Le
più grandi speranze diplomatiche si sono arrestate di
colpo quando il Presidente francese di turno all’ONU,
Kouchner, nonostante grandi sforzi in tutte le direzioni,
non è riuscito a trovare un accordo di nessun tipo in seno
al Consiglio di sicurezza. La crisi di Gaza rimane una
crisi netta e vede annunciarsi, nei suoi fallimenti
politici, sempre più lo stallo pauroso della diplomazia
mondiale. Tutto mentre le esili speranze della popolazione
palestinese si attaccano al filo di tre ore di una tregua
concessa da Israele per prendere aiuti alimentari e
cercare parenti. I documenti sul tavolo dell’Onu sono due:
una bozza della Libia e quella della cosiddetta
“dichiarazione presidenziale”, presentato dalla Francia e
che deve essere approvato all’unanimità. Kouchner, assieme
alla Rice al segretario del Foreign Office David
Millibrand e ai suoi colleghi americano e britannico, ha
incontrato i capi diplomatici dei paesi arabi per gettare
le basi di un cessate il fuoco duraturo e permanente, come
va di moda dire da qualche giorno, tra Israele e Hamas.
Il processo di pace, a questo punto, potrà essere
rilanciato? Il testo francese fa leva sulla questione
umanitaria, sull’appoggio all’iniziativa diplomatica
avviata da Hosni Mubarak e da Sarkozy e sulla volontà di
offrire delle contropartite reali ai ministri arabi a New
York. Secondo fonti diplomatiche europee, gli Stati Uniti
temono un cessate il fuoco troppo fragile senza forti
garanzie sulla fine del lancio dei missili da parte di
Hamas a la suo riarmo. L’attivismo di Sarkozy ha messo
questa volta in secondo piano gli americani. Che chiedono,
per bocca del loro ambasciatore, Zalmay Khalizad, “una
pausa di riflessione” su una bozza che non trova d’accordo
qualche paese.
L’entourage del Segretario di Stato, Rice, ha fatto
pressioni su Tzipi Livni e Olmert per un accordo di
massima sul testo. Accordo che ci sarebbe. Mentre la bozza
libica, appoggiata dai paesi arabi, appare troppo
antisraeliana, giacché presuppone il ritiro senza
condizioni delle forze israeliane da Gaza. “Non siamo alla
ricerca di un cessate il fuoco, ma di una cessazione del
terrore” ha dichiarato, intanto, il presidente israeliano,
Shimon Peres. "Israele - diffonde una nota - è favorevole
alla proposta di tregua franco- egiziana per giungere ad
una soluzione diplomatica del conflitto". L’Ufficio del
premier Olmert, infatti, ha ammesso di vedere con favore
il dialogo con l’Egitto, per porre fine “al terrorismo e
al contrabbando di armi nella Striscia di Gaza.” Già da
oggi, al Cairo potrebbero recarsi due inviati israeliani.
Ma tre ore sono poche, il pomeriggio a Gaza City gronda
sangue. Sarebbero ripresi gli scontri, come nulla fosse,
tra israeliani e milizie di Hamas. Ancora una volta -come
è chiaro fin dagli esordi - in questa sporca guerra le
vittime sono civili: tre i bambini morti. Lo riferiscono
testimoni palestinesi nel campo profughi di Jabaliya. La
decisione della tregua di tre ore si aggiunge a quanto è
accaduto ieri dal gabinetto di sicurezza israeliano. Si è
discusso a lungo circa estensione dell’offensiva contro
Hamas nella Striscia di Gaza. In ballo, la terza fase
della guerra. Pare che l’operazione “piombo fuso”
allungherà la propria macabra ombra sulla gente
palestinese in operazioni terrestri “che allargheranno
l’offensiva penetrando avanti in zone popolate”, dicono
gli israeliani.
E mentre questa e altre atrocità costellano i balletti
politici e militari di questa guerra, pian piano la
ragnatela delle menzogne di guerra inaugurate dalla
propaganda israeliana si smaglia in più punti. Infatti l’Unrwa,
l’agenzia dell’Onu per i profughi palestinesi, ha smentito
che ci fossero miliziani palestinesi nella scuola di al
Fouknal di Jabalya, dove oltre 40 persone sono rimaste
uccise dal fuoco di mortai israeliani. E l’ospedale Shifa
smentisce che alcuni dirigenti di Hamas avrebbero trovato
rifugio nei suoi sotterranei. Ma è difficile appurare la
verità sui fatti: Israele ha bandito tutti i giornalisti
dai teatri di guerra.
Cinquecento cronisti sono asserragliati ora sulle colline
di Sredot e vedono solo colonne di fumo. Ma la forza delle
cose aggira anche la dura censura israeliana. Ad oggi il
numero dei morti è una triste progressione di numeri. Sono
680 i deceduti palestinesi e altri tremila i feriti. Una
carneficina che allarma anche il Vaticano: il Cardinale
Martino dichiara che Gaza assomiglia sempre di più ad un
lager. Intanto Obama riemerge da un lungo silenzio e
annuncia di voler prendere decisioni solo dopo il suo
insediamento alla Casa Bianca. Gaza preoccupa
necessariamente anche lui.
http://altrenotizie.org
Quest'opera è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons
Archivio Gaza, Palestina, Natale 2008
|