Hanno
rubato la buona fede degli italiani. Hanno sottratto
denaro destinato dai cittadini al patrimonio culturale del
Paese per fare la guerra. Insomma, hanno realizzato una
vera e propria truffa per finanziare la missione in Iraq.
Questo è successo nella scorsa legislatura quando una
parte dell’8 per mille, normalmente destinato a finanziare
associazioni di solidarietà, ambientaliste o impegnate
nella tutela dei beni culturali, è stata invece stornata a
favore di una delle missioni militari più sciagurate mai
organizzate dal nostro Paese. E adesso ammettono, i
governanti di ieri di centrodestra, sfoderando la stessa
faccia tosta di sempre, che siccome le casse dello Stato
le avevano già prosciugate per bene, c’era poco da
scegliere; meglio andare a togliere i soldi alla cultura
piuttosto che ammettere di non avere più fondi per
combattere la sporca guerra di Bush. L’eccesso di
servilismo li ha anche resi ladri.
Peccato che tutto questo sia venuto fuori solo oggi; sei
mesi fa, in campagna elettorale, questa notizia avrebbe
avuto un peso diverso e non stentiamo a credere che la
vittoria del centrosinistra avrebbe potuto avere margini
più solidi. Eppure, dopo il sano disappunto delle prime
ore, già sembra passato tutto in giudicato, come se in
fondo fosse normale, in un Paese come questo, che i
desideri e le istanze dei cittadini vengano sempre in
secondo piano rispetto alle mire politiche di chi governa.
E’ bene sottolineare, al di là del senso comune, che in
questo caso la truffa l’ha commessa il governo Berlusconi.
La prossima volta, alle urne, sarà bene tenerlo a mente
con chiarezza.
A denunciare il fatto è stata la presidente del Fai (Fondo
per l’ambiente italiano) Giulia Maria Crespi. Il suo
j’accuse è arrivato in una sede autorevole, quella
della Confindustria all’Eur, che ospitava appunto il
convegno nazionale dell’associazione intitolato “La
riscossa del patrimonio”. “Sono rimasta strabiliata - ha
detto Crespi aprendo la conferenza - che l’8 per mille
dato dai cittadini italiani per l’arte, la cultura e il
sociale sia andato in gran parte per la guerra in Iraq e,
solo in minima parte, per la fame nel mondo. A rivelarmelo
è stato Enrico Letta il quale a suo tempo lo aveva
riferito in una conferenza stampa, ma la notizia era stata
riportata solo in un trafiletto di giornale”. Insomma era
stata, e forse non a caso, dimenticata, o non gli era
stata data quella giusta enfasi – colpevolmente - anche
dall’attuale Esecutivo. Tirato in ballo, il precedente
governo, nella persona dell’ex vice-ministro dell’economia
Giuseppe Vegas, è stato costretto ad ammettere il
misfatto: “L’8 per mille - ha detto l’esponente di Forza
Italia - originariamente doveva essere devoluto tutto agli
aiuti al terzo mondo, alla cultura e a cose di questo
genere. Poi una parte, circa un terzo, equivalente a
ottanta milioni, venne utilizzata per le missioni
all’estero e anche per l’Iraq”.
Nessuno, dopo le rivelazioni dell’una e dell’altra parte
politica (Vegas ed Enrico Letta, per intendersi) si è
posto il problema di perseguire chi ha commesso una
siffatta truffa ai danni dei cittadini. Solo Rifondazione
e il presidente della Commissione Cultura della Camera,
Pietro Folena, hanno richiesto a gran voce l’apertura di
un’inchiesta per accertare responsabilità ed eventuali
ipotesi di reato. “Un fatto come questo - ha stigmatizzato
Folena - non può essere tenuto sotto banco”. Eppure siamo
pronti a scommettere il contrario, anche se - come ha
voluto sottolineare Roberto della Seta, presidente di
Legambiente - questo fatto non può che tradursi
“nell’aumento della sfiducia dei cittadini verso le
istituzioni”. Ammesso che ne sia rimasta almeno un po’.
Come dicevamo la denuncia è arrivata nel corso di
un’importante iniziativa, quella appunto del Fai,
realizzata alla presenza del Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano, del ministro della Cultura Francesco
Rutelli, del Presidente di Confindustria Luca Cordero di
Montezemolo e del sindaco di Roma Walter Veltroni. Tutti
hanno così potuto ascoltare con le proprie orecchie che
cosa è successo con il precedente governo. E tutti hanno
riascoltato, anche questa volta con le proprie orecchie,
in quale stato versa la tutela dei beni culturali in
Italia, come hanno spiegato con dovizia di particolari
Salvatore Settis e Roberto Cecchi. Sovraintendenze prive
di poteri, burocratismo, conflitto di interessi tra
governo centrale e regioni, fino al paradosso di un sito
tutelato dall’Unesco e proprio per questo più facile
oggetto di speculazione, insieme ad una vera e propria
malattia del mattone che continua ad affliggere l’Italia.
Ci mancava solo la guerra in Iraq, un fine agli occhi
delle destre senz’altro più nobile del nostro patrimonio
culturale e della conseguente industria del turismo. Uno
scandalo, in altri Paesi. Ma non meno scandaloso ci appare
il silenzio di chi, ora al governo, non ha sentito il
dovere di dire ai cittadini che una finanziaria così dura
la si deve solo a chi, nei cinque anni precedenti, ha
svuotato tutto quello che c’era da svuotare, usando anche
soldi non suoi per scopi diversi dal bene del Paese, come
comprare armi per combattere una guerra non certo nostra.
Insomma, una più solida indignazione da parte del
centrosinistra sarebbe stata oltremodo gradita. E siamo
fiduciosi che, passato l’imbarazzo del momento, qualche
voce di denuncia si alzi dai banchi del parlamento prima
che qualche cittadino, di certo molto più indignato, si
armi di pazienza e faccia causa allo Stato che ha tradito
le indicazioni espresse nella sua dichiarazioni dei
redditi. Intanto, l’importate sarà tenere alto il livello
di attenzione collettiva sui danni causati dalla Cdl.
Perché non saranno mai abbastanza le voci da unire al coro
del livello di indecenza che era stato raggiunto da
precedente governo. Un fatto da non dimenticare mai.
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