Le ferrovie uniscono, più di qualsiasi altro tipo di trasporto,
un Paese. E anche dove la povertà ha la meglio su tutto,
c’è sempre un treno, una vecchia locomotiva, a consentire
ad un popolo di sentirsi meno isolato nel proprio male di
vivere e a permettergli di partire, di migliorare, di
ritrovarsi, spesso anche di fuggire. Le ferrovie, insomma,
sono la spina dorsale della mobilità di una nazione e
della sua voglia di crescita e di riscatto anche quando
manca tutto il resto. Se falliscono le ferrovie è un
segnale inquietante per l’economia di qualsiasi nazione e
per le sue potenzialità di crescita e di espansione. Ieri,
l’amministratore delegato di Trenitalia, Mauro Moretti, ha
informato la commissione Lavori Pubblici di Palazzo Madama
che le nostre ferrovie sono sull’orlo del fallimento. E'
l'immagine più netta di un'Italia ferma su un binario
morto. E i treni sono solo l'ultimo capitolo.
E’ una situazione drammatica, quella di Trenitalia, non di
certo la prima ma senz'altro la peggiore. Servono soldi
freschi subito nonché un immediata ricapitalizzazione
dell’azienda. Un grido d’allarme che è stato subito
timidamente recepito dal governo impegnato ad uscire vivo
dal pantano della finanziaria e con un’altra emergenza
trasporti già da tempo sul tavolo come il “profondo rosso”
di Alitalia che, ogni giorno, si avvicina sempre più al
fallimento. “Troveremo i soldi – ha annunciato Prodi –
perché non si vive solo di finanziaria”. Una frase
laconica che, tuttavia, la dice lunga sulle difficoltà
oggettive che si trova davanti questo esecutivo nel
reperire risorse per un paese che pare diventato,
improvvisamente, un colabrodo.
E’ stato il presidente di Trenitalia, Innocenzo Cipolletta,
a spiegare nel dettaglio al Senato la drammatica
situazione dei conti Fs. Per rimettere sul binario i treni
italiani servono, dicono, 4 miliardi di euro in 4 anni.
''Le Ferrovie si sono svenate, non hanno più risorse e lo
sbilancio é tale che non permette più di andare avanti in
una situazione di indebitamento finanziario''. ''Per
Trenitalia sull'orlo del fallimento – gli ha fatto eco
l’Ad Moretti - la ricapitalizzazione é assolutamente
necessaria; non abbiamo le spalle grosse'' ha chiosato
parafrasando una frase spesso citata dal predecessore Elio
Catania, il quale assicurava invece che le Fs ''avevano le
spalle larghe''. ''Gli immobili li abbiamo già venduti
tutti, ci sono altre aree ma dobbiamo farle maturare e
lavorare con gli enti locali''. Per un'operazione ''solida
e non congiunturale'' sulla controllata, che nel corso
dell'anno per due volte ha rischiato di portare i libri in
tribunale per perdite oltre un terzo del capitale, serve
un miliardo l'anno per 4 anni: ''Anche per far fronte alla
necessita' di rinnovare i treni si devono solo fare i
conti della serva: ogni carrozza costa piu' di un milione,
ne servono migliaia per il solo trasporto locale''.
La grave crisi finanziaria di Trenitalia - che chiuderà
l'anno con un buco, anzi una voragine di 1.707 milioni di
euro - e di tutto il gruppo con previsioni di fine
bilancio ancora piu' gravi, muove da una serie di
concause, non escluse naturalmente la serie di
inefficienze nella gestione interna. A dare il colpo
finale, i pesanti tagli della finanziaria 2006 (sotto
l’egida del governo Berlusconi) e i mancati trasferimenti
dai contratti di programma. ''Ci siamo trovati di fronte a
un azzeramento dei trasferimenti di cassa per il 2006 e
con un definanziamento degli investimenti di competenza.
Ciò ha determinato uno squilibrio enorme - ha detto
Moretti ai commissari - non era mai successo prima''. Il
taglio e' stato pari a 500 milioni di euro per Rfi e 100
milioni per Trenitalia. ''Per Rfi é il terzo anno
consecutivo di minori trasferimenti. Questo é un elemento
di insostenibilità nel rapporto tra Stato e azienda. Se lo
Stato vuole ridurre i trasferimenti può farlo, ma deve
dirci chiaramente a quali servizi dobbiamo rinunciare''.
Cipolletta, che ha detto che il piano industriale del
gruppo verrà presentato dopo il varo della finanziaria
''quando avremo chiaro il quadro delle risorse
disponibili'', ha presentato le voci del fabbisogno
complessivo dell' azienda: in totale 6,1 miliardi,
suddivisi in 3,5 miliardi per il completamento dell'Alta
velocità, 1,4 miliardi vanno agli investimenti e alla rete
tradizionale, 500 milioni alle convenzioni, altri 700
milioni per la ricapitalizzazione di Trenitalia. Altro che
conti della serva: ci vorrebbe un’intera finanziaria solo
per far ripartire la locomotiva Italia.
Per non parlare, poi, del fattore Alta velocità: i tagli e
il contenzioso che ne seguirebbe, ''potrebbero comportare
il rischio di uno slittamento in avanti del completamento
della linea Torino-Napoli, previsto per il 2009''. Moretti
ha già dato il via a una profonda operazione di "taglio
agli sprechi" perché ''ogni soldo recuperato va a favore
del conto economico o degli investimenti; abbiamo
eccedenze di manodopera, ci sono centinaia di persone che
si occupano di relazione esterne o non so cosa''. Come a
dire, senza giri di parole, che in caso di crisi profonda
a farne le spese saranno ancora una volta i lavoratori. Le
crisi si susseguono, dunque, ma il copione resta il
medesimo: la cassa integrazione é sempre l’unica carta che
si riesce a giocare. Ma tant’è.
I vertici di Trenitalia hanno spiegato ai senatori della
commissione come stanno tentando di arginare la falla in
attesa che il governo intervenga pesantemente sul fronte
della ricapitalizzazione. In primo luogo si stanno
riorganizzando tutti i processi produttivi. Dove ''c'era
una situazione inusuale con 25 deleghe all'amministratore
delegato, abbiamo ricostruito un ciclo industriale
tagliando tutto ciò che é inutile''. Ma, ovviamente, é una
goccia nel mare. Intanto, è stato chiesto lo sblocco della
questione Ispa, che ha congelato anche la partita dei
pedaggi “che per noi rappresenta una leva per poter fare a
nostro rischio operazioni finanziarie''. E per il rilancio
della logistica, in forte perdita, é in ponte la creazione
di una societa' unica che nascerà dalla fusione delle
attuali decine esistenti in Fs. Poi si cercherà un
possibile socio esterno, proprio come sul modello di
Alitalia. Ma, intanto, la locomotiva Italia non corre più.
E i libri di Trenitalia sono sempre più vicini al
tribunale, quasi a voler mincciare quelli dell'intero
Paese
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