Se si
ripercorre a ritroso la storia della evoluzione dei sistemi
di trasporto nel XIX e XX secolo, non si può fare a meno di
riconoscere che quello ferroviario sia stato il meno
"fortunato".
Un solo binario
Reso operativo nella prima metà del 1800, il
sistema ferroviario offriva prestazioni incomparabilmente
migliori di carri e delle carrozze, come pure delle imbarcazioni
dell’epoca. Perciò le nazioni più interessate alla nascita e
allo sviluppo dell’industrializzazione nei loro territori
impegnarono consistenti risorse finanziarie nella realizzazione
del nuovo sistema di trasporto, nel quale la motrice era la
locomotiva a vapore. Questo, però, richiedeva una sede diversa
da quella sempre utilizzata, la strada, e per conseguenza i
governi provvidero a dotarsi degli strumenti giuridici e tecnici
per poter procedere con solerzia ed efficienza alla costruzione
della rete ferrovia a servizio dell’intera nazione.
A suo tempo, la rete nazionale italiana venne realizzata
tenendo conto della conformazione delle zone attraversate, della
loro natura geomorfologia, delle prestazioni delle motrici
allora disponibili; inoltre, per risparmiare, per la maggior
parte della sua estensione venne costruita a un solo binario.
Dopo la guerra apparve chiaro che, anche a causa della
evoluzione della tecnica ferroviaria, la rete richiedeva estesi
e sostanziali interventi di adeguamento, di ristrutturazione e
di potenziamento
Sino a quando il trasporto ferroviario operò praticamente in
regime di monopolio costituì un interessante investimento
produttivo; ma ben presto la situazione si modificò
notevolmente. Nel ventesimo secolo le innovazioni tecnologiche
portate dai motori a combustione interna, dai motori elettrici,
dai motori a reazione, dai motori a induzione magnetica,
dall’impiego dell’elettronica di controllo, hanno reso
disponibile un’ampia gamma di veicoli efficienti ed economici
che hanno sottratto alla ferrovia gran parte della utenza di un
tempo, creando le premesse per una crisi profonda.
L’era dell’alta velocità
Per contrastare il calo di utenza, in
Giappone, ormai parecchi anni fa, la tratta ferroviaria
Tokio-Osaka venne ristrutturata come linea ad alta velocità,
nella quale i convogli possono raggiungere velocità di 250
chilometro orari, in modo da ridurre sensibilmente il tempo del
trasporto. L’iniziativa ha avuto un certo successo tanto che
altre nazioni hanno seguito l’esempio giapponese trasformando in
linee ad alta velocità i principali itinerari della rete
ferroviaria.
Anche l’Italia, con la emanazione della legge n. 385/90 e la
successiva creazione della Tav spa (Treno alta velocità,
società mista tra Fs e importanti istituti di credito nazionali
ed esteri) alla quale ha affidato la progettazione, la
costruzione e lo sfruttamento economico delle linee e delle
infrastrutture ad alta velocità, ha avviato la realizzazione
delle linee programmate, con un rilevante impegno di spesa, che
doveva essere coperto per il 60 per cento da capitale privato.
I risultati sinora ottenuti sono molto deludenti. Da notizie di
stampa si apprende che "le linee di alta velocità hanno visto
triplicare i costi, rispetto alle stime iniziali, in termini
reali, e quadruplicare in termini correnti" e sono in funzione
soltanto due brevi tratte: Roma-Napoli e Torino-Novara,
ancora da completare. Altri tronchi sono oggetto di
contestazioni, particolarmente vivaci quelle relative alla linea
in Val di Susa.
Le cause dei costi eccessivi e delle difficoltà di costruzione
sono sostanzialmente di natura tecnica: per consentire ai
convogli velocità elevate occorre che le linee abbiano un
tracciato plano-altimetrico estremamente regolare, cioè
dovrebbero svilupparsi su territori pianeggianti, in territori
collinosi, e peggio ancora in quelli montuosi, le problematiche
esecutive diventano vieppiù complesse e onerose. Considerato che
la stragrande maggioranza della penisola, come delle due grandi
isole, ha una conformazione molto irregolare e che, per
giunta, la natura geologica dei terreni è normalmente poco
favorevole ai fini della stabilità dei manufatti, è ovvio che
l’adeguamento delle linee costruite a suo tempo per i convogli
di allora, del tutto obsolete, non può avvenire con qualche
intervento localizzato, ma richiede estesi o completi
rifacimenti ex novo.
Il futuro prossimo
Nel frattempo la tecnologia
progredisce: Shanghai è collegata al suo aeroporto attraverso
una linea di collegamento rapido che utilizza una sede e sistemi
di sostentamento e di trazione completamente diversi di quello
ferroviario, e che consentono velocità dell’ordine di 500
chilometri orari. Si tratta di una tecnologia molto innovativa
che è stata da tempo studiata e sperimentata in Germania (Transrapid)
e di cui il tronco cinese rappresenta la prima utilizzazione
pubblica. Sui risultati ottenuti nell’esercizio si sa ben poco,
tuttavia questa realizzazione induce a riflettere sulle diverse
prospettive da essa offerte nella organizzazione generale dei
trasporti.
Linee del tipo di quella cinese sono adatte al trasporto di
persone a grande distanza mediante convogli leggeri di
dimensioni ridotte da inoltrare con la frequenza necessaria per
ottenere la capacità desiderata. Dovendosi garantire l’assoluta
sicurezza nel moto, la nuova via deve svilupparsi totalmente in
sede propria (viadotto o galleria), ma con strutture di
sostegno meno pesanti e ingombranti e scavi in galleria di
minore ampiezza. In definitiva è molto ragionevole ipotizzare
che la nuova via avrebbe un costo sensibilmente inferiore
a quello di una linea Tav.
La attuale rete ferroviaria, sfrondata dei molti rami secchi
irrecuperabili e con interventi assai meno impegnativi, potrà
essere adeguata alle richieste del trasporto locale e di
quello merci, i quali non hanno la necessità di raggiungere
velocità molto elevate e trarrebbero sicuro beneficio dal venir
meno della prioritaria esigenza di agevolare il traffico veloce.
A questo punto viene spontaneo porsi una domanda: insistere
nelle costruzione delle linee ferroviarie ad alta velocità non
doterà l’Italia di una rete di trasporto che, per la seconda
volta nella sua storia e con l’impiego di rilevanti risorse
finanziarie, nasce già superata e obsoleta?
Se la ristrutturazione delle vecchie linee per adattarle alle
esigenze dell’alta velocità equivale alla costruzione di nuove,
la risposta che sembra più razionale sotto ogni aspetto è che,
quanto meno, sia conveniente attendere di chiarire quale futuro
ha la tecnologia innovativa, ora che sembra uscita dalla fase
sperimentale.
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