La capacità
dei sistemi produttivi locali di reagire rapidamente al mutare della
congiuntura e all’emergere di nuove opportunità è stata a lungo uno dei
tratti marcanti dell’economia italiana. In anni recenti, questa
capacità si è affievolita, non solo e non tanto per il venir meno dell’arma
della svalutazione, quanto per la rigidità dell’offerta. In particolare,
sono ormai tanti a indicare nella taglia modesta delle imprese, nella bassa
capacità di spesa in ricerca e sviluppo e nella debolezza degli investimenti
diretti esteri tre fattori che ostacolano la ripresa.
L’inverno appena finito, senza neve, è un momento opportuno non solo per
discutere di cambio climatico, ma anche di come questi fattori si
estrinsecano nel microcosmo della più piccola regione italiana. La Valle
d’Aosta ha sofferto negli ultimi anni come e più del resto del paese: il
prodotto interno lordo è calato dello 0,7 per cento nel 2005, secondo i dati
della Banca d’Italia; domanda e attività produttiva nel manifatturiero
continuano a manifestare una perdurante debolezza – nel decennio
intercensuale, la dimensione media delle unità locali è diminuita in misura
più accentuata rispetto alla media nazionale.
Prima e dopo le partecipazioni statali
La storia industriale regionale è legata a doppio filo
alle vicende della Cogne e delle partecipazioni statali. Venuta meno la
dinamica del settore siderurgico, il volano della crescita sembra
essere passato nelle mani di un altro settore ad alta intensità
capitalistica, quello della produzione idroelettrica, che del resto
soggiaceva alla scommessa della Finsider di Cogne. In un contesto che, per
svariati a spesso ovvi motivi, è profondamente diverso da quello del
Mezzogiorno, anche in Valle d’Aosta è mancato il contributo delle piccole e
medie imprese del made in Italy.
Ci si può interrogare in particolare sui motivi della debolezza del comparto
dell’abbigliamento sportivo e per la montagna, dove la Valle d’Aosta
potrebbe giovarsi delle interazioni tra domanda sofisticata e capacità
artigianale consolidata. È vero che alcune imprese erano sorte negli anni
Novanta, per esempio Green Sport Monte Bianco, più nota con il marchio di
Napapijri, ma il boom è stato di breve durata. Acquistata nel 2003
dall’americana Vf Corporation, un colosso del casual outdoor, nel
2005 Napapijri ha delocalizzato altrove non solo la produzione, ma anche la
concezione e la logistica.
Le scelte dell’Haute Savoie
Il contrasto è particolarmente evidente con il contiguo
dipartimento francese della Haute Savoie, dove il distretto della
montagna è raddoppiato in sei anni e conta ormai duecento imprese
specializzate. Si va da Rossignol, passata due anni fa nella mani di
Quiksilver e in procinto di costruire una seconda unità di produzione per
gli sci Dynastar a Sallanches, agli americani di Patagonia, che hanno
recentemente trasferito dalla banlieue parigina di
Boulogne-Billancourt ad Annecy la propria sede per l’Europa, o al gruppo
Decathlon, la cui marca Quechua raggiunge ormai 400 milioni di fatturato e
alle pendici del Monte Bianco occupa 170 persone con funzioni di design,
ingegneria, modellizazione e test tecnici.
Perché queste sorti così diverse? Oltralpe si è puntato sulle
infrastrutture, sulla ricerca e sulle risorse umane. Il progetto Sports
et Loisirs presentato da 35 soci della regione Rhône-Alpes (imprese,
laboratori universitari e centri di competenza) ha ottenuto finanziamenti
nel quadro dell’azione di promozione dei poli di competitività.
L’offerta regionale in Sciences et techniques des activités physiques et
sportives comprende tre dottorati, otto master e tre scuole di
ingegneria. In compenso, la Valle d’Aosta negli ultimi anni non sembra
essere sfuggita al progressivo deterioramento della capacità di
programmazione dello sviluppo economico che caratterizza il nostro paese e
le sue regioni. Enti locali e investitori privati hanno puntato su
edilizia e immobili residenziali, favoriti in questo dalle agevolazioni
fiscali previste per le ristrutturazioni. Secondo i dati del ministero
dell’Economia, citati dalla Banca d’Italia, nei primi nove mesi del 2006 il
numero di richieste di detrazioni Irpef è aumentato del 2,3 per cento
rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. I contenuti sono stati
messi in secondo piano. Un esempio tra gli altri è la sede di Aosta del
Politecnico di Torino, che non dispone di nessun laboratorio seppur
remotamente connesso all’interfaccia uomo-materiali, alla biomeccanica, ai
nuovi materiali, all’intelligenza strategica o alla
modellizzazione-simulazione su prototipo, ovvero alle competenze necessarie
per far crescere un vero distretto della montagna. L’università della Val
d’Aosta offre invece un master in Pedagogia interculturale e dimensione
europea dell’educazione.
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