Si
sa, l’oscenità della guerra è spesso nascosta da un velo
trasparente di ipocrisia. Ultimo esempio: per “stanare”
Obama dal suo meditabondo silenzio e costringerlo ad una
(pur blanda) presa di posizione sulla tragedia che si sta
abbattendo sui Palestinesi della striscia di Gaza c’è
voluta la strage della scuola di al-Fakhora nel campo
profughi di Jabaliya, centrata, a quanto sembra, da ben
due F16 dell’aviazione israeliana. La conseguente
esplosione di un deposito di carburante in un lampo si è
portata via quarantadue persone, certamente in gran parte
civili innocenti che avevano cercato rifugio nell’edificio
agli scambi di artiglieria tra l’esercito israeliano e le
milizie di Hamas. Mentre si diradava il fumo sui resti
della scuola, arriva la flebile dichiarazione del
neo-presidente americano, “preoccupato delle morti di
civili in Palestina e in Israele”.
Ma la guerra porta con sé anche altri tipi di ipocrisia:
pensiamo a quelle intrinseche alle sue “regole”. Per
quanto sembri paradossale, anche la manifestazione più
deteriore della povertà di spirito umana, la guerra,
ovvero ciò che nega per sua stessa definizione il diritto
più importante, quello alla vita, finge di darsi un
“diritto”. Il trattato di Ginevra del 1980, infatti,
stabilisce che il fosforo bianco non possa essere
utilizzato come arma chimica: appena viene a contatto con
l’ossigeno presente nell’aria, esso sviluppa anidride
fosforica, generando calore e dando vita ad una luce color
giallo intenso. L'anidride fosforica reagisce
violentemente con composti contenenti acqua e li disidrata
producendo acido fosforico, mentre il calore sviluppato
dalla reazione brucia i tessuti organici. La pelle della
vittima viene piagata da ustioni di secondo o di terzo
grado; non di rado l’acido continua la sua azione
distruttiva fino a che le ustioni raggiungono le ossa.
Charles Heyman, esperto di cose militari ed ex maggiore
dell’esercito britannico, non ha dubbi: “Se venisse
impiegato deliberatamente il fosforo bianco su una folla,
qualcuno finirebbe al tribunale dell’Aja.”
Ma il diavolo è nei dettagli: infatti, anche se non vi
sono dubbi che questo tipo di armi sia vietato quando
viene dispiegato direttamente contro le persone, il
diritto internazionale non prevede un veto assoluto al suo
impiego per altri scopi; in altre parole, quella che a
tutti gli effetti è una micidiale arma chimica, è
“ammessa” quando viene usata per creare cortine fumogene o
illuminare il teatro di un’operazione militare. Se poi
qualche “nemico” passa da quelle parti, lo scempio prende
il nome di “danno collaterale”. Per inciso, il problema
potrebbe essere facilmente risolto, se solo lo si volesse
classificare il fosforo bianco “arma chimica” tout-court:
una volta “battezzato” in questo modo, il suo utilizzo
diverrebbe inequivocabilmente un crimine contro l’umanità,
quale che sia l’obiettivo dichiarato di chi se ne serve.
Il 4 gennaio scorso le truppe israeliane che hanno
cominciato l’azione di terra nella striscia di Gaza si
sono avvalse della copertura di proiettili traccianti
quasi certamente al fosforo, come ben documentato dalle
foto che i media (inglesi) hanno prontamente pubblicato
sulla Rete. Il quotidiano britannico The Times ha
chiesto lumi al capitano Ishai David, portavoce di IDF
(Israel Defence Forces) il quale ha negato l’impiego di
fosforo, senza peraltro specificare quale sostanza,
invece, sarebbe stata impiegata: “Israele usa munizioni
ammesse dal diritto internazionale”. Dichiarazione che non
dissolve il dubbio, essendo il fosforo bianco, come visto
sopra, non del tutto proibito; anche volendo prendere per
buona la dichiarazione di rispetto delle regole
internazionali, è impossibile restare impassibili di
fronte allo spettacolo dell’unica democrazia del Medio
Oriente che impiega un’arma chimica tanto pericolosa in
una zona ad altissima densità abitativa: nei Territori
vivono oltre 650 persone per chilometro quadrato (dati
ONU, 2004); per avere un termine di paragone in Italia ne
vivono 193 e in Francia 110. Eufemisticamente, si può dire
che l’attenzione ai civili non è tra le priorità
dell’esercito israeliano; altrimenti si potrebbe
concludere che lo scopo delle forze armate con la Stella
di David sia seminare il terrore nella Striscia.
La reticenza di Ishai David non è molto rassicurante,
anche considerando che, nell’ottobre del 2006, l’allora
Ministro israeliano dei rapporti governo-Knesset, Jacob
Edery, ammise che “nel corso della guerra contro Hezbollah,
IDF usò proiettili al fosforo in attacchi diretti ad
obiettivi militari in campo aperto”. Non sarebbe quindi la
prima volta. E forse nemmeno l’ultima.
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Archivio Gaza, Palestina, Natale 2008
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