Il timore del nostro governo è
che il conflitto potrebbe far saltare gli accordi con Tripoli per il
monitoraggio delle coste. Dopo l'accordo firmato a Bengasi, infatti, gli
sbarchi, secondi i dati del ministero, a Lampedusa sono diminuiti del 98%
Se l’Unione Europea non cesserà di sostenere le rivolte in corso nei Paesi
del Nord Africa e in particolare in Libia, Tripoli cesserà ogni cooperazione
con la Ue in materia di gestione dei flussi migratori: è questa la minaccia
arrivata alla presidenza ungherese di turno della Ue da parte delle autorità
libiche.
Solo ieri il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi
diceva: “Non voglio disturbarlo”. Ma la preoccupazione c’è, tanto che il
ministro dell’Interno Maroni ha lanciato l’allarme sul rischio esodo. La
preoccupazione del Viminale, raccolta oggi dal Corriere della Sera, è
che il governo di Tripoli non sia grado di contenere la protesta e migliaia
di nuovi sbarchi possano riversarsi sulle coste italiane.
Roberto Maroni da ore viveva nella paura che Gheddafi possa
sospendere i controlli e ora questa paura trova nelle parole proprio di
Gheddafi una prima conferma. Da mesi nelle zone portuali e costiere si
ammassano migliaia di profughi da tutta l’Africa. Per questo il ministro è in
costante contatto con il nostro ambasciatore a Bengasi. Del resto cresce anche
la preoccupazione per gli italiani residenti in Libia. Un fronte sul quale sta
lavorando il ministro degli Esteri Franco Frattini. E proprio oggi sul sito
della Farnesina è apparso un comunicato che sconsiglia viaggi in Libia. A
rischio gli interessi italiani in Libia. A partire dall’Eni che, riporta il
Corriere della Sera, in una nota ufficiale fa sapere come “al momento non si
registra alcun tipo di problematica e la produzione continua, ma monitoriamo
costantemente la situazione e seguiamo con attenzione gli sviluppi”.
La vera preoccupazione restano gli sbarchi. Perché quelli tunisini registrati
nei giorni scorsi a Lampedusa potrebbero essere solo la punta dell’ice berg.
In Nordafrica la situazione precipita ora dopo ora. Ma è tutto il mondo arabo
che ormai è una polveriera. Una situazione sulla quale pesa l’ultimo rapporto
del’Unità di crisi. Il documento, arrivato ieri sul tavolo del Viminale, pur
sottolineando come a Tripoli il clima sia al momento ancora “tranquillo”,
specifica la “problematica situazione della Cirenaica” ed evidenzia come sia
“la prospettiva che inquieta”. Da qui “i contatti costanti con l’ambasciata
per la valutazione dei diversi possibili scenari relativi alla comunità
italiana, avendo già esaminato specifiche iniziative di tutela diretta per chi
si trova nella zona di Bengasi”.
Se dunque il trattato di amicizia tra Libia e Italia, firmato proprio a
Bengasi, dovesse saltare potrebbe scattare l’emergenza. In quel documento il
nostro governo, in cambio di concessioni economiche e politiche al regime di
Gheddafi, ha ottenuto impegni libici a controllare le coste per impedire le
partenze di barconi dalla zona nord del Paese. Ora, se tutto questo dovesse
finire a causa di un allargamento del conflitto, come capitato in Egitto,
l’esodo sarebbe cosa quasi certa. E i numeri, in mano a Maroni, parlano
chiaro: “Dopo gli accordi con la Libia gli sbarchi sull’isola di Lampedusa
sono diminuiti del 98 per cento”, passando dai 37.000 del 2009 a 404 del 2010.
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