Nel ricordare il disastro, il ministro dell'Ambiente Pecoraro Scanio
promette più controlli. Proposta di legge dell'Unione lombarda, tra i primi
firmatari i Verdi
“Trent’anni dopo Seveso abbiamo bisogno di più garanzie per la salute e la
sicurezza di lavoratori e cittadini, e per l’ambiente”. Lo ha detto il ministro
dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio in occasione
dell’anniversario della tragedia. Il 10 luglio del 1976,
infatti, dalla Icmesa di Seveso (Milano), fuoriuscì una nube
tossica contenente, tra l’altro, diossina. Avvenimento che determinò la presa di
coscienza, anche da parte dei sindacati, della sicurezza sul lavoro.
“Seveso –
ha ricordato Rino Ravanello, segretario nazionale
dell’Associazione Ambiente Lavoro – ha rappresentato uno spartiacque,
anche a livello europeo. Il Reach (il nuovo regolamento europeo
per la valutazione dei preparati chimici, ndr), infatti, può rappresentare una
straordinaria occasione anche di qualificata occupazione nei
nuovi centri di controllo”. Il disastro di trent’anni fa evidenzia “la necessità
– sottolinea Pecoraro Scanio – di realizzare piani di sicurezza di area,
ossia delle zone dove insistono più impianti, e non semplicemente piani legati
alle singole industrie. I piani di area ci permetterebbero di evitare l’effetto
domino in caso di incidente”.
In Italia oggi sono
1055 gli stabilimenti con le produzioni più pericolose, 467 dei
quali a rischio di incidente più rilevante, ossia rientranti nell'articolo 8
del decreto legislativo 334 del 1999 che ha recepito in Italia la Direttiva
Seveso II, la versione più aggiornata della normativa europea per quel che
riguarda la prevenzione del rischio e la gestione delle emergenze.
Dei 1055 impianti, ben 242
si trovano in Lombardia,
la regione di gran lunga con la maggiore concentrazione di impianti, e 117
sono quelli a più alto rischio. I dati sono contenuti nell'Inventario
nazionale delle attivita' industriali curato dal Ministero dell'Ambiente e resi
noti in occasione del trentennale dell'incidente di Severo.
Per quanto riguarda le
tipologie di attività, nel nostro Paese - riferisce il ministero dell'Ambiente -
spiccano gli stabilimenti chimici e petrolchimici (circa il 27%), seguiti
dai depositi di gas liquefatti (24%) e dai depositi di olii minerali (17%).
In Lombardia, gli stabilimenti
chimici o petrolchimici a rischio rilevante sono quasi il 45% degli impianti
soggetti al decreto 349. Infine sono 17 le raffinerie presenti nel territorio
nazionale.
“Ci siamo
messi al lavoro – ha concluso Pecoraro Scanio – per
innalzare i livelli di tutela. Abbiamo infatti chiesto l’inserimento
nel disegno di legge comunitaria 2006 di un’apposita delega per l’aggiornamento
normativo. In questo senso il ricordo di Seveso deve guidarci per impedire il
ripetersi di tali incidenti e garantire più sicurezza ai cittadini”.
Nel giorno del trentennale
in Lombardia
da segnalare la proposta di legge parlamentare, di iniziativa regionale, primi
firmatari il capogruppo dei Verdi in Consiglio regionale Carlo Monguzzi e
il consigliere regionale dei Ds Giuseppe Civati, per privilegiare
sensibilmente i comuni che ospitano sul proprio territorio impianti a rischio
nell’ottenimento dei finanziamenti pubblici per lo sviluppo sostenibile. La
proposta al momento è stata sottoscritta da tutti i gruppi dell’Unione in
Lombardia.
Sempre affinché Seveso serva
da monito, nella cittadina brianzola nascerà una nuova sede per il Centro studi
e documentazione della Fondazione Lombardia per l’Ambiente, che ne ha
affidato la realizzazione a un gruppo coordinato dall'architetto Giuseppe
Marinon. La struttura, un vero e proprio luogo della memoria per ricordare il
dramma di Seveso, sarà pronta nel luglio 2008.
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