I contorni del nuovo piano Alitalia non sono ancora del tutto chiari, ma i
profili di fondo suscitano più di un interrogativo. I partecipanti alla
cordata chiedono al governo una sorta di deroga antitrust per riprendere il
controllo del mercato italiano. Ma dov'è il rilevante interesse generale
dell'economia nazionale che dovrebbe giustificarla? Molto più evidente è
l'interesse privato dei nuovi acquirenti. E cosa sarà dei debiti della
compagnia accollati alla bad company? Si prospetta l'ennesima
socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti (sperati)
La pausa agostana ha fatto maturare la cordata italiana per il
“salvataggio” di Alitalia. La composizione della
cordata non è ancora del tutto definita, ma è scontata la presenza
“forte” di Roberto Colaninno, che in luglio aveva dichiarato la sua
indisponibilità in mancanza di un forte partner straniero. Se nel
frattempo il partner si è manifestato con ragionevole certezza non è
dato sapere, ma c’è da sperarlo. Le notizie di un nuovo interessamento
di Air France-Klm si sono fatte insistenti. Del resto, per i manager
del gruppo franco-olandese si tratterebbe di un affare migliore e con
meno rischi di quello che si erano impegnati a concludere nello scorso
marzo: niente debiti di cui farsi carico e nessun esubero da gestire,
dal momento che gran parte dei primi (si dice oltre un miliardo di
euro) e tutti i secondi (tra i 5000 e i 7000) verrebbero lasciati alla
bad company. Inoltre, il piano “fenice” (non si sa se “araba”
o meno) prevede la ripresa di controllo del mercato italiano, grazie
all’acquisizione degli aerei e degli slot di Air One da parte della
newco di Alitalia. Il ritorno al dominio del
mercato aereo italiano viene da qualcuno presentato come necessario a
contrattare con il possibile partner straniero da una posizione di
minor debolezza. Va ricordato, tuttavia, che l’offerta Air France-Klm
dello scorso marzo - sonoramente bocciata dai sindacati e dall’allora
candidato premier Berlusconi in campagna elettorale - non prevedeva di
imporre la rimonopolizzazione delle rotte interne e, in particolare,
della Milano Linate - Roma Fiumicino, che è una delle
più importanti d’Europa per volumi di traffico e sulla quale Alitalia
e Air One, insieme, detengono quasi il 100 per cento del mercato.
Sebbene i contorni dell’operazione non siano ancora del tutto chiari,
i profili di fondo si prestano a qualche riflessione e suscitano più
di un interrogativo. LA QUESTIONE ANTITRUST
È ormai certo che i partecipanti alla cordata richiedano al governo
una “deroga antitrust”, proprio per conseguire il completo dominio del
mercato interno. Il che significa ricorso all’articolo 25
della legge 287/90. Il primo comma di tale articolo recita: “Il
Consiglio dei ministri, […] determina in linea generale e preventiva i
criteri in base ai quali l’Autorità può eccezionalmente autorizzare,
per rilevanti interessi generali dell’economia
nazionale nell’ambito dell’integrazione europea, operazioni di
concentrazione vietate ai sensi dell’articolo 6, sempreché esse non
comportino la eliminazione della concorrenza dal mercato o restrizioni
alla concorrenza non strettamente giustificate dagli interessi
generali predetti. In tali casi, l’Autorità prescrive comunque le
misure necessarie per il ristabilimento di condizioni di piena
concorrenza entro un termine prefissato”.
Va anzitutto rilevato che, dall’approvazione della legge che ha
istituito l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nessun
governo ha fatto ricorso all’articolo 25. Non è mai stata rinvenuta,
quindi, la necessità di proteggere “rilevanti interessi generali
dell’economia nazionale” dall’azione di tutela della concorrenza. È
lecito dubitare che sia un rilevante interesse generale dell’economia
nazionale consentire alla nuova Alitalia di riconquistare una
posizione dominante sulle rotte nazionali e il monopolio
sulla tratta Milano Linate - Roma Fiumicino, anche se ovviamente
sarebbe un rilevante interesse privato dei nuovi acquirenti. Ed è
tutto da vedere se la garanzia (teorica) di qualche volo diretto col
resto del mondo, che la cordata italiana dovrebbe assicurare, più che
compensi il sacrificio dei consumatori (per i più salati prezzi sulle
rotte interne).
Inoltre, l’articolo di legge citato parla di determinazione “in
linea generale e preventiva” dei criteri che l’Autorità
antitrust deve seguire… Ma un decreto legge ritagliato sulle esigenze
presenti (e pressanti) della fenice-Alitalia potrebbe definirsi una
decisione “in linea generale e preventiva” o, piuttosto, una decisione
molto ad hoc? Infine c’è una questione molto pratica: quanto
tempo ci vorrà perché la Commissione europea approvi (se lo farà) i
criteri che il governo italiano deciderà di dettare all’Autorità
antitrust? Non c’è il rischio che un vulnus grave alla tutela
della concorrenza si riveli scarsamente utile nel breve periodo (che è
proprio ciò che conta nella vicenda in esame)?
IL CERINO DELLA BAD COMPANY E ALTRI AIUTI
Vale forse la pena di ricordare che la maggior parte dei
creditori di Alitalia sono soggetti privati. Viene perciò da
chiedere come verranno tutelati dal rischio (assai concreto) di
rimanere con il cerino in mano di una bad company destinata al
fallimento. C’è da pensare che si sia progettato un pietoso intervento
dello Stato. Del resto, quando una decisione della politica mette a
rischio la posizione di privati creditori è la politica che deve
tutelarli. Ma così ci troveremmo di fronte a un nuovo caso di
aiuto di Stato, in quanto il sostegno pubblico alla bad
company consentirebbe, di fatto, la separazione della good
company-fenice e il suo risorgere dalle ceneri. E non sarebbe
questa l’ennesima socializzazione delle perdite e privatizzazione dei
profitti, attesi e sperati dai “convenuti in fenice”?
Inoltre,
come ha ricordato Francesco Giavazzi, in occasione dell’ultimo
aumento di capitale (2004), la Commissione
europea aveva dato la sua autorizzazione dietro l’impegno del
governo italiano di non permettere l’espansione di Alitalia sul
mercato. In effetti, da allora la compagnia “di bandiera” non si è
espansa e, anzi, si è ristretta a causa della sua condotta
permanentemente disastrosa. Ma con l’incorporazione di Air One non si
avrebbe una netta espansione di Alitalia? Cosa dirà la Commissione? Si
può sperare che anche a Bruxelles siano disposti a “scurdarse 'o
passato”, come così spesso accade in Italia? Rimane poi da definire la
sorte del cosiddetto “prestito ponte” di 300 milioni,
trasformato in capitale della vecchia Alitalia con decreto
governativo, ma su cui pende ancora il giudizio della Commissione, che
ne potrebbe imporre la restituzione nel caso (verosimile) che lo
giudichi un aiuto di stato. E, nel caso, chi dovrebbe restituirlo: la
bad company avviata al fallimento e a carico dello Stato o la
fenice, che ne sarebbe stata il reale beneficiario, avendo
grazie ad esso potuto sopravvivere sotto la cenere?
IL GIRO DEI DEBITI
Chiarito che i debiti attuali di Alitalia rimarranno sul collo
della bad company, e quindi, presumibilmente, dei
contribuenti italiani (almeno pro-quota), sembra che l’operazione
“fenice” serva anche a consentire a Carlo Toto, azionista di controllo
di Air One, di far fronte ai suoi rilevanti debiti
finanziari. Debiti che non si può certo escludere siano in parte
cospicua nei confronti di Banca Intesa San Paolo, che ha in custodia
le azioni di Air One e che da tempo fiancheggia e sostiene la più
importante compagnia aerea privata italiana nel tentativo di acquisire
Alitalia. Viene il sospetto che, con la vendita dei più importanti
assets di Air One alla fenice-Alitalia, Banca Intesa San Paolo abbia
trovato un modo brillante di rientrare almeno un po’ dei suoi crediti
nei confronti di Toto.
Nel complesso, le perplessità non sono poche. In attesa che vengano
fugate, ricordiamo quanto dell’araba fenice il librettista Lorenzo Da
Ponte fa dire a Don Alfonso nel Così fan tutte di Mozart: “la
fede delle femmine è come l’araba fenice: che ci sia ciascun lo dice,
cosa sia nessun lo sa”. Sarebbe bello poter dire, parafrasando gli
innamorati di Mozart-Da Ponte: “la fenice è l’Alitalia”. Ma,
nell’opera, è il fiducioso slancio degli innamorati a essere smentito,
non lo scetticismo di Don Alfonso
http://www.lavoce.info
Archivio Infrastrutture
|