Mentre
il mondo trepida per il Medioriente, sale di tono la
Guerra civile in Ciad e Repubblica Centrafricana. Il
dittatore Deby denuncia una destabilizzazione da parte del
confinante Sudan, che smentisce, mentre la situazione sul
campo registra l’aumento esponenziale dei massacri. Deby è
appena stato “rieletto” con il placet di Chirac,
nonostante abbia cambiato la costituzione d’autorità nella
parte che gli avrebbe proibito di correre per un altro
mandato. Deby è al potere da sedici anni, dopo che con un
golpe aveva conquistato un potere fondato sulla
maggioranza numerica della sua etnia e sul sostegno della
Francia, antico tutore coloniale. Il Chad è tra i paesi
più poveri dell’Africa. L’unico progetto di “sviluppo” che
riguarda il Chad è quello dell’estrazione petrolifera.
Il paese centrafricano ha cominciato ad esportarlo solo
nel ventunesimo secolo, grazie a un tortuoso oleodotto che
riflette i complessi accordi tra i padrini americani di
EXXON, la Total, il governo francese, la Banca Mondiale ed
il Camerun. Per una questione squisitamente politica,
infatti, l’oleodotto transita per i territori francofoni
del Camerun invece di prendere la direzione più breve per
i terminal che affacciano sull’Atlantico.
Non meno tortuoso è l’accordo attraverso il quale la Banca
Mondiale ha erogato il finanziamento, un accordo
festeggiato come “etico” a significare l’inaugurazione di
uno strumento finalmente in grado di riservare una minima
ricaduta benefica sulle popolazioni locali. Quando questa
primavera Deby si è trovato ad affrontare, prima delle
elezioni, un vero e proprio assalto alla capitale sventato
solo grazie all’intervento dell’aviazione francese ( in
verità smentito da Parigi, anche se con poca convinzione)
e dall’apparire nella capitale Ndjamena di oltre un
migliaio di parà francesi in gita dalle basi in Gabon.
Boicottate le elezioni l’opposizione si è ancora più
rinserrata. Gran parte della stessa tribù di Deby è ora
apertamente contro il tiranno. Il Front Populaire Pour la
Renaissance Nazionale (FPRN) può ora schierare una forza
composta da tutte le opposizioni al comando del generale
Mahamat Nouri, ex ministro della difesa di Deby. Questo
basterebbe a destituire di ogni fondamento le grida al
complotto straniero (sudanese), ma ci sono anche i silenzi
della Francia che si spiegano da soli.
La Francia che fa la lezioncina ai militari turchi, in
Africa si comporta ancora con lo stile della Legione
Straniera, solo che Beau Geste non c’è più. Deby è
riuscito ad un tempo a sbloccare il fondo “etico” dai
proventi del petrolio destinati a spese “sociali”e
dall’altro ad avere copertura politica da Francia e USA.
Se non bastasse, imitando molti altri e ben più illustri
predecessori, Deby ha allacciato rapporti con la Cina,
disconosciuto Taiwan, e come per incanto dopo che EXXON e
Total hanno annunciato il raddoppio delle estrazioni,
Pechino ha presentato un piano di investimenti nel paese
(a fronte di equivalenti estrazioni) per un ulteriore
raddoppio di produzione; accordo che sicuramente porta
altro ossigeno alle casse del dittatore. Ovviamente la
Cina ha evitato l’ipocrita balletto sulla “eticità”
dell’investimento e nessuno ha fiatato; chi c’è oggi tra
le potenze mondiali che può averne titolo?
Deby con i primi soldi in arrivo ha comprato armi, molte
armi. Terrorizzato dai primi rovesci militari non ha
esitato a compiere vere e proprie rappresaglie. Una cosa
terribile l’ha fatta quando ha distribuito un mare di armi
nei villaggi dell’Est dopo aver fatto evacuare quelli che
non riteneva abbastanza fedeli. Da ciò qualche migliaio di
ciadiani è scappato in Sudan, in Darfur, dove già la
resistenza anti-deby ha le sue basi. L’esercito del Ciad
sembra ora impegnato in una campagna con l’impiego di
alcuni battaglioni di carri armati, ma il paese è troppo
vasto e l’opposizione non sembra avere intenzione di
andare al macello per premiare l’iniziativa. Nel frattempo
le popolazioni, ritrovatesi armate hanno pensato bene di
regolare alcuni vecchi conti in sospeso, così in villaggi
e regioni tra loro ostili si sono verificati scontri che
hanno giù provocato centinaia di morti, in particolare
nella provincia (cantone) di Mouro ; circostanza ammessa
con comprensibile imbarazzo anche dal ministro della
difesa Bichara Issa Djadakkah.
Una buona credenziale per l’opposizione, al contrario, è
che pur essendo composta da un gran numero di formazioni
armate diverse, a contatto con etnie e popolazioni dalle
storie diverse e tumultuose, si siano dimostrate
rispettose dei civili. Non sono segnalati a loro carico
massacri o episodi di saccheggi, neanche nelle città
occupate oltre frontiera.
L’opposizione armata ciadiana, è ormai tranquillamente
insediata nel Darfur ( svuotato da oltre un milione di
abitanti rifugiati in Ciad, che assistono a queste
evoluzioni sperando nella pietà delle numerosissime
fazioni armate), dove non viene molestata dai predoni,
scatenati invece contro i pochi inermi abitanti locali.
Inoltre si è accomodata dentro i confini della Repubblica
Centrafricana, contribuendo alla destabilizzazione del
locale tiranno, Bozize. L’opposizione centrafricana ne ha
approfittato per guadagnare un vantaggio forse decisivo
nella lotta armata che conduce dal 2002. L’esercito
centrafricano si è rifiutato di combattere e i ribelli
controllano ora numerose città.
Bozize è altro beneficato assurto al potere grazie al
supporto di mercenari ciadiani e mosse francesi pochi anni
fa. Dalla città di Birao occupata e da altri sconfinamenti
a Sud viene la dimostrazione della totale assenza di
controllo reale sui confini che caratterizza i regimi dei
leader-fantoccio scossi dalla guerra civile. Una catena di
reazioni che percorre linee etniche che scavalcano confini
scritti sulla sabbia e giunge fino in Niger, dove il
governo prima ha pensato e annunciato di espellere
duecentomila nomadi ciadiani, che da quindici anni vivono
dispersi nell’immenso deserto e poi ha abbandonato l’idea,
prima di tutto era impraticabile L’unica forza in assetto
di combattimento sulla quale possano contare ora i due
dittatori è un corpo di spedizione inviato da Deby contro
i ribelli e ora dirottato verso il Centrafrica ad
intercettare i nemici di Bozze, alcuni sostengono che sia
diretta addirittura verso la capitale Bangui, dove Bozize
organizzerebbe l’ultima resistenza.
Il corpo sarebbe composto da una colonna corazzata
dell’Esercito del Ciad e da “coopérants étrangers”, cioè
mercenari. L’UFDR(Union des forces démocratiques pour le
rassemblement), che riunisce tutti i partiti
all’opposizione della dittatura di Bozze hanno denunciato
questa peculiare “invasione” del paese in soccorso del
tiranno.
Allo stesso tempo l’FPRN ha fatto sapere che emissari dei
Deby avrebbero acquistato (in contanti) tre sontuose
residenze in Marocco, dove il dittatore intenderebbe
rifugiarsi nella probabile ipotesi di dover fuggire
precipitosamente dal paese. Intanto ha occupato gli ultimi
giorni facendo assassinare alcuni ufficiali che non
credeva fedeli, accusando poi dei delitti l’opposizione.
Il conflitto riguarda ovviamente la spartizione dei
guadagni del petrolio, ma soprattutto la legittimazione al
potere di un tiranno avversato da tutte le forze politiche
locali e sostenuto dalla dichiarazione di Parigi che è
stato eletto “regolarmente”. Verrebbe da dire che il
conflitto riguarda una opposizione “democratica” (tutti i
partiti fanno professione di fede alla democrazia
parlamentare) contro un dittatore sanguinario che gia da
tempo fa sparire i guadagni del petrolio.
Il fatto che Deby minacciando di chiudere i rubinetti se
non assecondato, e che la “comunità internazionale” avesse
calato le braghe e dato i soldi per massacrare i suoi
cittadini, unito ai nuovi investimenti cinesi, dipingeva
una situazione pessima per l’opposizione locale. La
situazione sul campo invece volge ora al peggio,
coinvolgendo la vicina Repubblica Centrafricana. Ancora
più inquietante è il silenzio di Washington e Parigi, che
fino all’ultimo cercheranno di evitare la caduta dei
fedeli autocrati.
Pessima situazione che riguarda prima di tutto le
popolazioni del Ciad, del Sudan e della Repubblica
Centrafricana, che da anni ormai sono costrette a migrare
a cavallo delle frontiere dei tre paesi e anche oltre.
Paesi nei quali le maggiori entrate assicurate
dall’esportazione di petrolio rafforzano i regimi
autoritari, ripetendo un cliché già visto con l’Arabia
Saudita, gli Emirati e molti altri paesi grandi fornitori
di materie prime. Sarebbe bene riconoscere questo fenomeno
per la sua natura reale di un automatismo nefasto che
viene, semmai, implementato dall’apertura della
circolazione globale delle merci. All’ombra di questo
automatismo le grandi compagnie ottengono enormi margini
di profitto e un buon rapporto simbiotico con il dittatore
di turno, che perlomeno qualche rischio lo corre, mentre
nessuno porterà mai un dirigente di queste compagnie sul
banco degli imputati per aver armato stragi epocali.
La comunità internazionale, l’ONU, le Ong intanto
discutono del più e del meno, le emergenze sono così tante
e interessano così a pochi…ogni tanto un opportunista ha
un singulto e chiede invasioni e l’invio di osservatori e
di contingenti armati, mentre si straparla di genocidi, di
buoni e di cattivi, di islamici o comunisti. Intanto la
grande rapina continua. Buona guerra civile ai fortunelli
che hanno trovato il petrolio.
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