In allegato due interessanti contributi circa la guerra nella striscia di Gaza: un
messaggio di Sindyanna, organizzazione di commercio equo nostra partner, e un
articolo del magazine Challenge, con il quale la stessa Sindyanna collabora
Ci paiono contributi interessanti, nati
nell’ambito della società civile interna allo stato di Israele e frutto
dell’elaborazione congiunta di palestinesi ed ebrei che lavorano insieme per
costruire qualcosa di diverso.
N.B. Nel messaggio di Sindyanna (Fermate la
guerra) viene citata la parte finale dell’articolo “Israele contro Gaza…”, ma
leggendoli entrambi vi accorgerete che ci sono delle piccole differenze nella
traduzione. Questo è dovuto al fatto che sono stati tradotti da due persone
diverse.
Israele
contro Gaza: una campagna per perpetuare l’occupazione (Yacov Ben
Efrat – 9 gennaio 2009, www.challenge-mag.com)
L’operazione militare chiamata Piombo Fuso è iniziata sabato 27 dicembre 2008 e
per la soddisfazione del pubblico israeliano, il primo giorno è costato la vita
a più di 200 persone. Già venerdì dalle colonne dei quotidiani più importanti si
gridava “Andateli a prendere” e sabato gli abitanti di Gaza hanno avuto quello
che gli israeliani gli auguravano da tempo. Non è stata una operazione
spontanea, non è stata una semplice risposta ai recenti lanci di missili sulle
città del Negev. Nei sei mesi di tranquillità che hanno preceduto, mentre
avvertiva che Hamas si stava riarmando, Israele stava pianificando con
attenzione il suo attacco per poterne ricavare il massimo.
Ufficialmente la campagna voleva riportare nell’area una calma a condizioni più
favorevoli per Israele. Ma gli obiettivi andavano oltre. Israele sta cercando di
riportare Hamas al tavolo delle trattative con l’Egitto su delle basi favorevoli
all’Autorità Palestinese (AP) e al suo presidente Mazen. Hamas ha sbagliato a
non usare i sei mesi di tranquillità in modo costruttivo e adesso ne paga il
prezzo. Israele vuole finire la resistenza armata, riconoscere gli Accordi di
Oslo e accettare le condizioni del Quartetto. In altri termini Hamas dovrebbe
rilasciare il controllo su Gaza e entrare nell’AP come partner di minoranza.
Il conto
alla rovescia è iniziato a Novembre quando, rifiutando la proposta egiziana
Hamas ha rinunciato a partecipare alla riunione con l’AP al Cairo. Per Israele
la campagna di Gaza non è una impresa solitaria. Il passo era stato coordinato
con la Giordania e l’Egitto - e aveva persino avuto la benedizione di Abu Mazen.
I Fratelli Musulmani, ai quali Hamas appartiene, costituiscono la maggiore
opposizione ai regimi egiziano, giordano e palestinese. Ritroviamo lo stesso
asse che è andato contro gli Hezbollah in Libano due anni fa. Di nuovo con
l’appoggio totale della Casa Bianca. Una volta ancora Israele agisce come un
esecutore il cui compito è quello di ridurre la sfera d’azione di un nemico
comune.
Hamas, da
parte sua, ha commesso ogni possibile errore. Il primo è stato quello di
conquistare Gaza nel giugno 2007, il che ha fatto sì che Israele rinforzasse
l’embargo danneggiando i civili. L’ultimo errore è stata la ripresa della lotta
armata contro Israele.
Hamas
vuole che il suo dominio su Gaza sia riconosciuto in modo da poter competere con
l’AP per la West Bank. Ha giocato una partita doppia. Da una parte ha preso
parte al processo democratico delle elezioni dell’AP tre anni fa – dal quale è
persino uscito vincente. D’altra parte l’AP e le elezioni sono state frutto
dell’Accordo di Oslo che Hamas si rifiuta d riconoscere.
Khaled
Mashal, leader del movimento, non si è accontentato di aprire nuovi fronti
contro l’AP e Israele. Ha anche provocato il regime egiziano non sono rifiutando
le sue proposte ma anche richiedendo l’apertura delle frontiere di Rafah, un
atto che avrebbe violato gli impegni internazionali dell’Egitto. A livello della
base, Hamas si è unito ai Fratelli Musulmani in una campagna contro il
Presidente Egiziano Hosni Mubarak.
Per tutti
questi motivi Gaza oggi si ritrova sola contro le forze militari israeliane. Dal
suo rifugio a Damasco Mashal invoca una nuova Intifada anche se i palestinesi
non si sono ancora ripresi dalla seconda. Mentre Hamas brama il potere i
palestinesi sono stanchi, confusi e sopratutto frustrati. Da una parte hanno Abu
Mazen che è pronto ad ingoiare tutto quello che Israele gli mette davanti.
Dall’altra hanno Hamas intrappolato nel concetto che il suo regime dipende dal
volere di Dio anche a scapito del Paradiso Oggi.
Dopo tre
minuti dall’inizio delle operazioni Israele aveva già ucciso o ferito centinaia
di persone. Non è difficile immaginare cosa può succedere in tre settimane. Lo
scopo è quello di portare Hamas a una più ragionevole realtà – e se possibile
restaurare il rispetto che Israele ha perso in Libano due anni fa. A questo
proposito potremo definire Piombo Fuso una operazione di riparazione per la
seconda Guerra del Libano secondo le raccomandazioni della Commissione Winograd
che ha indagato sulle ragioni di quel disastro.
Ma quale è
la reale situazione di Israele? E cosi forte come vuole apparire spargendo
sangue a Gaza? Quale effetto i corpi massacrati, sparsi nel cortile
dell’Accademia di Polizia avranno alla fine su Israele? O le urla strazianti
delle madri? Molti israeliani vogliono raggiungere una qualche normalità e
diventare, secondo le parole del Primo Ministro Ehud Olmert “una società dove
sia “divertente vivere”. Dove sta il divertimento in questi massacri riciclati
da 60 anni?
Negli
ultimi 40 anni, Israele ha sistematicamente calpestato gli altri popoli
rifiutandosi di cessare l’Occupazione. I palestinesi hanno perso tutti i loro
diritti. La loro vita procede in mezzo alla cacciata dagli insediamenti, i
blocchi stradali militari, le chiusure, i muri di separazione e la povertà
strisciante. Olmert ha detto (ma soltanto quando ormai era chiaro che era in
uscita) che non c’era altra possibilità per Israele che quella di ritirarsi dai
Territori Occupati compreso da Gerusalemme Est. Se questa è davvero la sua
posizione ha perso tempo in chiacchiere vuote. In azione, la posizione di
Israele è l’opposto. Non si ritira, non demolisce nemmeno gli avamposti che
chiama illegali, la maggioranza dei coloni rimane nelle loro case, i militari
continuano a controllare le frontiere e Gaza continua ad affondare nella
disperazione.
Piombo
Fuso non ha nessuna giustificazione politica. Anche se Hamas ritornasse al
tavolo delle trattative Israele non ha niente da offrire. Perche è riluttante
come sempre a pagare il prezzo della pace ossia di finire l’occupazione. Dato
che non ha pagato per i missili caduti su Sderot o su altre città del Negev,
Israele allora utilizza i missili per continuare a non pagare. Altra scusa è
quella del mantra che non esiste un partner. Quando Israele dice che è pronto
per uno stato palestinese non significa che questo comprenderà tutti i Territori
Occupati – i suoi discorsi su di uno stato palestinese sono una benda sugli
occhi. La mancanza di volontà di Israele di pagare è la forza di Hamas. Il
movimento si basa su tre piloni: la povertà, la debolezza dell’AP e la mancanza
di prospettive diplomatiche.
E’ Israele
che ha sprofondato Gaza nella condizione attuale. Il disimpegno del 2005 è stato
unilaterale, rifiutando qualsiasi ruolo all’AP e lasciando il campo aperto alla
presa del potere da parte di Hamas. La responsabilità per quello che sta
succedendo adesso a Gaza è quasi esclusivamente di Israele. Forse Piombo Fuso
finirà davvero con un cessate il fuoco “migliorato”. Forse vedremo presto la
leadership di Hamas di nuovo al Cairo. Ma una rinnovata tranquillità non sarà
una soluzione. Che soluzione sarebbe se i Territori continuano a sprofondare
nella corruzione, nella povertà e nella disperazione? Quanto tempo ci vorrà
perché una nuova tranquillità apra la strada ad un nuovo massacro?
E per
quanto tempo la società israeliana potrà continuare a vivere come una Forza di
Occupazione? Quanto tempo fino a che le lacune interne della società, con il
peggioramento del conflitto costituiranno un disastro peggiore dei missili da
Gaza? Il problema fondamentale non è Hamas. E’ il consenso nazionalista dei
partiti politici di Israele che hanno spinto il governo transitorio ad attuare
questo massacro il cui solo scopo è quello di rimandare il costo della pace
www.challenge-mag.com
LiberoMondo sta seguendo l’evolversi della difficile situazione in Palestina
anche grazie ai contatti con le organizzazioni partner presenti nell’area.
Qui di
seguito riportiamo un’interessante contributo che abbiamo ricevuto da Sindyanna,
organizzazione con cui collaboriamo dal 2004. Oltre ad avere avuto il piacere di
ospitare loro rappresentanti, abbiamo avuto modo di apprezzare il loro lavoro
nel corso dei viaggi di verifica effettuati in Palestina da personale di
LiberoMondo.
Fermate questa guerra (Hadas Lahav a nome del direttivo di Sindyanna, 13 gennaio 2009)
Cari partner di Sindyanna,
Ancora una volta la nostra regione sguazza nel sangue del popolo palestinese.
Sindyanna of Galilee, un’organizzazione di commercio equo che mira a costruire
ponti tra israeliani e palestinesi, guarda con dolore al modo con cui l’esercito
israeliano provoca la devastazione a Gaza. Noi crediamo, ora più che mai, che
dobbiamo lavorare con le altre forze di pace nella nostra regione e nel mondo
per fermare questa guerra, offrendo alternative alla politica israeliana di
dominazione attraverso la forza. Ora più che mai noi abbiamo bisogno della
vostra solidarietà in modo che l’idea che ci unisce, quella di un mondo più
equo, si possa realizzare.
In
questo sforzo Sindyanna si è unita con le altre organizzazioni che stanno dietro
le opinioni espresse sul sito internet di Challenge (www.challenge-mag.com).
Vi
invitiamo a leggere gli articoli pubblicati su tale sito internet e a inviarci
le vostre considerazioni. Qui di seguito proponiamo una citazione da uno di
questi articoli. Essa presenta la posizione di Sindyanna sulla guerra a Gaza:
“La
responsabilità per quello che ora sta accadendo a Gaza ricade, quasi
esclusivamente, su Israele. Forse “Piombo fuso” (nome della campagna militare
israeliana) si concluderà effettivamente, in un cessate il fuoco “migliorato”.
Forse vedremo presto i capi di Hamas nuovamente a Il Cairo. Ma un ritorno alla
calma sarà una non soluzione. Quale soluzione ci può essere finché i Territori
Occupati continuano a sprofondare in corruzione, povertà e disperazione? Quanto
tempo ci vorrà fino che una “nuova calma” ceda il passo ad un altro massacro?”
“E per
quanto tempo la società israeliana può continuare a vivere come una Forza di
Occupazione? Quanto tempo ci vorrà prima che i divari sociali interni al paese,
insieme con il continuo peggioramento del conflitto, assestino un colpo molte
volte peggiore dei razzi provenienti da Gaza? Il problema fondamentale non è
Hamas.
È
il consenso nazionalista dei partiti politici di Israele, che hanno spinto
l’attuale governo di transizione ad attuare questo massacro, il cui solo vero
scopo è di continuare a rinviare il costo della pace.”
Vi
chiediamo di unirvi a noi nel protestare per questa guerra, in massa nelle
strade o con qualsiasi mezzo potete, per giungere finalmente a una soluzione
giusta al problema palestinese.
Un caro
saluto
Hadas
Lahav
a nome
del direttivo di Sindyanna
Sindyanna of Galilee è
un’organizzazione no profit nata nel 1996, dall'iniziativa congiunta di un
gruppo di donne ebree ed arabe, allo scopo di commercializzare prodotti
agricoli, principalmente olio di oliva, dei contadini arabi che vivono in
Israele e nei Territori Occupati della Cisgiordania, operando secondo i
principi del commercio equo e solidale.
Tra gli obiettivi di Sindyanna ci
sono quelli di dare alle donne pari opportunità e di migliorare la
condizione economica delle donne arabe che vivono in Israele.
Sindyanna si fonda sulla cooperazione tra arabi ed ebrei, basata sulla
reciproca fiducia nell’uguaglianza, e nel diritto dei palestinesi
all'autodeterminazione. In un’area che soffre a causa di guerre, occupazione
e fondamentalismo, Sindyanna offre alternative concrete e un barlume di
speranza.
Archivio Gaza, Palestina, Natale 2008
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