Il Dossier Mitrokhin, prende il nome da
Vasili Nikitich Mitrokhin, un ex archivista del
KGB in pensione. Con
questo termine si fa riferimento ad una parte del corposo
Archivio Mitrokhin, residente in
Gran
Bretagna. È formato da 645 schede, denominate originariamente «Impedian»,
redatte dall'MI6, il
servizio segreto inglese, sulla base delle note manoscritte che l'ex archivista
copiò da documenti segreti del
KGB.
Le 261 schede che vennero consegnate al SISMI a partire dal
1995 al
1999 corrispondono
a un arco temporale che va dal 1917 al 1984, anno in cui Mitrokhin andò in
pensione.
Il dibattito politico
Numerosi parlamentari di centro-destra hanno lamentato come prima del 2002 il
materiale contenuto nel Dossier fosse stato occultato o sottovalutato. A riprova
di questo, viene citato il fatto che il Regno Unito si offrì di portare lo
stesso
Vasilij Mitrokhin direttamente in Italia per essere ascoltato dai nostri
servizi segreti, ma l'offerta, pur ripetuta tre volte, non fu accolta; che nel
periodo precedente la costituzione della Commissione d'Inchiesta non vennero
svolte effettive indagini, ma solo ricerche d'archivio; che non venne completata
la traduzione di tutte le schede, per esempio, quella contenente il glossario
usato dai sovietici per classificare i contatti, le spie e gli agenti. Il
governo D'Alema presentò un disegno di legge per l'istituzione di una
commissione d'inchiesta riguardante il dossier Mitrokhin, il disegno decadde, ma
venne ripreso e approvato nella XIV legislatura.
Da parte degli ex-leader del
PCI e dei
parlamentari di centro-sinistra si afferma come il dossier sia stato utilizzato
in maniera strumentale (soprattutto nei periodi di campagna elettorale), che i
fatti, basati su trascrizioni di appunti e non su documenti ufficiali, non sono
provati. Molti hanno fatto notare come nel periodo che ha preceduto il crollo
del muro di Berlino non solo da parte del
KGB, ma anche e
sopratutto da parte della
CIA, ci siano state grosse interferenze, movimenti di denaro e fatti da
considerare potenzialmente eversivi.
L'operato della rete clandestina del KGB in
Italia
Dal Dossier Mitrokhin emergono informazioni riguardanti l'esistenza in Italia
di basi radio sparse sul territorio e difese da attigui depositi di armi.
Queste, secondo la relazione di maggioranza, sarebbero dovute servire al KGB per
organizzare e mantenere in Italia una rete clandestina di agenti da attivare se
si fossero verificate certe condizioni.
I collaboratori italiani e i loro compiti
Il KGB creò sul territorio italiano dei nuclei destinati ad eseguire alcuni
compiti:
- l'individuazione e l’installazione di dispostivi speciali in nascondigli
vicini agli obiettivi;
- il procacciamento di esemplari di uniformi militari italiane, gradi, kit
da cucito, con l'evidente scopo di riprodurli per fini di spionaggio (scheda
159);
- la creazione di gruppi di sabotaggio (scheda 156);
- l'attivazione di operazioni speciali in tempo di pace contro due o tre
obiettivi principali dell'avversario (scheda 156);
- l'utilizzazione degli immobili di agenti del KGB come nascondigli di
apparecchiature di grosse dimensioni (scheda 157).
Quanto all'identità delle spie italiane ingaggiate dai sovietici, il KGB
strinse rapporti soprattutto con pubblici ufficiali. Ecco un elenco. Avvertenza:
i ruoli e le azioni svolte sono state trascritti al condizionale ("avrebbe
passato documenti", ecc.), molti di quei ruoli, all'arrivo del dossier, erano
già noti da tempo ai servizi (come affermato da diversi responsabili dei servizi
stessi durante le audizioni alla commissione Mitrokhin), altri riguardavano
fatti che non costituivano nessun tipo di reato o illecito o erano già caduti in
prescrizione, per altri ancora i responsabili erano nel frattempo morti, in
alcuni casi l'identificazione tra il nome in codice e la persona non era
tuttavia sicura. Nonostante le numerose richieste né i servizi, né la
magistratura, né la commissione hanno avuto accesso alle copie delle
trascrizioni originali di Mitrokhin (tranne in un caso), ma solo ai report
riassunti forniti dai servizi inglesi, e questo ha posto problemi anche di
verificabilità delle fonti (secondo la relazione di minoranza della commissione
alcune delle informazioni contenute nei report consegnati al SISMI differivano
rispetto a quanto Mitrokhin poi scrisse nei suoi libri).
- Carlo Fortunati, quando lavorava alla cifratura presso l’Ambasciata
italiana a Mosca (scheda 1);
- Bonifacio Pansini - console onorario austriaco a Bari (scheda 2);
- Angelo Travaglini - funzionario del Ministero degli Esteri e segretario
dell'Ambasciata italiana in Camerun (scheda 11);
- Mario Colombo - addetto all'Ambasciata italiana di
Sofia e poi al
Consolato italiano di
Saarbrucken (ex
Repubblica Federale Tedesca), che da Sofia avrebbe passato messaggi
cifrati al KGB e sottratto documenti all'Ambasciata e dalla città tedesca
sarebbe stato "coltivato" dai servizi bulgari;
- Corrado Mancioni - addetto al Dipartimento NATO del Ministero degli Affari
esteri, che avrebbe dovuto collocare microspie in tale ufficio, oltre che
nella villa di Ginevra occupata dalla delegazione italiana per la conferenza
CSCE sul disarmo
(scheda 49);
- Giuseppe De Michelis di Slonghello - funzionario del Dipartimento politico
del Ministero degli Esteri (scheda 54);
- "Petrov" - ufficiale della Marina che avrebbe collaborato spontaneamente
col KGB, e che nel 1983 avrebbe fornito materiale concernente la NATO ed altro
(scheda 78);
- "Vittorio" - addetto all'Istituto per la Relazioni culturali tra Italia e
Messico, che sarebbe stato addestrato dal KGB con l'intenzione di inviarlo in
Cina sotto gli auspici del Ministero degli Esteri (scheda 82);
- Fernando Rizzo – funzionario del Ministero dell'Interno, che sarebbe stato
avvicinato dallo spionaggio polacco e successivamente reclutato dal KGB
(scheda 91);
- "Suza" e "Venetsianka", due sorelle italiane al servizio del KGB, la prima
avrebbe lavorato alle dipendenze del Ministero degli Affari esteri e poi
sarebbe divenuta collaboratrice del consigliere diplomatico Lucioli, con
accesso ai documenti che Lucioli riceveva dal Ministero degli Esteri e dagli
ambasciatori italiani; la seconda avrebbe fatto parte dell'Ambasciata italiana
in Francia e poi nella Repubblica Federale Tedesca (scheda 137); Suza dovrebbe
essere Maria Collavo;
- "Graf" - l'agente del KGB appartenente al Consolato italiano a
Le Havre
(scheda 148);
- Mario Babic – generale, addetto aeronautico presso l'Ambasciata a Mosca.
Sarebbe stato costretto a collaborare col KGB mediante una reazione inscenata
da parte di un ufficiale che si sarebbe spacciato per il marito di una donna
russa con cui Babic conviveva, e che avrebbe minacciato di comprometterlo
adducendo anche un falso aborto. Poi Babic si sarebbe pentito della
collaborazione, chiedendo la distruzione del documento da cui risultava il suo
intrappolamento. Ma sarebbe stato nuovamente raggirato, in quanto gli sarebbe
stata consegnata una copia del documento con cui si impegnava a collaborare,
fatta passare per originale: egli non se ne sarebbe accorto (scheda 149): e,
come risulta dalla scheda 152, rientrava nei sistemi del KGB per "indurre o
forzare un individuo a collaborare minacciando di rivelare le sue
vulnerabilità", peraltro, in questo caso, sulla base di fatti falsamente ed
artatamente costruiti;
- "Demid" (agente reclutatore), "Kvestor" (cifratore) e "Tsenzor"
(funzionario dell'ufficio radio) - funzionari del Ministero degli Esteri che
sarebbero stati usati per ottenere chiavi criptate del Ministero degli Esteri
e del Ministero dell'Interno, informazioni sui movimenti delle flotte NATO nei
porti italiani, informazioni sui controlli esercitati sul PCI con sottrazione
di documenti segreti dalle casseforti del capo del Controspionaggio del
Ministero dell'Interno;
- "Tibr" - dipendente del Ministero dell'Interno che avrebbe fornito
informazioni sulla NATO e che sarebbe stato addestrato come operatore radio
per operare in una sede illegale;
- "Kapa" - segretario steno-dattilografo, anch'egli in servizio al Ministero
dell'Interno (scheda 165).
- Gianluigi Pasquineili - segretario dell'Ambasciata italiana a Berna,
"ripagato con costose ricompense" (scheda 3);
- "Polatov" - vice addetto navale all’Ambasciata italiana a Mosca e
ufficiale dei SIOS,
"reclutato" (e quindi, retribuito) dal Secondo Dittatoriato Generale del KGB.
Dietro questo nome in codice si nasconde presumibilmente Armando Vigilano
(scheda 9);
- Ermanno Squadrilli - funzionario del Ministero degli Esteri, "reclutato"
dalla Residentura del KGB a Roma (scheda 10);
- Giuseppe Planchenti - addetto all’Ambasciata italiana di Mosca, avvicinato
dal KGB. Una agente avrebbe finto di innamorarsi di lui convincendolo ad
avviare un rapporto di convivenza. La donna avrebbe quindi simulato una
gravidanza ed un aborto, costringendo Planchenti a rendersi disponibile al
KGB. Planchenti avrebbe fornito dettagli sulle strutture e sulle misure di
sicurezza dell'Ambasciata italiana, ritratti a penna di appartenenti ad essa,
indicazioni sugli appartenenti ai Servizi speciali (scheda 17);
- Enrico Aillaud - consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio dei
Ministri, poi capo del Gabinetto di
Amintore Fanfani e, successivamente, ambasciatore italiano in
Cecoslovacchia, Polonia, Austria e DDR. Sarebbe stato reclutato dai servizi
cecoslovacchi ricattandolo per una relazione con una donna di facili costumi e
per speculazioni monetarie. Avrebbe fornito informazioni circa la NATO, la
CEE, la Cina e membri dei corpi diplomatici a Mosca. Sarebbe stato
ricompensato con preziosi regali e con battute di caccia a Mosca (scheda 21);
- Giovanni De Luca - funzionario del Ministero per il Commercio estero, il
quale, trovandosi in difficoltà economiche, sarebbe stato aiutato da un
emissario italiano del KGB ad ottenere mansioni meglio retribuite nella
Segreteria del Ministro, e sarebbe stato poi coinvolto nella preparazione del
materiale per l'agenzia
ADN
Kronos, con una retribuzione di 50.000 lire, per cui avrebbe passato
documenti segreti al KGB (scheda 33);
- "Enero", non identificato - funzionario del Ministro degli affari Esteri,
indicato come agente del Secondo Direttorato Generale del KGB (scheda 41);
- Francesco Virdia - ufficiale cifratore del Ministero degli Affari esteri,
dove sarebbe stato assegnato da un appartenente al KGB, che gli avrebbe fatto
regali valutabili ciascuno fino alle 20.000 lire, e poi (dal 1952) gli avrebbe
fatto corrispondere uno stipendio mensile di lire 10.000, elevate poi a lire
15.000. Nella scheda si parla di telegrammi cifrati che Virdia avrebbe
comunicato al KGB prima oralmente, poi trasmettendone copia. Nel 1953 avrebbe
fornito, dietro compenso di lire 100.000, i codici cifrati adoperati dalle
Prefetture, dai Carabinieri, dalle Missioni italiane all'estero e dallo Stato
Maggiore (SIFAR),
il codice DANTE usato per le reti interne italiane, e, per il 1964, il codice
ROMA (scheda 53);
- "Denis" - ufficiale cifratore della Residentura dello spionaggio italiano
in Libano, "manipolato" e "reclutato" dal KGB nel 1961 (scheda 71);
- Mario Prezioso - impiegato presso l'Ufficio anagrafe di Villanova (vicino
Roma), il quale - previe ricompense - avrebbe fornito allo spionaggio bulgaro
(che fungeva da tramite per il KGB) informazioni sugli abitanti del distretto
che si recavano all'estero (scheda 76);
- Velia Fratelli - dattilografa del Dipartimento Stampa del Ministero degli
Esteri, "reclutata" dal KGB (scheda 139);
- "Topo" - altra dattilografa del Ministero degli Esteri, reclutata dal KGB
e in diretto contatto con la Residentura romana, cui per 15 anni avrebbe
fornito "informazioni documentarie" (scheda 140);
- "Inga" - anch’essa dattilografa del Ministero degli Esteri, reclutata dal
KGB, cui nel 1971 sarebbe stata amputata una gamba, elemento determinante per
la sua identificazione (scheda 141);
- Luciano Raimondi - addetto culturale presso l'Ambasciata italiana in
Messico, di nota fede comunista, reclutato dal KGB (scheda 150);
- Libero Rovaglio - funzionario del Ministero degli Esteri, tramite il KGB
sarebbe stato reclutato dai Servizi albanesi. Poi avrebbe fornito al KGB
codici, cifrari, documenti e copie provenienti dall'Ambasciata italiana,
circolari segrete ed istruzioni del Ministero della Difesa e di quello degli
Esteri (scheda 178);
- Giorgio Conforto - già dipendente del Ministero degli Esteri, il quale
avrebbe reclutato "Topo", "Inga", "Suza" e "Venetsianka". Nel 1968 sarebbe
stato "congelato" dal KGB e gli sarebbe stata assegnata una pensione a vita di
180 rubli. Nel 1975, a ricompensa di 40 anni di collaborazione con il KGB,
egli e la moglie furono insigniti dell'Ordine
della Stella Rossa. Nel 1979 la di lui figlia Giuliana fu arrestata con
due terroristi delle
Brigate Rosse (Valerio
Morucci e
Adriana Faranda), cui aveva offerto ospitalità, e nella casa fu ritrovata
una mitraglietta dello stesso tipo di quella impiegata per uccidere
Aldo Moro.
La stessa scheda (scheda 142) tuttavia afferma che "La donna aveva funto da
custode di un appartamento adoperato dai terroristi e, come si chiarì in
seguito, era stata usata a sua insaputa. Conforto non sapeva del legame di sua
figlia con i terroristi e si trovava nell'appartamento della figlia quando
questa venne arrestata insieme alle altre due terroriste.", negando quindi
un loro coinvogimento con le BR. Proprio a causa di questi avvenimenti
Conforto fu nuovamente "congelato" nel timore che eventuali indagini relative
all'arresto della figlia si estendessero anche a lui.
- Italo Papini - funzionario del Ministero degli Affari esteri accreditato
all'Ambasciata italiana a Mosca. Era sposato con una cittadina sovietica. A
Mosca gli sarebbe stato teso un tranello, in quanto sarebbe stato attirato in
una relazione segreta da una donna agente del KGB ed i loro incontri sessuali
sarebbero stati fotografati. Un altro agente avrebbe strumentalizzato tale
relazione, inventando il fatto che la donna, rimasta incinta, era stata
operata ed era rimasta invalida ed i suoi parenti erano intenzionati a
rivolgersi all'Ambasciata italiana. Avrebbe aggiunto che vi erano altre
fotografie che riproducevano rapporti sessuali di Papini con una sua
domestica, anch'essa sovietica. Sarebbe stato così costretto a fare
l'informatore del KGB, ed avrebbe parlato di manipolazioni finanziarie
dell'Ambasciata italiana (rubli contrabbandati all'estero). Poi avrebbe
collaborato con il KGB dall'Italia, venendo retribuito con 500 dollari (scheda
173);
- Vincenzo Marazzuita ("Metsenat") - prefetto con incarico importante presso
la Presidenza del Consiglio, indicato come agente del KGB, che sarebbe stato
retribuito con 170 rubli mensili, e pensionato nel 1980 con una liquidazione
di 1.500 dollari. Strelkov Vladimir Evgenijevic, interprete russo della lingua
italiana che lavorava per il KGB, in un interrogatorio ha dichiarato che
Marazzuita veniva retribuito con 40-60.000 lire mensili per le informazioni
fornite (scheda 214).
Inoltre, tre rappresentanti del
PCI sarebbero stati
in Unione Sovietica rispettivamente come istruttore radio e cifratura, come
specialista nella disinformazione e come esperto nella produzione di documenti
falsi (scheda 79). Risulta poi l'addestramento e l'uso di "illegali" per
l'individuazione in Italia di luoghi adatti per i movimenti di resistenza, di
punti sensibili negli oleodotti, o per azioni speciali contro ferrovie e
autostrade, oppure per sbarchi marittimi, e dei siti di atterraggio (scheda
118).
Tra le spie sovietiche vi era anche la categoria dei giornalisti italiani
"coltivati" tra cui:
- Giuliano Zincone, Corrispondente del
Corriere della Sera, e, secondo la fonte, collegato al gruppo di sinistra
de Il
manifesto (scheda 4);
- Sandro Viola, corrispondente de
la
Repubblica (scheda 5);
- Luigi Fossati, vice capo redattore de
Il
Messaggero, che avrebbe fornito al KGB informazioni su diplomatici (scheda
6);
- Giorgio Girardet, redattore capo del giornale "Nuovi Tempi", che nel 1997
avrebbe ricevuto una retribuzione mensile di 150 rubli quale reclutato dalla
Residentura del KGB a Roma (scheda 13);
- "Podvizhnij", giornalista italiano non identificato, direttore di una
"importante rivista" e Corrispondente de
Il Tempo
e de "L'Automobile", che sarebbe stato retribuito con un stipendio mensile di
240 rubli, e che sarebbe stato informatore del KGB su un Consigliere
dell'Ambasciata albanese in Italia e sull'Ambasciatore stesso (scheda 16);
- Francesco Gozzano, direttore del Dipartimento internazionale dell'Avanti,
agente della Residentura del KGB a Roma, che sarebbe stato retribuito con un
salario mensile di 240 rubli (scheda 23);
- Franco Leonori, direttore dell'agenzia di stampa cattolica di sinistra "Adista",
avrebbe ricevuto dal KGB un salario mensile di 170 rubli (scheda 27);
- Gianni Corbi, redattore capo del settimanale
L'Espresso, che dal 1962 sarebbe stato finanziato dal KGB (scheda 35);
- Alberto Cavalari, direttore dell'ufficio di Roma del settimanale
L'Europeo,
indicato come in contatto confidenziale con la Residentura di Roma del KGB
(scheda 36);
- Angelo Padovan, redattore de
Il Popolo
per la politica estera, indicato come contatto segreto della Residentura del
KGB a Roma (scheda 51);
- "Oston", agente del KGB e redattore del quotidiano "Politica nuova"
(scheda 75);
- Giorgio Bonelli, indicato come gestito dal Dipartimento 1 del Direttorato
5, che si sarebbe occupato dei "viaggiatori illegali" (scheda 154).
Inoltre la Residentura romana del KGB avrebbe avuto rapporti con le seguenti
riviste e giornali: "Tempo", "Paese Sera", "Sette Giorni", "L'Europa Domani",
"L'Astrolabio" e "Scena Illustrata", tutti classificati con nomi in codice
(scheda 146).
I finanziamenti al PCI, al PSIUP e al
Partito Comunista di San Marino
La scheda numero 122 riporta l'elenco dei supposti finanziamenti sovietici al
PCI tra gli anni 1970
e il 1977. La
scheda informa che, in quel periodo, la cellula del KGB di Roma avrebbe
consegnato al PCI le seguenti somme: per il
1971, 1.600.000
dollari; nel 1972
5,2 milioni ; nel 1974
furono consegnati a febbraio 3 milioni ed entro maggio altri 6 milioni di
dollari, incluso un milione di dollari in più (Cossutta aveva chiesto il
rimanente anticipo di 500.000 dollari); per il
1976 5,5 milioni,
più un altro milione consegnato successivamente; infine nel 1977 1 milione.
La scheda numero 126 riporta l'elenco dei supposti finanziamenti sovietici al
PSIUP tra gli anni 1969 e '72: 900.000 dollari nel
1969 e nel
1970, 825.000
dollari nel 1971,
1.050.000 dollari nel
1972 (di cui 600.000 per la campagna elettorale).
La scheda numero 125 riporta l'elenco dei supposti finanziamenti sovietici al
Partito Comunista di
San Marino
tra gli anni 1970 e
il 1977: 25.000
dollari nel 1970,
20.000 dollari nel 1971,
25.000 dollari nel 1974
e 30.000 dollari nel
1977.
Gli attriti tra la dirigenza del PCI e il
PCUS
Nelle schede 130, 131, 145 e 192 viene evidenziato come il PCUS non
condividesse alcune scelte del PCI e di
Enrico Berlinguer ("contatti tra rappresentanti del PCI e rappresentanti
USA; la posizione del PCI sull'appartenenza dell'Italia alla NATO; tolleranza
della aggressività politica di Israele; Tentativi di sviluppare contatti con il
Partito Comunista Cinese; supporto al Governo italiano; polemiche con il PCUS su
questioni di religione, dissidenza,eventi in Cecoslovacchia ed altri argomenti")
e come quindi il PCUS dovesse spesso esercitare pressioni sul PCI e il KGB
stesse di conseguenza preparando dei documenti e delle false notizie per cercare
di compromettere Berlinguer stesso.
La commissione parlamentare
Nel 2002 fu
istituita una commissione parlamentare di inchiesta, riprendendo un disegno di
legge del governo
D'Alema della precedente legislatura, per verificare le affermazioni
contenute nel dossier, specialmente quelle riguardanti l'attività spionistica
svolta dal KGB sul territorio nazionale e le eventuali implicazioni e
responsabilità di natura politica o amministrativa. Presidente della commissione
fu nominato
Paolo Guzzanti di
Forza
Italia.
Guzzanti reperì copie di fascicoli segreti anche in Germania e Ungheria.
Dall'insieme dei documenti esaminati emerse come fin dagli anni '50 il KGB
pagasse degli informatori, reclutati anche tra i funzionari del PCI. Il nome più
importante che compare nel dossier è quello di
Armando Cossutta, l'attuale presidente del
PDCI.
Emergono innanzitutto i piani di invasione dell'Italia da parte dell'URSS,
risalenti agli anni '50, ma rimasti in vigore fino a tutti gli anni '80, che
nelle loro linee generali erano tuttavia già noti da tempo alle forze
NATO. Le forze
sovietiche sarebbero dovute entrare dal
Brennero, segno, secondo parte della commissione, che avrebbero ricevuto
aiuti da quinte colonne italiane.
Alla commissione parlamentare d'inchiesta sul Dossier Mitrokhin presero parte
i seguenti senatori:
Guzzanti (presidente), Meleo e Zancan (segretari),
Andreotti,
Bettamio, Cavallaro,
Ciccanti, Dato, Falcier, Garraffa, Gasbarri, Lauro, Maconi, Malan, Marino,
Mugnai, Nieddu, Pace, Stiffoni e Ulivi.
E i seguenti deputati: Mangiello e Papini (vicepresidenti), Adornato,
Albonetti, Bielli, Carboni,
Cicchitto,
Diliberto, Duilio, Fallica, Fragalà, Gamba, Giordano, Lezza, Menia, Molinari,
Napoli Osvaldo, Quartiani, Saponara e Stucchi.
Il 16 dicembre 2004, vengono rese pubbliche le relazioni finali, scaricabili
dal sito internet del
Parlamento Italiano.
Nel novembre 2006 esplode il caso legato all'attività di
Mario Scaramella, consulente della commissione e legato a sua volta all'ex
agente segreto del KGB
Aleksandr Litvinenko, avvelenato nello stesso mese da una dose letale di
Polonio 210 a
Londra e morto in pochi giorni per le conseguenze dell'avvelenamento. L'attività
di Scaramella sarebbe stata volta a produrre vario materiale allo scopo di
screditare
Romano
Prodi ed altre personalità del centro-sinistra, soprattutto in vista delle
elezioni politiche italiane del 2006.
Scaramella è attualmente indagato per violazione del segreto d'ufficio,
calunnia, traffico d'armi, reati ambientali, traffico di materiale radioattivo e
false dichiarazioni al pubblico ministero. E' stato arrestato il 24 dicembre
2006, a Napoli, al suo ritorno da Londra.
La relazione della maggioranza
L'allora maggioranza in carica (2001-2006) durante lo svolgimento della
commissione parlamentare sospetta una sostanziale condivisione politica delle
scelte fatte dal
SISMI in quegli anni da parte dei governi
Lamberto Dini,
Romano
Prodi e
Massimo D'Alema, che spiegherebbero una continuità di azioni inconcludenti
ed omissioni. Non vi è traccia che
Lamberto Dini e
Massimo D'Alema abbiano mai ricevuto comunicazione ufficiale da parte del
SISMI sull'operazione
Impedian. Vi è traccia invece di una comunicazione ufficiale fatta a
Romano
Prodi.
La maggioranza sostiene che ci sia stata una "precisa e determinata" volontà
dei Presidenti del Consiglio pro tempore
Lamberto Dini,
Romano
Prodi e
Massimo D'Alema di accreditare davanti alla Commissione le tesi dei due
direttori del SISMI Siracusa e Battelli e la validità formale e sostanziale
dell'operazione
Impedian. In particolare
Romano
Prodi, dopo un'iniziale negazione di qualsivoglia sua compartecipazione
nella vicenda Mitrokhin, ha dovuto ammetterne la conoscenza e l'assunzione di
responsabilità "attraverso un generico provvedimento verbale assunto".
Dal documento ufficiale pubblicato, si evidenziano le seguenti conclusioni:
Il 28 marzo 1995 (ossia 48 ore prima dell'arrivo dei primi documenti
dall'MI6) il direttore del
SISMI ordina la
sostituzione del colonnello Alberico La Faso della I divisione con Luigi Emilio
Masina, il quale forza una sostanziale paralisi delle attività di
controspionaggio almeno fino alla fine dell'aprile 1998, anno in cui si viene a
sapere che sta per essere pubblicato un libro a cura del professor Andrew e
dello stesso Mitrokhin ("The Mitrokhin Archive - The KGB in Europe and in the
West" del 1999).
Secondo la relazione di maggioranza dai vertici del
SISMI vi
sarebbero state ripetute mancanze, coperture ed omissioni che hanno avuto come
conseguenza una iniziale non informazione del governo su quanto i documenti
rivelavano e successivamente un susseguirsi di comunicazioni parziali. In
particolare c'è stata una sincrona copertura da parte del direttore del SISMI
generale Siracusa e dal suo successore l'ammiraglio Battelli sull'operazione
Impedian (ossia quella riguardante il Dossier Mitrokhin), che è sfociata
(sempre secondo la relazione di maggioranza) nel tentativo di impedire alla
Commissione d'inchiesta di ricostruire correttamente i fatti.
Vi furono delle fuoriuscite per almeno tre volte di materiale classificato
come "segretissimo" riguardante il Dossier Mitrokhin dal SISMI in direzione
dell'autorità politica nel 1995, 1996 e 1999. Di queste fuoriuscite non è
rimasta traccia negli atti del Servizio.
Gli autori del libro "The Mitrokhin Archive - The KGB in Europe and in the
West" hanno lamentato delle pressioni allorquando cercarono di investigare sui
presunti finanziamenti che il KGB avrebbe versato direttamente ad
Armando Cossutta e l'ipotizzato coinvolgimento del KGB nell'attentato a
Papa Giovanni Paolo II, la cui prova sarebbe stata la presenza di un agente
sovietico in piazza San pietro mentre
Agca stava sparando.
La relazione dell'opposizione
La relazione dell'opposizione, citando anche estratti delle audizioni dei
vari dirigenti dei servizi, sostiene che all'arrivo del dossier in Italia molte
delle notizie contenute fossero già note, sia grazie all'opera dei servizi
stessi, sia grazie ad inchieste della magistratura attivate dopo l'apertura
degli archivi del KGB. La relazione ricorda anche che la prima bozza del dossier
(per quello che riguardava l'Italia) fu consegnata al SISMI il 17 aprile 1998 e
che versioni successive dello stesso documento, seppur promesse dai servizi
inglesi nel novembre dello stesso anno, non fuorono mai consegnate e che il
SISMI ebbe quindi accesso al resto delle informazioni solo nel settembre 1999,
quando fu pubblicato il libro di Andrew-Mitrokhin. Viene poi evidenziato come
entrambe le rogatorie internazionali (verso la Gran bretagna e verso la Russia)
per accedere ai documenti originali non ebbero seguito e che Elementi
probatori giudiziariamente rilevanti a carico dei nominativi contenuti nel
dossier Mitrokhin non emersero nel corso della trattazione del materiale
informativo da parte del SISMI ne in esito agli accertamenti svolti dal
ROS. (dal testo della relazione).
I risvolti giudiziari
A seguito degli elementi acquisiti, la procura di Roma, iscrive nel registro
degli indagati
Romano
Prodi e
Massimo D'Alema e altre 19 persone. Successivamente alle indagini il 7
agosto 2004 il
procedimento viene archiviato dalla stessa Procura di Roma per tutti i 19
indagati ancora in vita (due sono nel frattempo deceduti).
Nel febbraio 2006
i pubblici ministeri della procura di Roma titolari del fascicolo inviano al
Tribunale dei Ministri la richiesta di archiviazione, in quanto "le scelte e
le determinazioni assunte in relazione al dossier Mitrokhin non rilevano sotto
il profilo penale".
Nell'ottobre 2006
il Tribunale dei Ministri accoglie la richiesta di archiviazione del
procedimento.
Dubbi internazionali sull'autenticità dei
documenti
Molti storici si sono posti il problema della credibilità dei documenti di
Mitrokhin, considerando anche che non è possibile verificarne l'autenticità in
Unione Sovietica. L'American Historical Review (106:2, Aprile 2001) scrive:
"Mitrokhin was a self-described loner with increasingly anti-Soviet views...
Maybe such a potentially dubious type (in KGB terms) really was able freely to
transcribe thousands of documents, smuggle them out of KGB premises, hide them
under his bed, transfer them to his country house, bury them in milk cans, make
multiple visits to British embassies abroad, escape to Britain, and then return
to Russia, and carry the voluminous work to the west, all without detection by
the KGB... It may all be true. But how do we know?."
ovvero:
"Mitrokhin si descrisse come un solitario con una crescente opinione
anti-sovietica... Potrebbe forse un simile personaggio sospetto (dal punto di
vista del KGB) realmente essere stato libero di trascrivere migliaia di
documenti, contrabbandarli fuori dalle sedi del KGB, nasconderli sotto il suo
letto, trasferirli nella sua casa di campagna, nasconderli nei contenitori del
latte, fare numerose visite alle ambasciate Britanniche all'estero, fuggire in
Gran Bretagna per poi tornare in Russia e trasportare tutti quei voluminosi
documenti nuovamente in occidente, e tutto questo senza destare l'interesse del
KGB... Potrebbe essere tutto vero. Ma come possiamo saperlo?"
Secondo altri critici il rapporto conterrebbe sia informazioni veritiere, ma
già note da tempo negli ambienti dei servizi (anche quelli italiani) all'epoca
in cui vennero diffuse (del resto molte informazioni erano relative a fatti
avvenuti decenni prima, partendo il dossier dal 1917 ed essendo stato diffuso
dopo l'apertura di alcuni archivi del Kgb agli inizi degli anni '90), che
Mitrokhin potrebbe quindi aver raccolto da più fonti e non necessariamente
trascritto dagli archivi del KGB, sia informazioni completamente non
verificabili che potrebbero essere false.
Dal canto loro i servizi segreti russi hanno più volte smentito l'autenticità
del materiale.
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