili renderanno governabile la situazione solo con
“strategica repressione e internamento” delle masse.
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