Inquinamento acustico, il rumore decolla
I voli low cost arrivano ovunque. Ma diventano l’incubo dei cittadini
malcapitati. Per l’Ue sono 3 milioni e mezzo, e adesso alzano la voce
Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando un piccolo motore a
scoppio da quindici cavalli sollevò nel 1903, a Kitty Hawk in North
Carolina, il biplano dei fratelli Wright per dodici secondi. Oggi le cose
sono cambiate. Il nuovo gigante dell’aria che solcherà i nostri cieli nei
prossimi anni, l’Airbus 380, di cavalli ne avrà ben 238mila e i suoi quattro
motori serviranno a sollevare una massa di 560 tonnellate e a far volare 550
passeggeri per oltre 14mila chilometri. Le innovazioni legate all’aviazione
civile da un lato possono far piacere, alzi la mano chi non ha visto con
simpatia l’avvento delle compagnie low coast che rendono possibili viaggi
solo alcuni anni fa impensabili. Dall’altro per i cittadini che abitano nei
pressi degli aeroporti sono un vero incubo: rumore, inquinamento e drastico
abbassamento della qualità della vita sono gli ingredienti della
quotidianità delle famiglie che hanno la sfortuna di abitare nei pressi di
un grande aeroporto e che non sono poche. La Commissione europea stima che
circa tre milioni e mezzo di cittadini dell’Unione siano interessati al
fenomeno. E il numero è destinato ad aumentare. L’incremento dei voli, sia
del trasporto passeggeri sia di quello merci, è una costante in tutto il
mondo e le previsioni danno nei prossimi cinque anni un aumento del 3,4 %
l’anno. In Europa gli aeroporti più interessati da questo "bombardamento"
sono Heatrow a Londra, con oltre mezzo milione di persone che ne subiscono
gli effetti, Tegel a Berlino, dove i "bombardati" sono oltre 300mila,
Charles de Gaulle a Parigi, con 216mila cittadini sotto tiro, e il nostro
Malpensa, che affligge 200mila cittadini.
Heatrow calling
Ma quali sono le cause d’inquinamento che colpiscono chi abita a ridosso dei
moderni aeroscali? L’imputato numero uno è il rumore, che nelle zona più
esposte può arrivare a punte di 80-90 decibel con una durata di 90 secondi
per ogni sorvolo. Vivere quando i voli diventano migliaia l’anno – 250mila
nel caso di Malpensa – diventa problematico, se non impossibile. Ne sanno
qualcosa gli abitanti di Case Nuove, frazione di Somma Lombarda, dove a una
parte degli abitanti è stata offerta la possibilità di spostarsi dalla zona
per l’evidente impossibilità di “risolvere” il problema. Le altre fonti di
inquinamento legate al traffico aereo sono le sostanze residue della
combustione dei motori dei jet: Nox e Pm, le stesse polveri sottili prodotte
dal traffico automobilistico cittadino. Lo sviluppo dei grandi aeroporti,
spesso accompagnati da forti conflitti con le comunità locali, ha creato una
serie di comitati che si oppongono alle attività troppo intense dei grandi
hub. Ennesima protesta delle comunità locali colpite dalla dilagante
sindrome Nimby? A guardare le richieste del comitato più combattivo
d’Europa, quello inglese di Heathrow, non si direbbe proprio. Hacan
Clearskies chiede l’incremento nell’alternanza delle rotte, informazioni
sulle stesse, un tetto al numero dei voli, una tassa sui passeggeri che
utilizzano lo scalo londinese, l’adozione dei livelli di rumore raccomandati
dall’Oms e l’abolizione dei voli notturni. Temi generali comuni a molti
altri comitati, ai quali se ne aggiunge uno specifico: l’opposizione alla
terza pista, vista a ragione come un elemento che aumenterà il traffico a
discapito della qualità di vita degli abitanti. «Non vogliamo collocare i
problemi di Heathrow altrove – si legge nel sito di Hacan Clearskies – e
questo perché partecipiamo ad Airportwatch, il network che include i gruppi
di protesta di tutti gli aeroporti inglesi supportato dalle organizzazioni
ambientaliste».
Ansia a terra
«Che il rumore degli aerei influenzi negativamente la salute di chi vive nei
pressi di un aeroporto è fuori di dubbio – si legge in un rapporto del 1997
redatto da Walter Holland, professore di Salute pubblica alla London school
of economics – Il frastuono degli aviogetti interferisce con la
comunicazione, riduce le performance scolastiche e comporta disturbi nel
sonno». Disturbi responsabili di deficit cognitivi e problemi
nell’apprendimento, specialmente nei bambini che vivono nei pressi delle
rotte di volo. Una recente ricerca dell’Istituto olandese per la salute
pubblica e l’ambiente riporta che il 2,5% degli scolari che vivono nei
pressi dell’aeroporto di Amsterdam ha risultati inferiori nei test di
apprendimento. Un dato confermato anche da uno studio della Comunità
europea: il Ranch. «Nel raggio di dieci chilometri attorno all’aeroporto di
Heathrow – leggiamo ancora nella ricerca di Holland – sono aumentate del 14%
le prescrizioni di ansiolitici e antiasmatici, specialmente nella
popolazione fra gli 0 e i 19 anni e gli over 60». Cioè le categorie di
persone che passano più tempo dentro casa. Lo stesso approccio è stato
utilizzato per una ricerca sulle casalinghe di Malpensa. Lo studio –
condotto dall’Asl della Provincia di Varese su un campione di 1.703 donne
fra i 18 e i 64 anni – ha dato risultati incontrovertibili. Il 56% delle
intervistate della zona A, quella di massima esposizione, ha dichiarato di
soffrire di sonno insoddisfatto, contro il 38,5% di quelle della zona C, non
esposte al rumore.
«I dati che evidenziano le differenze tra la zona A e C sono
estremamente significativi – afferma Salvatore Pisani, responsabile
dell’Osservatorio di epidemiologia dell’Asl lombarda – La vera sorpresa è
venuta dal sonno: ci aspettavamo un valore elevato ma non così alto». Per
quanto riguarda i risvegli notturni la differenza è del 21,5%, per il mal di
testa 14,7, per l’inappetenza l’8,6. E a conferma di questi dati c’è
l’aumento nella prescrizione di farmaci: il consumo degli ansiolitici
cresce, tra la zona A e la C, del 10,4%, quello degli ipnotici del 7,9.
Certe notti
Se il rumore è fastidioso di giorno, la notte diventa intollerabile. In
tutta Europa milioni di cittadini che vivono nei pressi degli aeroporti
chiedono il divieto dei voli notturni. Il motivo è chiaro: dopo un’intera
giornata passata sotto le rotte dei jet il sonno diventa un fattore critico
ed è sufficiente un solo passaggio notturno per rovinare il riposo. «Da noi,
come invece accade all’estero, non esiste una limitazione effettiva dei voli
notturni – denuncia Beppe Balzarini, presidente di Unicomal, l’unione dei
comitati lombardi del comprensorio Malpensa – Qualche settimana fa a causa
di una nevicata una serie di voli in partenza da Malpensa sono stati
cancellati e la direzione dell’aeroporto ha dichiarato che l’annullamento
era dovuto al fatto che i voli in ritardo sarebbero giunti a destinazione
negli orari protetti. Malpensa, al contrario, accetta voli in arrivo a
qualsiasi ora». Sulla questione è in atto un braccio di ferro. Da un lato
gli abitanti dall’altro le compagnie, in mezzo Bruxelles.
In Europa i voli notturni rappresentano il 5% del totale, ma è un mercato
che le compagnie non vogliono abbandonare. Per la clientela d’affari sono
voli comodi che permettono di sfruttare al meglio la giornata. La seconda
ragione riguarda i voli charter, programmati di notte per sfruttare al
meglio la flotta nell’arco delle 24 ore.
A dar manforte alle compagnie è arrivato recentemente uno studio dell’Unione
Europea che assegna ai voli notturni la responsabilità di ben 360mila posti
di lavoro. Siamo alle solite: tutela della salute o sviluppo economico. Ma i
tempi sono cambiati e da Heathrow i cittadini fanno le pulci al rapporto.
«Solo un terzo di questi posti di lavoro sono responsabilità diretta dei
voli notturni – afferma una nota di Hacan – I restanti sono indiretti o
addirittura indotti e questo è un approccio sbagliato, rifiutato perfino da
molti economisti». Non soddisfatti, i combattivi cittadini inglesi
propongono soluzioni: «La diminuzione dei posti di lavoro indotti dai voli
notturni potrebbe essere compensata da altre attività legate al
pernottamento dei viaggiatori nei pressi degli aeroporti in attesa dei voli
come hotel, guesthouse, ristoranti e bar».
Non serve a mitigare il disturbo da rumore neanche la minore rumorosità
degli aviogetti più recenti. L’Airbus A320 ha un’impronta acustica (la
proiezione al suolo della scia di rumore generata) meno ampia di quella del
Boeing B727. A parità di traffico e rotte, il territorio e la popolazione
interessati sono minori. Ma secondo Hacan Clearskies il vantaggio viene
vanificato dall’incremento annuo del traffico aereo che non accenna a
diminuire.
I network dei tartassati
I comitati contro il rumore degli aeroporti sono connessi tra loro. Per
superare l’isolamento, mettere assieme una piattaforma comune e aggregare i
dati dei singoli aeroporti, numerose associazioni europee hanno creato un
network di rilevamento che utilizza il web. Gli aeroporti di Olanda,
Germania e Svizzera sono monitorati con una rete di fonometri, i dati
vengono pubblicati su internet e possono essere commentati dai cittadini
interessati al fenomeno. In questa maniera si ottiene un risultato
interessante: incrociare i dati di intensità del disturbo, espressi in
decibel, con la soggettività della percezione. La stessa Unione Europea sta
approfondendo il fenomeno. È in dirittura d’arrivo il progetto Hyena, che si
propone di indagare gli effetti del rumore sulla salute di un campione di
6.000 cittadini che vivono a ridosso di sei grandi aeroporti europei, tra
cui Malpensa. «Lo studio vuole determinare la relazione tra rumore e
alterazione della pressione arteriosa – afferma Ennio Cadum, coordinatore
italiano del progetto – L’ipotesi è quella che vede l’esposizione prolungata
al rumore come causa degli stati di stress, con conseguente aumento della
pressione. Si tratta di una possibilità suggerita da più autori. Il nostro
scopo è quello di verificare questa ipotesi che, se confermata, potrebbe
sfociare in una nuova direttiva in materia».
Basso costo, alto impatto
Il fenomeno sta cominciando a interessare, a macchia di leopardo, anche i
piccoli aeroporti regionali che hanno subito un incremento di traffico
esponenziale dovuto allo sviluppo delle compagnie low coast. Esemplare il
caso di Ciampino. L’ex principale aeroporto della Capitale, relegato a un
ruolo secondario dopo l’apertura dello scalo internazionale di Fiumicino,
sta vivendo una nuova fase di “sviluppo” grazie ai voli a basso costo. Negli
ultimi cinque anni i passeggeri delllo scalo capitolino sono passati da
700mila a 4 milioni, da 18mila a 64mila i voli. E la società che lo
gestisce, Aeroporti di Roma, pensa di portarne la capacità a otto milioni
entro i prossimi anni. Tutto ciò ha allarmato i cittadini di Ciampino, molti
dei quali vivono a poche centinaia di metri dalle piste, che oltre alla
riduzione del traffico notturno chiedono il ritorno al numero dei voli
precedente al boom delle low coast, con una distribuzione dei voli su altri
scali nei dintorni della Capitale.
Sul ruolo delle compagnie a basso costo nei piccoli aeroporti europei il
dibattito è però acceso. Molti enti locali spingono per avere più traffico
nei propri scali per valorizzare l’indotto dalle attività aeroportuali. Ma i
cittadini hanno trovato un alleato inaspettato: la normativa europea sulla
concorrenza. Il tribunale di Strasburgo ha infatti annullato le sovvenzioni
concesse dalla locale camera di commercio alla Ryanair perchè costituivano
una violazione della libera concorrenza. Lo stesso ricorso alla Corte
europea dei diritti umani, presentato e vinto dai combattivi cittadini di
Heathrow, offre un grimaldello in più ai “bombardati” dal traffico aereo.
Insomma, viste le contraddizioni e gli interessi in gioco, anche la
Commissione europea nei prossimi anni avrà sonni agitati.
9 marzo 2006
|