La strage di civili palestinesi di ieri compiuta dalle Forze
di Difesa Israeliane a Jabaliya (quaranta cittadini uccisi e oltre sessanta
feriti) ha parzialmente mosso la comunità internazionale. Il presidente egiziano
Mubarak e il premier israeliano uscente Olmert, seguendo l'iniziativa
diplomatica lanciata dal presidente francese Sarkozy, hanno annunciato di aprire
i varchi delle rispettive frontiere per consentire il trasporto di feriti verso
l'Egitto e l'ingresso nella Striscia di Gaza di aiuti umanitari (cibo, medicine,
carburante) per alleviare le sofferenze della martoriata popolazione
palestinese. Il cessate il fuoco che stanotte pareva potesse diventare una
tregua, flebile ma intanto esistente, è stato predisposto da Tsahal solo per tre
ore: dalle 13 alle 16 locali. Poi si potrà riprendere a essere colpiti e
morire. Anche Hamas nella sua resistenza di terra e nei lanci di razzi Qassam e
Grad sulle cittadine del sud d'Israele segue questa cadenza. E mentre da Damasco
un suo leader, Abu Marzouk, fa sapere che "i movimenti palestinesi
continueranno a far fronte all'aggressione israeliana" osservatori
ritengono che una futura tregua vedrà inevitabilmente d'accordo anche il gran
capo in esilio Mechal.
Fra cinismo e real politik
E' la burocratica e la cinica, ma non unica, logica con cui la ragion di stato
schiaccia la ragione di vita e continua a tenere alte le sofferenze. Parlavamo
di distacco e cinismo, è di ieri, dopo l'assordante silenzio di giorni, il primo
intervento del presidente Usa Obama sulla gravissima crisi mediorientale. Colui
a cui tutto interessa (o forse interessava in campagna elettorale) ha
manifestato solo preoccupazione per le vittime civili e ha aggiunto che entrerà
nel merito della questione dopo l'insediamento del 20 gennaio. La diplomazia
internazionale finora anch'essa latitante, si fa forte dell'unica iniziativa in
atto: quella del presidente francese Sarkozy cui s'aggiunge l'azione di Kouchner
in qualità di presidente di turno del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Ieri
l'israeliano Olmert, in una visita alle città del sud poste sotto il lancio dei
razzi di Hamas, aveva affermato al quotidiano Haaretz che il conflitto
"prima finisce, meglio è. Non ci siamo prefissati di occupare Gaza o di uccidere
tutti i terroristi. Il nostro obiettivo è di cambiare la situazione a sud con
la fine del lancio dei razzi". Stamane un più crudo realismo spinge Israele
- specie di fronte al vuoto delle proteste ufficiali internazionali tacciono o
minimizzano oltre agli Usa, Germania, Russia per non parlare dei giganti
asiatici - a non considerare conclusa l'operazione di distruzione di Hamas. I
ministri della difesa Barak e degli esteri Livni, che coi partiti Labur e Kadima
cercano fra un mese di succhiare voti al Likud di Netanyahu, puntano a portare
ai propri elettori oltre alle teste dei capi islamici finora giustiziati
l'effetto tranquillizzante della capacità militare d'Israele. La quale, pur con
un ridimensionato mito d'invincibilità, conserva l'impatto dissuasivo con cui
uccide, piega, intimorisce gli avversari palestinesi e alleati, come nelle mini
guerre vinte nei decenni passati. E' l'unica chance attuabile per il medio
periodo da parte di chi governerà a Gerusalemme, facendo leva anche sull'attuale
divisione e debolezza del fronte palestinese. La conclusione dell'operazione
Piombo fuso, che ha fatto finora 690 vittime e oltre 3000 feriti fra i gazioti e
sei vittime anche fra i militari di Tsahal (quattro per fuoco "amico"), non è
questione di ore ma neppure di settimane.
Massacri di civili ed emergenze
Massacri come quello dell'istituto dell'Unrwa - un'agenzia dell'Onu che da anni
si prende cura dei rifugiati palestinesi - un atto palesemente criminale, per il
quale l'Alto Commissario Onu per i rifugiati ha richiesto una commissione
indipendente che indaghi sull'accaduto chiedendo d'incriminare chi ha violato la
legalità internazionale, ha visto l'IDF sostenere che da quel fabbricato
venivano lanciati colpi di mortaio e che lì erano nascosti due miliziani di
Hamas. Perciò secondo la logica di Tsahal si potevano distruggere edificio e
rifugiati senza dover rendere conto ad alcun trattato. Proprio il ripetersi di
simili episodi (il direttore dell'agenzia Onu colpita, ricorda come nei giorni
scorsi altri centri delle Nazioni Unite della Striscia abbiano subìto il
medesimo trattamento seppure non macchiato da tanto sangue) sta ad indicare come
nell'uso spietato della forza che Israele rilancia per controllare la regione
non ci sarà spazio per nessun trattamento differenziato fra miliziani e
cittadini. Bambini compresi. Che a Gaza sono un terzo della popolazione e,
considerando anche i giovani attorno ai vent'anni, diventano la metà. Per ora
il risultato sulla Striscia è quello di aver inferto duri colpi alle strutture
ufficiali di Hamas con la distruzioni di caserme e centri organizzativi ma anche
di tanti servizi sociali (scuole, ospedali) che costituiscono il legame di
quest'organizzazione con la popolazione, e di quelle clandestine: i famosi
tunnel dai quali transitavano quei prodotti che l'embargo teneva oltre i
confini. In più i martellanti bombardamenti d'aria e di terra hanno raso al
suolo migliaia di abitazioni, c'è dunque un'infinità di sfollati che non sa dove
riparare. E' stato distrutto l'acquedotto - altro che bombardamenti chirurgici -
cosicché un milione e mezzo di persone non ha più acqua corrente, come pure
tante zone sono al buio perché l'elettricità è indisponibile. Ne risulta
un'emergenza umanitaria ben più grave di quella che le associazioni non
governative denunciavano mesi or sono. Il sentimento diffuso di punizione
collettiva, oltre ai lutti familiari e di popolo che la comunità della Striscia
sta subendo, per ora non sembra aver provocato quel distacco della gente da
Hamas che Israele sperava. La disperazione avvicina e cementa e non c'è traccia
di defezioni o rivelazioni-delazioni nelle quali i duri alla Ashkenazi miravano
coi volantini discesi dal cielo insieme alle bombe, recanti il numero telefonico
di Tsahal cui chiamare per indicare i rifugi dei miliziani verdi.
Piani futuri
Dopo un auspicabile e stabile cessate il fuoco è attesa l'applicazione della
cosiddetta Philadelphi road, discussa nelle ultime settimane fra
mediatori egiziani e americani, che dovrebbe prevedere la riapertura del valico
di Rafah dal quale la polizia di frontiera egiziana dovrà controllare che non
entrino armi verso la Striscia. Hamas proponeva che anche propri uomini
facessero parte del gruppo di controllo ma per ora l'ipotesi è sospesa.
Naturalmente dovrebbero essere resi inaccessibili i tunnel del contrabbando che
non sono crollati sotto i bombardamenti degli F 16. Dovrebbero, il condizionale
nel dramma e nell'instabilità di quei luoghi è ancora d'obbligo.
Enrico Campofreda - aprileonline
http://www.canisciolti.info
http://www.aprileonline.info
Archivio Gaza, Palestina, Natale 2008
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