Può un robot acquisire la coscienza di essere? Può percepire il
ritmo del tempo?
Sant’Agostino rispondeva: “ io
so cosa è il tempo quando non me lo chiedono”
In effetti, definire il
significato di TEMPO è impresa ardua. Si rischia di entrare in un loop. Ad
esempio “il tempo è la somma dei momenti….”. Ma il momento è TEMPO.
Eppure se esiste l’espressione
tempo, qualche nostro lontanissimo antenato la inventò per esprimere una
realtà: il cambiamento. Nel mondo reale si sa “Panta Rei!” Tutto scorre,
tutto cambia
Il giorno e la notte, le stagioni,
l’aspetto fisico e caratteriale di persone, animali, vegetali. Tutto muta,
incessantemente anche se a volte impercettibilmente. Vi è un prima e dopo di
qualsiasi evento o stato. Al nostro antenato inventore del termine tempo venne
l’idea di indicare con TEMPO la successione delle variazioni. Il Tempo è
quindi un’entità che indica la percezione del cambiamento.
Senza variazioni non esiste il
TEMPO. La variazione è relativa tra l’osservatore e l’osservato. Se,
ipoteticamente l’osservato non subisse variazioni il TEMPO è percepito dal
cambiamento dell’osservatore che è rispetto a ciò che non cambia e che non
è. La percezione del cambiamento presuppone l’aver coscienza di essere. Se
l’osservatore è, sa d’essere, e, quindi, l’esistente è per chi sa di
essere; non è per chi non ha coscienza di esistere. Per ora si è provato che
l’uomo sa d’essere e, recentemente anche una specie evoluta di scimmie.
L’uomo sa d’essere e può coniugare il verbo essere. Può dire “egli è”
perché può affermare “io sono”. Il mondo animale, non umano, non sa di
essere (a parte la recente scoperta dell’eccezione di una specie di
scimmie). La prova sta nell’esperimento di portare un animale davanti ad uno
specchio: crede che l’immagine riflessa sia d’altro animale. Così il
bambino fino a quando acquista la coscienza di essere e passa dal riferirsi a
sé stesso come ad un alter ego all’espressione “io”
Il TEMPO, sia esso riferito alla
fisica, alla filosofia e ad altri contesti, è un’espressione significante
solo in rapporto al concetto di variazione, sia essa dell’ego sia essa
dell’alter ego.
Le variazioni sono percepite
in rapporto ai ritmi intrinseci dell’osservatore che è entità con la quale
confrontarle e, quindi, unità e sistema di misura.
La difficoltà di definire il
significato di tempo deriva dal fatto che il TEMPO è termine che definisce e
non è definito.
Il ritmo di cambiamento è la
velocità del cambiamento. In fisica il concetto di TEMPO è inscindibile da
quello di spazio. Einstein dimostra che l’entità SPAZIO-TEMPO è
indivisibile. Intuitivamente si può pensare che in uno spazio zero vi possono
essere zero cambiamenti; in uno spazio infinito, infiniti cambiamenti. La
velocità è percepibile in presenza di variazione di velocità
Osservatore che si muove alla
stessa velocità dell’osservato percepisce zero variazioni e, quindi, zero
mutamenti. In un sistema che si muovesse a velocità della luce (300.000
km/sec), ritenuta costante, non vi sono cambiamenti. Come non vi sono
cambiamenti in un sistema che non ha un prima ed un dopo: ad esempio
l’eternità che, di conseguenza, non ha tempo.
Senza variazioni non esisterebbe
il mondo reale. La derivazione di una costante è zero. Di qui espressioni
come “elettrroencefalogramma piatto” “elettrocardiogramma piatto” La
morte fisica è un cambiamento assoluto di stato, il passaggio dalla coscienza
di essere al non essere
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