Il Tribunale di Vicenza: carcere per il
titolare di una ditta che ha versato cromo esavalente in una falda.
Riconosciuto avvelenamento ai danni della collettività e risarcimento per
cittadini Un imprenditore, Paolo Zampierin, titolare della fallita
Pm Galvanica di Tezze sul Brenta (Vicenza), è stato condannato dal tribunale
di Padova per l'inquinamento, avvenuto in anni di attività, di una falda
acquifera con il cromo esavalente risultato da scarti di produzione. Si
tratta di una sentenza rara nel suo genere - rileva l'avvocato Schiesaro
commentando la sentenza - perché viene riconosciuto l'avvelenamento e il
valore che l'acqua di falda rappresenta per i cittadini che la utilizzano a
scopo alimentare, diventando, di fatto, un avvelenamento ai danni della
collettività.. Zampierin è stato condannato dal giudice Paola Cameran,
l'accusa era sostenuta dal Pm Renza Cescon, a due anni e sei mesi di
carcere, pena coperta da indulto e al risarcimento del danno complessivo in
sede civile.
Il giudice ha però stabilito delle provvisionali da 1,5 milioni di
euro per il ministero dell'ambiente e di centinaia di migliaia di euro, a
seconda delle dimensioni, per i comuni vittime dell'inquinamento, oltre a 50
mila euro per i cittadini che sono stati riconosciuti nel procedimento come
parte civile. La Pm Galvanica di Tezze sul Brenta negli anni scorsi era
andata fallita, ma non era venuta meno la posizione dell'amministratore
delegato che era stato quindi rinviato a giudizio con una serie di ipotesi
di reato legati al danno ambientale da inquinamento. Il giudice, nella
sentenza le cui motivazioni verrano rese note tra 90 giorni, ha anche
rinviato gli atti al Pubblico ministero per ulteriori indagini per
l'eventuale accertamento se vi siano coinvolte altre persone "in concorso di
reato".
La vicenda, inoltre, potrebbe avere un ulteriore sviluppo perché da
qualche tempo si stanno valutando gli effetti sull'inquinamento di cromo
esavalente sul territorio, per il quale sono state avviate le prime
bonifiche. Non si escludono, infatti, casi di avvelenamento anche alla luce
di fenomeni sull'ambiente che hanno portato, alla luce dell'andamento delle
falde, oltre che nel territorio del comune di Tezze nella zona di Bassano
del Grappa (Vicenza), ad esempio, a far spuntare fiori, a cominciare da una
specie di margherita gialla ribatezzta "pratolina mutante", con
caratteristiche considerate del tutto innaturali quanto a numero di petali e
dimensioni giganti.
L'inquinamento era emerso nel 2002 quando erano stati segnalati
livelli abnormi di cromo esavalente nell'acqua di alcuni pozzi serviti dalla
falda distanti anche 10-15 chilometri da Tezze. I successivi accertamenti
hanno condotto ad ipotizzare che la fonte dell'inquinamento fosse proprio la
Pm Galvanica, azienda che operava da decenni. A produzione sospesa, erano
iniziati gli accertamenti sul terreno sottostante lo stabilimento, le cui
vasche di lavorazione avrebbero avuto delle perdite. L'ipotesi è appunto che
il cromo, per la sua alta solubilità, sia finito nella falda, diffondendosi
poi in un'area molto più ampia seguendo i percorsi sotterranei dei corsi
d'acqua. Il cromo era stato riscontrato in pozzi privati di Fontanive e
Cittadella, nel padovano, di cui all'epoca dei fatti era stato interdetto
l'uso.
Inquinamento, Pecoraro: «Bene così» (www.lanuovaecologia.it)
Tribunal di Vicenza che condanna un imprnditore a due anni e mezzo di
carcedre per aver sversato cromo esavalente in una falda acquifera:
«Soddisfatto per il riconoscimento dell'avvelenamento e non semplice
inquinamento» Con la sentenza del tribunale di Padova «viene
riconosciuto l'avvelenamento e non semplicemente l'inquinamento». Così il
ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, commentando con
"soddisfazione" la sentenza che ha condannato il titolare della fallita Pm
Galvanica di Tezze sul Brenta (Vicenza), per l'inquinamento, avvenuto in
anni di attività, di una falda acquifera con il cromo esavalente risultato
da scarti di produzione.
«La sentenza – ha rilevato Pecoraro Scanio – contiene due elementi
importanti. Primo viene riconosciuto infatti l'avvelenamento e non il
semplice inquinamento. Il secondo aspetto riguarda la provvisionale al
ministero dell'Ambiente di ben un milione e mezzo di euro. Questo - ha
aggiunto il ministro dell'Ambiente - conferma il principio del chi inquina
paga in una misura particolarmente onerosa per chi ha provocato il danno».
26 ottobre 2006
Il lago nucleare (www.lanuovaecologia.it)
Ha livelli di radioattività superiori a
quelli registrati attorno alla centrale di Cernobyl. È la triste eredità di
un progetto sovietico per spostare il corso di alcuni fiumi utilizzando
bombe atomiche. Sulle carte non ha neanche un nome Col profondo azzurro
delle sue acque, è senz'altro uno dei più bei laghi degli Urali: ma quel
fascino, inquietante, deriva anche da un livello radioattivo superiore a
quello registrato nelle zone "calde" attorno alla centrale di Cernobyl.
Sulle carte geografiche non ha nome, per gli abitanti del villaggio di
Iaksha, che sorge non lontano dalle sue rive, è semplicemente "il lago
nucleare". È il prodotto di un progetto degli anni Settanta, ideato dal
Comitato centrale e sottoscritto dall'allora leader sovietico Leonid
Brezhnev. L'obiettivo era spostare il corso dei fiumi degli Urali verso sud
a colpi di bombe atomiche.
Secondo il quotidiano Komsomolskaia Pravda, quel piano - oggetto di
una direttiva ancora coperta dal segreto di stato - ha lasciato in eredità
non solo la grande discarica radioattiva del lago, ma anche da uno a tre
ordigni nucleari inesplosi, dimenticati nella zona. Forse rimasti sepolti in
un bosco vicino o sotto la superficie delle acque, dalle quali sporge una
specie d'isoletta che ne indicherebbe in qualche modo la presenza. Nessuno,
d'altro canto, osa avventurarsi in quelle acque per indagare. Nel "lago
nucleare" non c'è vita: neanche la più piccola alga potrebbe sopravvivere
con una dose di 1.000 microroentgen l'ora (il limite è 19), che a distanza
di trent'anni continua a sprigionarsi. Le sue rive non sono frequentate
dagli uccelli e dagli animali del bosco, che hanno imparato a non
abbeverarsi nella zona.
Il progetto di Brezhnev prevedeva di creare, a colpi di bombe
atomiche, un canale che unisse i fiumi Peciora e Kama per aumentare il
flusso verso il Mar Caspio, afflitto da un preoccupante abbassamento del
livello dell'acqua. Furono scavati pozzi profondi circa 120 metri per
collocare gli ordigni. Il 25 marzo 1971 fu dato il via alle prime
esplosioni, ma subito dopo l'esperimento venne interrotto senza spiegazioni.
I dieci anni successivi hanno spiegato in parte il perché: la deflagrazione
aveva creato un enorme cratere dove si riversarono le acque, accumulando una
quantità tale di cobalto e altre sostanze radioattive da rendere la zona
inadatta alla sopravvivenza.
18 ottobre 2006
Allarme petrolio sul Danubio (www.lanuovaecologia.it)
Forse nata in Serbia, la chiazza di
combustibile lunga 60 Km e spessa un centimetro galleggia nel tratto
bulgaro. Superati 100 volte i limiti di tossicità dell'acqua. Allerta per la
centrale nucleare di Kozlodui
L'enorme chiazza di prodotti petroliferi lunga una sessantina di
chilometri e larga circa 300 metri, che da due giorni sta scendendo lungo il
tratto romeno-bulgaro del Danubio, originata, sembra, nel tratto serbo,
rischia di essere un disastro ecologico senza precedenti. Le autorità
competenti, subito dopo avere dato l'allarme, hanno constatato che lo strato
galleggiante di “mazut” (combustibile minerale derivante dalla lavorazione
dei petroli russi) è di grande densità e di spessore superiore ad un
centimetro. Parametri, questi, che rendono assai difficili eventuali
interventi di depurazione delle acque. Secondo gli ultimi rapporti delle
equipe del ministero bulgaro delle calamità naturalim la macchia si sta
gradualmente dividendo in chiazze più piccole e il mazut tende a
sedimentarsi sulle rive del Danubio.
Il Servizio di protezione civile bulgaro intanto ha lanciato un
avvertimento alla popolazione perché non utilizzi per nessuna ragione le
acque del fiume. È stata proibita sia la pesca, sia l'abbeveraggio del
bestiame lungo la riva bulgara del Danubio. L'esame dei campioni ha
accertato che l'inquinamento dell'acqua supera di cento volte il tetto
massimo di concentrazione ammesso. La chiazza di “mazut” sembra non
rappresentare per adesso un pericolo per il funzionamento della centrale
nucleare di Kozlodui, in Bulgaria, costruita nei pressi del Danubio, che
utilizza l'acqua del fiume per il raffreddamento, e non sarà necessario
interrompere il funzionamento dei reattori, secondo quanto dichiarato dal
direttore di produzione della centrale, Kiril Nikolov. La Protezione civile
bulgara ha comunque già preso tutte le misure necessarie per impedire la
penetrazione di inquinanti nei canali che portano acqua al sistema di
raffreddamento della centrale di Kozlodui. Secondo gli esperti, la presenza
di “mazut” potrebbe essere pericolosa a causa della alte temperature che
raggiunge l'acqua che circola nelle tubazioni di raffreddamento disposte
intorno ai reattori nucleari.
Quella di Kozlodui è l'unica centrale nucleare, di costruzione
sovietica, di cui dispone la Bulgaria e da sola genera il 40%
dell'elettricità di cui necessita il Paese. Nel 2002 sono stati chiusi i
reattori 1 e 2, ritenuti obsoleti. Su richiesta della Commissione Europea,
verranno spenti in anticipo, entro la fine di quest'anno, anche i reattori 3
e 4 e continueranno a funzionare soltanto le ultime due piccole unità, 5 e
6. Finora non è stata ancora chiarita la causa e la provenienza
dell'inquinamento: circolano soltanto supposizioni. Il Direttore generale
della Commissione del Danubio bulgara, capitano Danail
Nedialkov, ha oggi reso noto che nella sede della centrale della Commissione
a Budapest è arrivata una dichiarazione ufficiale della Romania nella quale
è detto che l'inquinamento non è partito dal territorio rumeno. Secondo
Nedialkov probabilmente un nave in avaria nei pressi del porto serbo Prahovo
avrebbe provocato la chiazza di mazut. Il sindaco della città di Vidin
(situata nella parte più a monte del tratto bulgaro del Danubio, dove per la
prima volta la macchia è stata avvistata dalla Guardia di frontiera), Ivan
Tsenov, aveva ieri avanzato l'ipotesi che l'inquinamento potesse essere
stato provocato da un'avaria nella centrale idroelettrica serba di Zhelesni
Vrata.
Fonti serbe invece hanno subito smentito questa ipotesi. Il Ministro
dell'Ambiente e delle Acque bulgaro, Gevdet Chakarov, ha chiesto al
Ministero degli Esteri di inviare note a tutti Paesi firmatari della
Convenzione sul Danubio per chiedere eventuali informazioni circa le fonti e
le cause dell'inquinamento. La Bulgaria potrà ricevere un indennizzo a patto
che venga stabilito in maniera categorica il colpevole della fuoriuscita del
prodotto inquinante.
(Ananas Tsenov)
5 ottobre 2006
L'Australia apre all'energia nucleare (www.lanuovaecologia.it)
La proposta del ministro
dell'Industria: «Entro dieci anni pronto il primo impianto». L'opposizione:
«Puntiamo su solare ed eolico». Proteste delle associazioni ambientaliste
Costruire il primo reattore entro dieci anni. Questo il proposito
del governo australiano. «Sono favorevole ad un’industria del nucleare a
fini pacifici, - ha dichiarato il primo ministro John Howard - coloro che
esortano a fare qualcosa contro il riscaldamento globale ma voltano le
spalle all’energia nucleare sono fuori della realtà». Il ministro
dell’Industria Ian Macfarlane si è ulteriormente sbilanciato, dichiarando,
in occasione della Conferenza dell’area del Pacifico sul nucleare, che
l’Australia potrebbe costruire la sua prima centrale entro 10 anni. «Un
ampio dibattito pubblico sulla questione è fondamentale, - ha aggiunto
Macfarlane - ma credo che l’energia nucleare rappresenti un’opzione chiave
per la riduzione dei gas serra». L’Australia, tra l’altro, è il paese col
più alto livello al mondo di emissioni pro capite.
Le promesse di riduzione dell’inquinamento sono solo un aspetto della
battaglia pro-nucleare ingaggiata dai politici australiani. Per novembre è
prevista la presentazione di un rapporto di esperti - di nomina governativa
- che descrive i vantaggi dell’estrazione, dell’arricchimento e dell’impiego
dell’uranio a fini energetici. Finora, però, le garanzie del governo e le
rassicurazioni degli scienziati non sono bastate a placare le polemiche.
Inasprite dal fatto che, anche se non è ancora stata fatta una
identificazione ufficiale dei siti per le centrali, gli esperti suggeriscono
di situarle lungo le coste orientale e occidentale del continente, a non più
di 100 km dalle grandi città, in modo da avvicinarle alle sedi della domanda
di energia ed aumentarne l’efficienza economica.
Sull’onda delle polemiche, Kim Beazley, leader dell’opposizione
laburista, ha assicurato che, in caso di vittoria alle politiche del 2007,
non costruirà alcuna centrale nucleare, e che investirà sulle fonti
rinnovabili, specie solare ed eolica. «Ora che il premier Howard ha
dichiarato che vuole un’industria di energia nucleare, ci deve dire dove
costruirà i reattori», ha detto. Le organizzazioni ambientaliste, dal canto
loro, sottolineano che dopo 50 anni di tecnologia nucleare, non si hanno
soluzioni sicure e di lungo termine al problema delle scorie radioattive, e
che non vi sono garanzie che l’energia nucleare sia usata solo a fini
pacifici, come conferma il test condotto di recente dalla Corea del Nord.
17 ottobre 2006
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