E' da qualche tempo che imperversa nel Paese una certa vulgata che pretende di "costruire" una memoria di parte. Espressione massima di questa vulgata e' stata l'istituzione di una giornata della memoria dedicata ai tragici eventi delle foibe.
A onor del vero bisogna dire che gli eventi che si vogliono ricordare con questa giornata della memoria sono stati effettivamente tragici. Ma la memoria, per radicarsi in una comunita' e diventare patrimonio comune ha bisogno di indagini storiche e di ricostruzioni obbiettive dei fatti. Fatti che devono per forza di cose essere inquadrati in quello scenario tragico di eventi che fu la seconda guerra mondiale. Con questo non si vuole assolutamente giustificare i massacri e le violenze che sconvolsero quelle terre 60 anni fa ad opera delle truppe jugoslave e dei partigiani titini. Ma visto che si e' voluta istituire, con apposita legge dello Stato, una giornata della memoria, allora e' il caso che la memoria ripercorra anche il resto della storia precedente, di cui le foibe e l'esodo delle popolazioni italiane non furono che la tragica conclusione.
Questa operazione di ricostruzione della memoria e' tanto piu' opportuna dopo le forti parole pronunciate dal Presidente Napolitano in occasione del 10 febbraio. Il Presidente della Repubblica non si e' limitato, infatti, ad esprimere la condanna per gli autori di quei massacri e compassione per le vittime ed i loro parenti; nel suo discorso egli ha parlato esplicitamente di "disegno annessionistico slavo" e di "pulizia etnica". Parole che ovviamente hanno provocato l'irata risposta del Presidente della Repubblica croata. Allora, buon senso vorrebbe che chi addebita ad altri la responsabilita' di "disegni annessionistici" e di "pulizie etniche" abbia pero' compiuto un minimo di riflessione sulle PROPRIE responsabilita' nelle cause che determinarono la nascita del fascismo e del totalitarismo e, a seguire, la seconda guerra mondiale.
Riguardo alla pulizia etnica, se proprio si deve essere sinceri, basterebbe andare a rileggersi quelle tristi parole pronunciate da Mussolini nel 1920: "Di fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell'Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani". Ma per ricordare qual'era il clima di quegli anni, vale la pena rileggersi l'intervista che il prof. Predrag Matvejevic ha concesso all'Unita' il 13 febbraio 2007. Ricorda Matvejevic che nel '28 il ministro Giulio Italico arrivo' ad affermare che "Colui che non accetta l'italianita' dell'Istria e della Dalmazia finira' nelle foibe". Da queste parole sembra che, forse, il brevetto per gli infoibamenti spetta a qualcun altro, e non ai partigiani titini.
Il fascismo comunque alle parole fece seguire i fatti. Fatti che culminarono con l'aggressione alla Jugoslavia nel 1941 e l'occupazione del territorio jugoslavo da parte delle forze dell'Asse, in primis Tedeschi e Italiani. Il costo pagato in termini di vittime civili dalla Jugoslavia fu enorme. Ma nell'opera di repressione, di deportazione delle popolazioni sfollate, di rappresaglie, un posto di merito spetta alle milizia fasciste italiane. I proclami sanguinari dei generali Robotti e Roatta ("Si ammazza troppo poco") furono seguiti da operazioni militari contro villaggi e citta', esecuzioni sommarie di centinaia di persone senza uno straccio di processo, deportazioni dei profughi nei campi di concentramento dove si moriva per inedia e stenti.
I responsabili di quei crimini, e cioe' i gerarchi fascisti che amministravano quelle zone ed i comandanti militari, in primo luogo Roatta e Robotti, non hanno mai pagato i loro conti con la storia e con la giustizia. Neanche con la giustizia dei vincitori, come accadde invece per i criminali nazisti a Norimberga. La "mancata Norimberga italiana", come qualcuno l'ha definita, ha contribuito non poco alla mancanza di quella memoria condivisa, da molti auspicata ma mai praticata nei fatti.
Come per le foibe, anche sui crimini di guerra italiani scese una cappa di silenzio. E' su questa "rimozione" che ci aspettavamo un intervento forte da parte del Presidente della Repubblica, Napolitano. Anche i Tedeschi, che hanno avuto il processo di Norimberga, ma non solo, hanno fatto i conti col loro passato ed il Presidente della Repubblica Tedesca, Rau, nel 2002 arrivo' a chiedere perdono per l'eccidio di Marzabotto. In Italia questa operazione non e' mai stata possibile. Nessun presidente della Repubblica, Italiana, e' mai andato a chiedere scusa ai Libici, ai Croati, agli Sloveni, ai Greci. Prima c'era la scusa della "guerra fredda" e del ruolo dell'Italia come portaerei del Mediterraneo. Ma adesso? Quale altra scusa si puo' accampare?
Infine non si dovrebbero dimenticare le responsabilita' (dirette o indirette, motivate politicamente o dovute a desideri di vendetta personale) di quei militanti comunisti italiani che collaborarono alla realizzazione delle foibe o si resero responsabili di fatti come quelli di Porzus. Anche costoro non sono stati processati che in rarissimi casi.
Allora il 10 febbraio divenga, come dice giustamente Renzo Nicolini a Osservatoriobalcani, una giornata DELLE MEMORIE e non della memoria. Solo cosi' si potra' cominciare ad intraprendere quel percorso di metabolizzazione e di riflessione sull'autoritarismo italiano che portera' ad evitare che simili sciagure abbiano a ripetersi.
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Archivio Giornata del Ricordo delle Foibe
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