Operazione
militare “Piombo fuso” su Gaza, ottavo
giorno. Dopo i raid dell’aviazione
israeliana e il martellante e distruttivo
bombardamento dei cannoni Howitzer, i
carri armati Merkava varcano il confine e
la guerra entra nella seconda fase. Le
truppe di terra penetrano dal confine
settentrionale della Striscia: due i punti
di ingresso, nei pressi di Beit Lahiya,
proprio dove nel pomeriggio l'artiglieria
pesante aveva colpito duro, distruggendo
una moschea piena di fedeli. L'operazione
prende il via alle 20:00, ora locale,
proprio mentre con un comunicato lo Stato
maggiore informa che l'obiettivo
dell'incursione è prendere il controllo
delle aree dalle quali Hamas effettua il
lancio di razzi sul Neveg . Mentre i
miliziani palestinesi cercano di
rispondere all'invasione con un fuoco di
sbarramento e con l'uso di mortai, sei i
colpi sparati in serata, le truppe del
Tsahal (Esercito di Difesa di Israele)
avanzano appoggiate da elicotteri da
combattimento e in poche ore assunto il
controllo di alcune rampe di lancio dei
razzi Qassam.
Secondo quanto riportato dal quotidiano on
line Haaretz, l'artiglieria ha
aperto il fuoco alle 16:30 e, su
indicazione del Mossad, ha colpito la
moschea di Beit Lahiya, identificata come
deposito di armi e munizioni e il campo
profughi di Jabalyah, dove sono state
distrutte alcune rampe di lancio
utilizzate dalla Jihad Islamica. In serata
Gaza ha subito un intenso bombardamento
navale e circa 30 miliziani sarebbero
morti; un compound della Jihad sarebbe
stato centrato da una cannonata sparata
dalla marina militare israeliana. Poche
ore prima erano stati uccisi Abu Zakaria
al-Jamal, importante leader delle Brigate
al Qassam, l'ala militare di Hamas, e
Mohammed Maaruf, comandante del movimento
inslamico colpito mentre viaggiava su
un'auto a Khan Yunis.
L'operazione “Piombo fuso” inizia il 27
dicembre: Israele lancia un'offensiva
aerea sulla Striscia di Gaza nella quale
vengono colpiti il porto, il commissariato
di Elgewzet (intorno al quale sorgono
almeno tre scuole e l'università), le
caserme, gli arsenali bellici e le basi di
addestramento dei miliziani. L'attacco è
di un'intensità senza precedenti: muoiono
almeno 230 palestinesi, in gran parte
poliziotti di Hamas ma anche molti civili.
Il giorno dopo vengono bombardati i tunnel
che collegano Rafah al Sinai e
l'università di Gaza, dove il Mossad
sospetta vengano assembrati i razzi Qassam
e i micidiali Grad da 122 mm. Il 29
dicembre l'esercito ha già ammassato circa
novemila soldati e centinai di carri
armati nelle vicinanze dei principali
valichi; i raid aerei non si fermano e
Hamas risponde intensificando i tiri di
razzi sui centri abitati del sud di
Israele. Lungo la Striscia si contano
quasi 300 vittime; quattro gli israeliani.
Il 30 dicembre il Tsahal è pronto per
un’operazione di terra; mobilitati 6500
riservisti. Continuano i bombardamenti:
colpiti i ministeri, un edificio del
Parlamento e le abitazioni dei dirigenti
di Hamas.
Insieme ad altre 17 persone, fra cui
quattro mogli e dieci figli, viene ucciso
uno dei principali capi del movimento,
Nizar Rayan. Il 31 dicembre una
motovedetta della Marina israeliana
sperona e danneggia gravemente la barca
del movimento pacifista internazionale
“The Free Gaza Movement”. La Dignity,
partita dal porto cipriota di Larnaca,
viene fermata mentre si trova in acque
internazionali a largo di Haifa. Carica di
aiuti umanitari, è costretta a far rotta
verso il Libano. Il 2 gennaio Israele
permette agli stranieri di lasciare la
Striscia; il 3 gennaio i caccia effettuano
almeno 40 incursioni mentre dal mare i
cannoni delle unità della Marina
bersagliano Gaza; nel pomeriggio iniziano
i tiri dell'artiglieria che a Beit Lahiya
colpisce una moschea piena di fedeli. Sono
più di 460 i palestinesi morti in otto
giorni di guerra e circa 2.300 i feriti.
Alle 20:00 prende il via l'operazione di
terra: i tank e la fanteria invadono la
zona settentrionale della Striscia; in
serata l'esercito israeliano bombarda un
deposito di petrolio a Beit Lahiya,
provocando un incendio di vaste
proporzioni. Per paura che dal mare
arrivino armi e munizioni, il ministro
della Difesa Ehud Barak ordina il blocco
navale di Gaza: per 20 miglia nautiche
dalla costa non possono transitare
imbarcazioni. Nelle stesse ore il
Parlamento richiama 30 mila riservisti che
si vanno ad aggiungere ai 6500 gia
operativi. L'intenzione è quella di
rafforzare il confine con il Libano; viene
dichiarato lo stato d'allerta nel Nord del
Paese.
Gli scontri a Gaza non sembrano destinati
a fermarsi e il ministro della difesa
israeliano Ehud Barak ha già detto che
l'offensiva di terra nella Striscia “non
sarà né facile né breve”. Nonostante la
schiacciante superiorità tecnica i
problemi non mancano: Hamas, che cercherà
di trasformare lo scontro in guerriglia
urbana e colpire le truppe israeliane
durante la notte, è avvantaggiata dal
fatto che nella Striscia risiede quasi un
milione e mezzo di civili e sotto l’occhio
attento dei media per le truppe dello
Stato ebraico non sarà facile stanare i
miliziani. Per Tsahal in campo aperto la
minaccia rimane invece limitata: Hamas ha
a disposizione un sistema anti-tank che
risale ai primi anni Sessanta, il lancia
missile di fabbricazione sovietica Phagot
9K-111. C’è poi da considerare il fatto
che dei 15000 militanti che formano l’ala
armata del movimento (in gran parte forze
di polizia e giovani volontari di età che
varia tra i 15 e i 16 anni), solo 1500
sono addestrati all’uso di questi sistemi
d’arma. L’arsenale a disposizione di Hamas
comprende i Qassam da 90 e 115 mm, che
hanno un range di poso inferiore ai 20
chilometri e un numero limitato di mortai
da 120 mm e Grad da 122 mm.
Dopo aver occupato Jebalya, Beit Hanoun e
Beit Lahiya, località identificate come
principali centri di lancio dei razzi
Qassam e dei missili Grad, gli israeliani
potrebbero proseguire l’invasione
occupando le zone meridionali ed orientali
della Striscia. Con la tacita approvazione
del Cairo, i tank israeliani avanzerebbero
lungo il corridoio che divide la Striscia
di Gaza dall’Egitto, la Philadelphi root;
oltrepassato il valico di Rafah, e
contemporaneamente quello più orientale di
Sufa, percorrerebbero Salahhadin road fino
a Bani Suhaylah e Khan Younis, tagliando
fuori l’aeroporto internazionale e tutta
la zona costiera fino a Gaza Beaches;
toccherebbe poi al valico di Kassufim, dal
quale sarebbe possibile raggiungere le
località di Dayr al Balah e Al Burayj, e
al valico di Karni, da dove verrebbero
occupati i campi profughi di Moazi e El
Bureij e conclusa la manovra di
accerchiamento di Gaza. Tra tregue ed
interventi umanitari a favore dei civili,
ostaggi essi stessi dell’assedio e degli
assediati, i combattimenti potrebbero
durare settimane: basti ricordare Shaker
al-Absi e ai terroristi di Fatah al-Islam
che, asserragliati a Nahr al-Bared, uno
dei 12 campi profughi palestinesi che
sorge a nord di Tripoli, hanno resistito
quasi due mesi all’esercito libanese prima
di arrendersi.
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Archivio Gaza, Palestina, Natale 2008
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