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19/09/2008 Aviditalia (Gabriele Adinolfi, http://www.comedonchisciotte.org)
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TUTTOFRANCOBOLLI
per iniziare o continuare una collezione a prezzo favorevole o per
regalare una bella collezioncina ad un giovane
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Anatomia di una trattativa condotta in un quadro sgr
Anatomia di una trattativa condotta in un quadro sgretolato. Prospettive
per i nuovi scenari
L'annunciato fallimento delle trattative per l'acquisto dell'Alitalia può
avere esiti diversi. Il più probabile è che la nuova proprietà, la cordata
della Cai, che ha poi deciso per il ritiro, si trovi ugualmente a comprare a
prezzi ancor più stracciati la compagnia in liquidazione per poi rivenderla
con ampio ricavo. La Cai, o qualunque altro soggetto nazionale o
internazionale al suo posto, non avrà più obblighi giuridici e potrà
assumere alle sue condizioni senza dover assorbire nessuno per motivi di
anzianità o altro. I lavoratori andranno in cassa integrazione o per strada
e i costi ricadranno sulla collettività, così come già è avvenuto per quelli
delle passività pregresse. Lo scenario più probabile, economia occidentale
permettendo, è che sorga una compagnia che operi seguendo il modello del
fallimento della Swissair (2001) che, liquidati i problemi, è stata poi
acquistata dalla Lufthansa e rappresenta ora un modello di efficienza e di
attivo. Insomma un'operazione capitalistica e una prova di efficientismo in
piena regola. Chiunque subentri alla proprietà farà un affare ancor più
grosso di quello che avrebbe realizzato fino ad oggi.
Quando mancano le alternative
Ci troviamo, quindi, in uno scenario di capitalismo assoluto; ma questa non
è una novità come non lo è che una compagnia allo sfascio, non solo ma anche
per gli sprechi e per la cultura egoistica e menefreghista diffusa che ha
fatto marcire e morire lo stato sociale italiano, si trovava comunque in un
vicolo cieco e non aveva altre prospettive se non quelle capitalistiche.
Tanto che le proposte di nazionalizzazione giunte da alcuni settori politici
marginali sono demagogiche e grottesche; senza entrare nel merito delle
imposizioni europee, l'eventuale nazionalizzazione di una compagnia allo
sbando avrebbe avuto il solo esito di moltiplicare le perdite pubbliche, tra
l'altro senza un tesoro cui attingere, per trascinare i resti dell'azienda
nel gorgo di un'agonia senza fine; non esistono oggi le condizioni
economiche, morali e politiche per poter prendere in considerazione una
proposta che, purtroppo, non è che uno slogan appiccicato frettolosamente ai
comunicati di politici che non hanno nulla da dire.
Nessuno ne esce bene
I dati salienti di questa tragicommedia dovrebbero balzare agli occhi di
tutti, eppure non è così. Perché si assiste, non solo tra le parti in causa
ma ovunque, allo scaricabarile. Un gioco dal quale nessuno esce bene -
governo, proprietà, opposizioni, sindacati - ma da cui solo gli ultimi
escono stritolati. E questo non solo per la straordinaria prova di ridicolo
della Cgil che è passata oscillando dal sì al ni al no al ni al no al sì al
no come una banderuola ubriaca ma perché è stato dato un segnale
inequivocabile, per chi ne avesse avuto ancora bisogno, dell'assoluta
impotenza, inconsistenza e mancanza di prospettiva dei sindacati che oggi
non hanno alcun ruolo e senso se non quello di succhiare soldi come
parassiti. Difatti, benché la questione fosse nota da un pezzo, non c'è
stato uno straccio di proposta sindacale, né come alternativa, né come
ammortizzamento, né come forma di lotta. Ed è sbalorditivo che la sola
proposta sociale (la socializzazione del 7% degli utili per le maestranze)
non sia venuta dai sindacati ma dal ministro del lavoro. Il quale ne esce
ancora bene mentre lo stesso non può dirsi per quello delle infrastrutture,
scuro in volto come i santoni della triplice; ma viene da dire che ben gli
sta: proprio alla vigilia Matteoli aveva fatto appelli stonati
all'antifascismo e speriamo che si sarà reso conto che porta sfiga.
Un modello allo sfascio
Il modello sindacale è allo sfascio. Non lo è soltanto perché ci troviamo in
un periodo di capitalismo avanzato (eppur scricchiolante) ma in quanto è
erede di una concezione opportunistica, consociativa, subalterna e di filtro
che ha avuto un'enorme responsabilità nella distruzione delle concezioni e
delle istituzioni sociali che provenivano dal Ventennio nonché una
complicità imbarazzante con le multinazionali americane per il nostro
disastro economico. Ma non è finita; non solo i sindacati sono una costosa
appendice economica, sempre più sfiduciata dai lavoratori, uno strumento
desueto, inefficace e senza idee, ma tutta la cultura sociale si va
bavabeccarisizzando. Sicché se, secondo le leggi tipiche del capitalismo,
sono i più deboli a cadere e sono i salariati, i produttori e i
risparmiatori a pagare i conti, gli egoismi personali e di categoria
imperano ed impazzano. Un'ulteriore prova la si è avuta nella vertenza
perché i piloti, piuttosto che accettare condizioni non privilegiate, hanno
optato egoisticamente per la cassa integrazione nella convinzione di avere
comunque un mercato. Andate in ordine sparso le maestranze, i danni li
subirà il personale meno qualificato, quello precario, quello che non ha
sufficiente moneta di scambio.
Disgregati
Per dirla marxianamente è venuta a mancare coscienza di classe (anche se è
difficile che piloti e precari si possano accomunare classisticamente al di
là della contingenza). E insieme alla coscienza di classe mancano le
organizzazioni di classe; ergo pagano i deboli. Per superare lo schema
marxiano in un quadro più ambizioso e maestoso servirebbero coscienza di
popolo e organizzazioni di popolo ma siamo ben lungi da ciò;
l'individualismo atomizzato, l'egoismo becero dominano il quadro e non solo
nel mondo del lavoro. Ed ecco che la questione dell'Alitalia diviene
semplicemente paradigmatica. Va ben al di là dello specifico e rientra in un
disagio generale, in una disarticolazione sociale, in una paralisi dei
lavoratori e, soprattutto, in una cultura atomizzante e ricattatrice fatta
di precariato e di “flessibilità”, di mobilità extracomunitaria, di
concorrenza e guerra tra poveri. Che la finanziarizzazione ci avrebbe
progressivamente proletarizzati lo sapevamo e lo abbiamo sempre sostenuto;
che questa proletarizzazione atomizzata avrebbe prodotto frantumazione e
disperazione lo abbiamo sempre affermato.
Adattarsi al nuovo scenario
A questo punto si può passare il tempo a lanciare anatemi, a lamentarci o a
tranquillizzarci, restando sempre e comunque ostaggi della realtà e comparse
di un reality show in cui tutti, chi prima chi poi, finiscono con l'essere
nominati. Oppure si può iniziare a cambiar registro e a proporre modelli
nuovi; modelli di organizzazione sociale snelli, autonomi ma coordinati che
abbiano la capacità di non isolare ma di fornire sponde e strumenti ai
precari, d'intervenire strategicamente sulle questioni centrali del lavoro.
Che operino sia localmente (perché si va verso le contrattazioni aziendali)
sia a vasto raggio. Per far ciò servono però una cultura sociale, che manca,
uno spettro di proposte organiche e pragmatiche (che se ci sono sono
frammentarie ed episodiche) e soprattutto un posizionamento chiaro. A mio
parere in Italia come altrove (Francia, Spagna, Russia) la tendenza è quella
del superamento della democrazia delegata. Ebbene è possibile volgere a
vantaggio dei lavoratori l'impasse degli intermediari, la neutralizzazione
delle burocrazie sindacali. La cultura si può dispiegare sulla prassi
dell'azione diretta, della dismissione delle figure professionistiche dei
sindacalisti (si possono estrarre a sorte di volta in volta i
rappresentanti) e, soprattutto, sulle trattative improntate direttamente
verso l'esecutivo forte. Avocando a sé tratti monarchici il
neo-presidenzialismo, il neo-dirigismo, ha anche la funzione di
ammortizzamento e di soluzione. Probabilmente è tempo di far tramontare i
cadaveri elefantiaci del sindacalismo dell'ultima metà del secolo scorso e
puntare all'affermazione di un'autonomia dinamica e cosciente che si
articoli verso la politica nella logica del tribunato del popolo.
Disponibile
Di sicuro i tempi non sono ancora maturi, ma personalmente – e sono convinto
di parlare anche a nome di quelli che condividono non a chiacchiere la
medesima Idea e sensibilità – sono disponibile sin da ora per ogni
riflessione e tentativo costruttivo, realmente trasversale, integralmente
sociale (nella piena etimologia del termine) che punti a dare cittadinanza e
peso a chi oggi brancola nel buio e paga i costi delle Lehamn brothers di
turno. E' possibile farlo, seguendo uno schema peronista che renda gli
aculei a chi è stato spillato giorno dopo giorno, dal capitale ma anche, se
non soprattutto, dalla cosca sindacale. E' possibile farlo a patto di
fornire, insieme, una convergenza a componenti assolutamente diverse ma
animate da animus pugnandi e da intenzioni sane e comunitarie. Sono
disponibile e fin da ora m'impegno a fare tutto il possibile per agire in
quella direzione, sia sul piano dell'analisi, dell'approfondimento e delle
proposte che in quello delle verifiche e dei confronti che sono
indispensabili all'edificazione.
Gabriele Adinolfi
19.09.08
http://www.comedonchisciotte.org
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