La grande fuga dal paese di
Gheddafi non riguarda solo gli italiani, ma buona parte dei cittadini della Ue.
Il ministro britannico, William Hague ha fatto sapere che il governo sta
"assicurando protezione a chi lascia il Paese
Nella Libia che sta bruciando sotto i colpi della rivolta popolare, c’è anche
uno spicchio (rilevante) d’Italia. Si tratta degli stabilimenti dell’Eni. E se
fino a ieri la dirigenza dispensava calma e tranquillità, oggi i vertici
dell’azienda hanno fatto sapere che stanno rimpatriando i dipendenti. La
notizia è stata data attraverso un comunicato ufficiale in cui si legge come
“Eni informa che è in corso sia il rimpatrio dei familiari dei propri
dipendenti sia di quelli non strettamente operativi”. In questo momento Eni
comunque “non ravvisa alcun problema agli impianti e alle strutture
operative”. Le attività del Cane a Sei Zampe nel Paese “proseguono nella norma
senza conseguenze sulla produzione. Eni, tuttavia, sta provvedendo a
rafforzare ulteriormente le misure di sicurezza a tutela di persone e
impianti”.
Ma quella che si registra nelle ultime ore è una fuga di massa degli
stranieri. Mentre l’Ue prepara un’evacuazione dei cittadini comunitari, in
particolare dalla Cirenaica e dalle altre aree orientali, almeno 2300 tunisini
hanno già ripreso la strada di casa, 2000 nella notte e 300 stamane,
facilitati dalle frontiere ormai abbandonate anche dalla polizia.
L’ambasciatore tunisino a Tripoli, Salaheddine Jemmali, è
intervenuto in mattinata per assicurare che le autorità tunisine sono pronte
ad accogliere i connazionali, circa 50mila in tutta la Libia.
In attesa di disposizioni concrete dell’Ue, i governi dell’Unione hanno
iniziato a mettere in atto dei piani di evacuazione o a sollecitare i propri
cittadini a lasciare il Paese: il Portogallo ha inviato un aereo militare a
Tripoli e un secondo aereo è partito da Bruxelles diretto a Bengasi. Il
ministro britannico, William Hague ha fatto sapere che il
governo sta “assicurando protezione a chi lascia il Paese” mentre il ministro
francese Laurent Wauquiez, ha fatto sapere che l’ambasciata
sta aiutando le persone che desiderano lasciare il Paese con i propri mezzi.
Anche l’Italia ha consigliato ai suoi connazionali nel paese nord-africano,
circa 1500, di lasciare il Paese. L’Austria intanto ha annunciato che invierà
un aereo a Malta per facilitare l’evacuazione. Mentre dalla Bulgaria e dalla
Serbia è arrivata la sollecitazione a tutti i connazionali a lasciare
immediatamente il Paese. Un aereo della Turkish Airlines inviato da Ankara per
i connazionali turchino e’ pero’ riuscito ad atterrare a Tripoli ed è tornato
indietro. Intanto si muovono le grandi industrie europee presenti nel Paese:
Eni, Shell e Bp hanno iniziato il rimpatrio dei dipendenti non operativi e dei
familiari, cosi’ come Finmeccanica. L’Eni ha comunque assicurato che non c’e’
“alcun problema agli impianti e alle attivita’ di Eni in Libia” e di
continuare a seguire “con attenzione gli sviluppi
22/02/2010 Gheddafi minaccia
la Ue sugli immigrati e adesso l’Italia teme un’invasione di migranti
(http://www.ilfattoquotidiano.it)
Il timore del nostro governo è
che il conflitto potrebbe far saltare gli accordi con Tripoli per il
monitoraggio delle coste. Dopo l'accordo firmato a Bengasi, infatti, gli
sbarchi, secondi i dati del ministero, a Lampedusa sono diminuiti del 98%
http://www.ilfattoquotidiano.it
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