Molti economisti ritengono che il potere di mercato raggiunto da Microsoft sia
eccessivo e che per tutelare i consumatori sarebbe opportuno limitarlo, almeno
in parte. Ma la decisione del Tribunale di primo grado della Corte europea va
ben oltre, e mette nelle mani della Commissione europea e delle autorità
antitrust nazionali uno strumento di regolamentazione troppo invasivo. Sulla
base della nuova giurisprudenza, ogni impresa in posizione dominante potrebbe
essere costretta a mettere le proprie innovazioni a disposizione dei
concorrenti.
Molti economisti ritengono che il potere di mercato raggiunto da
Microsoft sia eccessivo e che per tutelare i consumatori
sarebbe opportuno limitarlo, almeno in parte. Ma la decisione del
Tribunale di primo grado della Corte europea sul caso va ben oltre, e
mette nelle mani della Commissione europea e delle autorità antitrust
nazionali uno strumento di regolamentazione troppo invasivo, che rischia
di ostacolare l’innovazione e danneggiare i
consumatori. Il caso Microsoft tra Europa e Stati Uniti
Il caso riguarda reti costituite da personal computer e da uno o più
server, che devono essere in grado di “dialogare” tra loro. (1)
I fatti, in breve, sono questi: i concorrenti di Microsoft, a cominciare
da Sun Microsystems, chiedono all’impresa di Redmond di svelare i
protocolli di comunicazione tra sistemi operativi, in
modo da poter offrire prodotti che dialoghino coi prodotti Microsoft
tanto efficacemente quanto questi tra loro. Microsoft si rifiuta e Sun
la denuncia alla Commissione europea, che ordina di rendere disponibili
le informazioni richieste a condizioni “ragionevoli e non
discriminatorie”. In sostanza, impone a Microsoft una licenza
obbligatoria dei suoi segreti industriali.
Negli Stati Uniti la denuncia di Sun sarebbe stata
ignorata sulla base di una giurisprudenza pressoché costante. Ma in
Europa alcune decisioni della Corte di giustizia, a cominciare dal caso
Magill, avevano stabilito che in “circostanze eccezionali” può essere
imposto un obbligo di licenza, aprendo uno spiraglio alle richieste di
Sun e della Commissione.
Perché un obbligo di condividere le proprie innovazioni coi concorrenti
non trova mai previsione negli Stati Uniti, e solo in “circostanze
eccezionali” in Europa?
Per rispondere è necessario premettere che la tutela della concorrenza e
della proprietà intellettuale hanno, o dovrebbero avere, lo stesso
obiettivo: garantire agli innovatori un livello di remunerazione
appropriato a stimolare l’attività innovativa senza però escludere i
consumatori dai benefici delle innovazioni. In una ideale divisione dei
compiti, le leggi sulla proprietà intellettuale devono
assicurare il livello di protezione appropriato per l’innovatore medio,
mentre la politica della concorrenza, che può adattarsi
meglio alle peculiarità di ciascun singolo caso, deve poter intervenire
negli episodi di eventuale sovra-remunerazione. Stando così le cose, è
evidente che un rimedio radicale come la licenza obbligatoria, che pone
nel pubblico dominio un’innovazione ancora tutelata da diritti di
proprietà intellettuale, può essere usato solo in circostanze
eccezionali, perché diversamente le autorità antitrust si
sostituirebbero di fatto al legislatore, stabilendo esse stesse il
livello di protezione adeguato – ritenuto prossimo allo zero.
Quali sono le “circostanze eccezionali”
Consapevole del rischio, la Cortedi giustizia si
premura di enunciare criteri stringenti per identificare le “circostanze
eccezionali” e garantire che la loro individuazione sia un evento assai
raro: per l’appunto, eccezionale.
Nel caso Magill, un editore intende pubblicare, con
cadenza settimanale, una guida ai programmi di tre reti televisive
irlandesi. Queste rifiutano il consenso, adducendo che l’elenco dei
programmi è coperto da diritto d’autore. Ciascuna invece pubblica una
guida settimanale ai propri programmi e consente a vari quotidiani di
pubblicarne l’elenco, insieme a quello delle altre reti, ma solo per il
giorno stesso. La Corte di giustizia osserva che in questo caso la
licenza è indispensabile per produrre guide televisive,
che di conseguenza un rifiuto eliminerebbe ogni competizione da questo
mercato, e infine che l’editore intende offrire un prodotto
nuovo – una guida televisiva settimanale per tutte le tre reti
– ovvero un bene che non è presente sul mercato. Queste condizioni,
confermate nella giurisprudenza successiva, sono da allora considerate
necessarie perché sussista un obbligo di licenza.
Una nuova interpretazione dei test
Si può discutere se i test di indispensabilità e del
nuovo prodotto, come vengono chiamati dagli addetti ai
lavori, siano davvero abbastanza restrittivi. Chi scrive non ne è
convinto; ma è certo che Microsoft sperava che venissero applicati
proprio questi test, ritenendo pacifico che non fossero soddisfatti nel
caso in questione. Ma proprio sul terreno che le sembrava più
favorevole, Microsoft è stata sonoramente battuta: il Tribunale di primo
grado, infatti, ha sì applicato quei test; ne ha però dato una nuova
interpretazione.
Per cominciare, secondo il Tribunale la licenza non deve essere
indispensabile per competere sul mercato, ma per competere sullo
stesso piano dell’impresa dominante. Di conseguenza, non è più
necessario che il rifiuto elimini del tutto la concorrenza, cosa che
infatti non sembra essere avvenuta nel mercato dei sistemi operativi per
server, ma solo che ci sia il rischio che possa essere
eliminata in un qualche futuro. Inoltre, il Tribunale ritiene che un
qualunque grado, sia pur minimo, di differenziazione
del prodotto sia sufficiente a soddisfare il test del nuovo prodotto,
anzi basta la sola possibilità che tale minima differenziazione sia
realizzata in futuro.
Insomma, i criteri applicati dalla Corte di giustizia nel caso Magill
sono stati svuotati di contenuto, al punto che sulla base della nuova
giurisprudenza ogni impresa in posizione dominante potrebbe essere
costretta a mettere le proprie innovazioni a disposizione dei
concorrenti. È facile stilare l’elenco dei prossimi possibili bersagli:
Apple, Ibm, Qualcomm, Intel. Un elenco che ricalca pericolosamente
quello delle imprese più innovative nei rispettivi
settori.
(1)Vi è un altro aspetto della decisione, che riguarda
Windows Media Player, di cui qui non ci occupiamo e che comunque è
destinato ad avere conseguenze più limitate.
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