La Finanziaria 2006, ai commi 351 e 352, dispone l’abrogazione di tutte le
tasse di deposito, pubblicazione e rinnovo di brevetti per invenzione e
per modelli di utilità, nonché per i modelli e disegni ornamentali. È un
provvedimento deciso quasi a fine legislatura, che avrà effetti nell’immediato
futuro. Vale dunque la pena tornare a discuterne. Interventi estemporanei
È la seconda volta che un provvedimento in materia di proprietà intellettuale
giunge del tutto inaspettato, per il tramite incongruo della legge Finanziaria.
La prima volta era stata nel 2001, con l’estemporanea introduzione del "privilegio
accademico" per la brevettazione dei risultati della ricerca universitaria,
poi parzialmente ritrattata a seguito di proteste e osservazioni critiche
provenienti da giuristi, economisti e imprenditori. In quell’occasione, si era
sottolineato come l’iniziativa del Governo italiano fosse in controtendenza
rispetto alle iniziative intraprese, nel medesimo campo, dagli altri paesi
europei.
Con queste norme, però, il Governo Berlusconi sembra aver agito in
controtendenza con se stesso. Come già rilevato da
Francesco Daveri, ancora nel febbraio 2005 il decreto legislativo n. 7 aveva
introdotto un aumento di circa il 30 per cento per le tasse ora eliminate. A
marzo 2005, poi, è entrato in vigore il nuovo Codice della proprietà
industriale (decreto legislativo n. 30 del 10.2.2005), ovvero il tanto
atteso testo unico che raccoglie e unifica le innumerevoli leggi, si conta
fossero più di quaranta, in materia di proprietà industriale accumulatesi in
oltre cinquanta anni di storia repubblicana.
A prima vista l’abolizione delle tasse brevettuali può apparire utile per
incentivare l’innovazione, soprattutto della piccola e media impresa: se
brevettare costa meno, anche gli inventori di pochi mezzi e molto ingegno
potranno finalmente proteggere le proprie invenzioni, ed essere incentivati a
produrne sempre di più.
In realtà, questo provvedimento genererà effetti completamente differenti, se
non opposti. La sua principale conseguenza sarà il rafforzamento della posizione
di mercato delle imprese straniere in Italia, a discapito delle compagnie del
nostro paese, proprio nei settori maggiormente innovativi. Chi beneficia
dell’abolizione
Per capirlo, limitiamoci a discutere dei brevetti d’invenzione.
La maggior parte dei brevetti validi in Italia sono estensioni, sul nostro
territorio, di quelli internazionali detenuti per lo più da imprese straniere,
soprattutto multinazionali.
In seguito alla cancellazione delle tasse di mantenimento, nessun brevetto verrà
abbandonato prima della sua scadenza, anche quando giacesse inutilizzato.
Può sempre darsi, ragionerà il detentore, che qualche impresa italiana, magari
media o piccola, scopra come sviluppare o mettere a frutto la mia tecnologia; e
per farlo, dovrà pagarmi una royalty o scambiare il suo potenziale brevetto con
il mio. Le aziende italiane che vogliano sviluppare un progetto innovativo
correranno sempre più il rischio di incappare in soluzioni tecniche già protette
da brevetti inutilizzati, ma rinnovati grazie alla convenienza derivante
dall’abolizione delle tasse di mantenimento; o di dover subire azioni legali,
costose anche ove fossero vinte, per presunte infrazioni.
Peggio ancora, l’abolizione delle tasse di deposito genera un incentivo alla
proliferazione dei cosiddetti brevetti-spazzatura, ovvero brevetti a
basso valore inventivo realizzati prevalentemente per ostacolare e limitare
l’attività dei concorrenti. Nei paesi, come l’Italia, dove l’esame delle domande
di brevetto è limitato agli aspetti formali, sono già numerosi. Senza tasse,
l’Italia rischia di diventare un paradiso "brevettale" e c’è da temere una vera
e propria esplosione. Tra l’altro, le tasse servono a finanziare l’oneroso
processo d’esame: come si potrà ora migliorare e rendere rigoroso l’esame di
tutte le domande?
L’abolizione delle tasse brevettuali comporterà anche un aggravio, seppur
modesto, dei conti pubblici. In primo luogo, perché le spese d’esame
delle domande di brevetto saranno interamente a carico dello Stato. Secondo,
perché in base ai vigenti accordi internazionali lo Stato italiano deve comunque
versare all’Ufficio brevetti europeo una cifra concordata per ogni brevetto
europeo esteso e mantenuto in vita in Italia, per un ammontare complessivo che,
in tempi recenti, si è aggirato attorno ai 25 milioni di euro annui.
Infine, il provvedimento lede l’immagine dello Stato italiano in un momento
molto critico, nel quale si punta al rilancio della nostra economia e del
cosiddetto made in Italy. L’abolizione delle tasse brevettuali, infatti, non
trova riscontro nella normativa di nessuno Stato al mondo. Ed è stata criticata
dal capo economista dell’Ufficio brevetti europeo, Bruno Van Pottelsberghe,
perché in netta controtendenza rispetto all’impegno della Comunità europea, per
un’armonizzazione delle regole in materia di proprietà industriale.
(1)
L’intenzione di diminuire i costi della brevettazione è certamente da
lodare. Ma la strada da intraprendere, almeno in Europa, non è quella della
riduzione delle tasse, bensì quella della armonizzazione delle norme
internazionali. Più che cercare di forzare la logica economica dei brevetti
nazionali, è importante impegnarsi per una rapida realizzazione del tanto atteso
"brevetto comunitario". (2) Il precedente Governo non ha brillato per la
sua iniziativa in questo campo. Speriamo che il nuovo sappia fare di meglio.
Per saperne di più
Legge 23 dicembre 2005, n. 266 "Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2006)". Gu n. 302 del
29-12-2006-Suppl. ordinario n. 211.
http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/finanziaria_2006/index.html
Meller P. (2006), "As Europe Tries for United Patents, Italy moves alone, New
York Times 17 gennaio.
Moshinsky B. (2006a), "Italy's filing fee halt triggers criticism", Managing
Intellectual Property – Weekly News, 23 gennaio 2006. E "Italy halts patent
fees amidst criticism", Managing Intellectual Property – Monthly News,
febbraio 2006.
Ordine dei consulenti in proprietà industriale (2006), "Codice dei diritti di
proprietà industriale - Relazione Illustrativa",
http://www.ordine-brevetti.it/codicePI/Relazione_illustrativa.htm
(1) Vedi la sua intervista al New York Times del 23 gennaio 2006.
(2) Cespri-Idc (2006), "Intellectual property: a key tool for European
competitiveness", workshop proceedings
http://www.cespri.unibocconi.it/index.php?vedi=145&tbn=announcement
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