A leggere le
dichiarazioni di ministri, governatori del nord, imprenditori, ferrovieri,
qualche dubbio sul perché la Torino-Lione debba essere realizzata potrebbe
sorgere. Semplificando, possiamo suddividere le ragioni del sì in due
gruppi: quelle ambientali e quelle economiche.
L’opera che ci salverà
Cominciamo dalle prime. In un’intervista a
La Stampa
dello scorso 19 febbraio il ministro Di Pietro ha affermato: "La
Torino-Lione è l’opera che ci salverà. Non farla significherà buttare
tutto il traffico sulle strade, con un impatto devastante per l’ambiente".
Non è del tutto chiaro a cosa si riferiva il ministro. Per quanto concerne
l’impatto della infrastruttura sul territorio, sembra evidente che il non
fare sia preferibile al fare. E, anche nel caso si raddoppiasse il tunnel
autostradale, la ricaduta sarebbe assai più limitata rispetto alla
realizzazione della Tav: si tratterebbe di realizzare un traforo di 11 km
invece che di 50 e non sarebbe necessario costruire nuove opere lungo la Val
Susa. Non bisogna inoltre dimenticare che il governo italiano e quello
francese hanno già deciso di realizzare, parallelamente al tunnel esistente,
un traforo di sicurezza. La costruzione di un tunnel aperto al transito
commerciale invece che ai soli mezzi di soccorso avrebbe un impatto e un
costo marginale assai modesto e comporterebbe benefici superiori in termini
di sicurezza della circolazione. Il ministro aveva forse in mente il
problema dell’inquinamento atmosferico?
Una Tav contro lo smog
A tal riguardo si è espressa in termini più espliciti la
governatrice del Piemonte, Mercedes Bresso: "L'alta capacità
Torino-Lione è un'opera essenziale per abbattere lo smog (…). Per abbassare
il tasso di smog e la concentrazione delle Pm10 è indispensabile realizzare
un'infrastruttura ferroviaria che consenta di spostare gran parte del
traffico di merci dalle strade alle ferrovie". (1)
Qualche numero: ogni giorno transitano nel traforo del Fréjus e sulla
tratta autostradale Torino–Bardonecchia 2.300 Tir. La percorrenza
complessiva di questi mezzi è pari al 5 per cento del traffico di veicoli
pesanti sulle autostrade piemontesi e al 2 per cento del traffico
autostradale. Ipotizzando che il traffico sulle autostrade rappresenti la
metà di quello complessivo, si può stimare che azzerando il traffico merci
verso la Francia si conseguirebbe una riduzione delle emissioni
regionali pari all’1 per cento (intorno allo 0,1 per cento a scala
nazionale). Quale possa essere l’impatto di tale riduzione appare evidente.
Altro che "spostare gran parte del traffico merci dalle strade alle
ferrovie".
Per quanto riguarda il tema della qualità dell’aria, occorre inoltre
evidenziare come, ipotizzando che tra il 1990 e il 2020 il traffico di mezzi
pesanti verso la Francia triplichi (da una decina d’anni, in realtà, è
stabile), le emissioni totali di polveri si ridurrebbero dell’80 per
cento: è come se i 1.480 veicoli al giorno del 1990 si riducessero a meno di
300 (vedi Figura 1).
Restiamo isolati!
E veniamo alle motivazioni economiche.
La Repubblica
del 30 novembre 2005 così sintetizzava la posizione dell’ex presidente della
Repubblica: "Ciampi sulla Tav: Non possiamo restare isolati dall'Europa".
Tesi ribadita negli ultimi anni in innumerevoli occasioni da altre
personalità del mondo politico ed economico.
Chiunque abbia avuto occasione di recarsi in Francia in treno, auto o aereo
negli ultimi anni, ha forse qualche difficoltà a capire in cosa consista
tale isolamento. Mai l’offerta di servizi è stata ampia come oggi. Né
risultano esservi difficoltà per il transito delle merci: sia il Fréjus che
il Monte Bianco sono utilizzati ben al di sotto della capacità. La nuova
linea ad alta velocità non avrebbe alcuna ricaduta positiva in termini di
miglioramento dei collegamenti, fatta eccezione per un ridottissimo manipolo
di passeggeri: la realizzazione della Tav non comporterebbe infatti
alcun trasferimento di traffico
dalla strada alla ferrovia. Tale spostamento modale potrebbe avvenire solo
imponendo divieti o tassando in misura elevata il traffico su strada:
divieti e tasse ossia incrementi di costi per le aziende necessari per
migliorare la competitività economica del nostro paese e impedire che resti
isolato?
Interesse superiore…
Non è mancato chi, come Paolo Costa, presidente della commissione
Trasporti del
Parlamento europeo, si è spinto ad
affermare
che la realizzazione della rete transeuropea dei trasporti Ten-T e della Tav
sarebbe "obiettivo di interesse riconosciuto superiore da tutti i cittadini
europei e che nessuno vuole rimettere in discussione". Non è chiaro come e
quando i cittadini europei siano stati consultati in materia, né, per la
verità, è chiaro sulla base di quale funzione del benessere sociale sia
definita la superiorità di un interesse rispetto a un altro. Forse si vuole
dire che è "interesse riconosciuto da tutti i cittadini europei" che i
traffici da est a ovest non by-passino l’Italia? C’è da dubitare che tutti i
cittadini europei siano così interessati al passaggio delle merci nella
nebbiosa Val Padana. In ogni caso, i traffici in questione sono (e
resteranno, secondo le migliori previsioni) di entità assai modesta, se
paragonati a quelli interni. Non si vede peraltro quale sia l’interesse
"strategico" dell’Italia a vedersi attraversata da qualche decina di treni
da est a ovest. Dovremmo forse spendere più di 10 miliardi nei prossimi
dieci anni per consentire a Fs Cargo o ai suoi concorrenti guadagni di
qualche decina di milioni all’anno tra un paio di lustri?
E se ci sbagliassimo?
E se i traffici in realtà fossero destinati a esplodere?
È difficile crederlo, ma è possibile ammettere, almeno in via ipotetica, che
questo possa accadere. Ai numerosissimi sostenitori dell’opera viene allora
da suggerire: put your money where your mouth is. Investite le vostre
risorse (senza garanzia dello Stato, a differenza di quanto avvenuto nel
caso delle altre linee Av) per il finanziamento dell’opera, comprensivo di
un’adeguata compensazione per la Val Susa. Se ci sarà una domanda
disposta a pagare per utilizzare la linea, ne godrete i profitti e il
contribuente non ne andrà di mezzo: la spesa per la Tav equivale a una
una-tantum dell’ordine di 1.000 euro per una famiglia di quattro
persone. Sommessamente vorremmo però anche suggerirvi, prima di decidere
sull’investimento da farsi, di chiedere qualche consiglio ai cittadini
francesi e inglesi che hanno investito i loro risparmi in Eurotunnel (tra
Parigi e Londra, non tra Torino e Lione).
Per chiudere, un’ultima citazione: "Eurotunnel will not receive a penny from
the public purse" disse all’epoca Margaret Thatcher. Un buon suggerimento
per dare attuazione al punto 7 della dichiarazione di intenti del presidente
del Consiglio.
(1)
Ansa, 19 febbraio 2007.
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