L'assassinio
della giornalista Anna Politkovskaja non va dimenticato,
così come quanto avvenuto nel luglio scorso a San Pietroburgo - la riunione dei paesi del G8 - non va
confinata negli archivi della diplomazia. Proprio perché
le questioni relative alla vita interna della Russia e
alla sua attività politico-diplomatica post-G8 offrono
ulteriori motivi di preoccupazione e di conseguenti
analisi. Con Putin che - per far dimenticare - cerca
disperatamente di trovare alleati. Ecco perché anche
l'Italia - nel definire la sua politica estera - non può
far finta di ignorare cosa sia la Russia di questi ultimi
periodi pur se caratterizzati da quella visita (in
positivo) di Prodi, prima del G8. In quell'occasione il
capo del governo italiano ha definito le relazioni con
Mosca come rapporti di "amicizia" e di "profonda
comprensione reciproca".
Putin, da parte sua, ha fatto notare che per la Russia lo
sviluppo dei rapporti con l’Italia è uno degli "indirizzi
prioritari" a prescindere dalla situazione politica
interna in Italia. Come dire - per non rinnegare il "suo"
Berlusconi - che la musica è la stessa. Pertanto le
ulteriori trattative tra i due paesi hanno dimostrato
quale grande importanza si attribuisce allo sviluppo dei
rapporti e all’interazione nell’arena internazionale, in
particolare in quella europea.
E' vero, infatti, che nella sfera della cooperazione
economica della Russia e dell’Italia, è stato raggiunto un
accordo sull’accesso delle compagnie energetiche russe al
mercato italiano in cambio dell’accesso delle compagnie
italiane all’estrazione del petrolio e del gas in Russia.
Secondo Prodi si tratta di una nuova fase nel campo
dell’energetica. Ora la questione da affrontare sarà
quella della presenza della Russia sul mercato dell’Italia
nella produzione dell’energia elettrica. Putin, in
proposito, ha rilevato che la Russia è pronta a sviluppare
la cooperazione nel campo energetico non con tutti i
partner ma solo con quelli che vanno incontro alla Russia.
Come dire: dateci una mano e noi apriremo sempre più le
nostre porte.
Intanto - per quanto riguarda i rapporti bilaterali -
sappiamo degli accordi firmati: la Compagnia russa di
costruzioni aeree Sukhoj e la Finmeccanica/Alenia
Aeronautica hanno raggiunto intese sulla cooperazione
strategica nell’ambito del programma per la creazione
dell’aereo russo per distanze regionali. E ancora: l'Alenia
Aeronautica ha acquistato azioni della russa Aerei civili
Sukhoj.
Ma all'incontro Prodi-Putin si è anche fatto cenno al
fatto che per la Russia può essere interessante
l’esperienza italiana per lo sviluppo delle aziende della
media e piccola imprenditoria nelle province. Il Cremlino
- si è detto - ha bisogno di sviluppare non solo i grandi
centri, come Mosca e San Pietroburgo, ma anche le regioni.
In questo senso, appunto, può essere utile l’esperienza
dell’Italia. Sin qui progetti ed idee.
Ma sul rapporto Roma-Mosca pesano ancora grandi
interrogativi. Soprattutto quelli che si riferiscono alla
credibilità del Cremlino quanto a gestione della nuova
società russa. Il riferimento è alle posizioni di un
"vecchio" collaboratore del Presidente: quell'Andrei
Nikolaevic Illarionov, economista ed ideologo delle
questioni “macroeconomiche”, organizzatore di moltissime
missioni economico-commerciali in varie parti del mondo e,
infine, uno degli autori del programma economico della
nuova Russia. Ebbene è stato proprio lui a spiegare al
mondo occidentale i problemi del suo paese con un atto
d'accusa che il Cremlino cerca di dimenticare.
La Russia - ha detto Illarionov riferendosi a realtà
vorticose e dove tutto cambia e si brucia in un attimo -
non è un Paese politicamente libero; non risponde ai
parametri del Gruppo delle nazioni più industrializzate
del mondo; la sua inflazione è alle stelle; non è un Paese
economicamente progredito; sta distruggendo a gran
velocità gli istituti dello Stato moderno e della società
civile; i media sono dominati da un’isteria
propagandistica; vengono licenziati giornalisti e
direttori dei maggiori organi di stampa; nasce una nuova
“guerra fredda”; si stabiliscono rapporti con paesi non in
regola quanto a democrazia e libertà; la magistratura è
diretta dal centro politico; il business è sotto il
controllo del Cremlino; sono nazionalizzate società
private; si confiscano beni privati; burocrati e
procuratori decidono su ogni cosa al di fuori delle leggi…
Piccole volgarità? Forse. Ma la lotta politica russa è
fatta anche di questo. Ed ora, alla luce della politica
estera che l'Italia porta avanti nei confronti della
Russia, è chiaro che le posizioni di Illarionov non
possono essere archiviate.
Ricordiamo in proposito che la Russia, alla vigilia del
G8, aveva alle spalle un lungo e faticoso cammino tutto in
salita. Da quel lontano 1985 quando le maggiori democrazie
industrializzate – Canada, Francia, Germania, Gran
Bretagna, Italia, Giappone e Stati Uniti – accolsero nel
loro Club anche la Russia.
Da quel momento si riunirono per discutere,
periodicamente, le questioni riguardanti l’economia
mondiale. E nel summit del 1998 il G7 divenne G8 con
l’aggiunta, appunto, della Russia nonostante una certa
riluttanza ad ammetterla al tavolo dove si discutevano
temi relativi alla finanza globale.
Ed ora è proprio un uomo del Cremlino ad esprimere il suo
netto dissenso dalle scelte di Putin e dell'occidente. La
Russia - ha detto ancora Illarionov - registra un alto
tasso d’inflazione. L'Italia, di conseguenza, deve tener
conto di tutto questo.
Ma sul tavolo della trattativa con Mosca c'è un'altra
questione che ha grossi risvolti geopolitici. Il
riferimento è a quel processo di auspicata
democratizzazione della vita russa che segna il passo dal
momento che si è ancora in presenza di conflitti acuti.
Come appunto è il caso della Cecenia, riaperto
drammaticamente dalle inchieste di Anna Politkovskaja. E
questo proprio perché solo un aperto processo di
democratizzazione - un vero e proprio dialogo - può avere
un valore europeo. E in questo contesto vediamo che Putin
- seguendo l’obiettivo di rafforzare lo stato - cerca
insistentemente l’appoggio di un certo occidente (come è
avvenuto con il suo "amico Berlusconi") e, naturalmente,
quello dei nazionalisti russi. Presentandosi come il
patriota interessato a rivificare la grandezza della
Russia. Rimuovendo il Paese da un periodo di immobilismo e
frustrazione, ma mettendo un velo sui casi della Cecenia e
delle lotte che hanno portato a spegnere la voce di una
giornalista coraggiosa.
E' per questi motivi che la politica italiana deve tener
conto del fatto che la Russia è oggi sede di una guerra
scatenata non contro un paese straniero, ma contro un
paese che si continua a ritenere come parte integrante
della sua realtà nazionale.
E allora: se la Cecenia è russa vuol dire che è in atto
una guerra di Mosca contro il proprio popolo. E se la
Cecenia non è Russia allora vuol dire che si è in guerra
contro un altro paese. Al quale, di conseguenza, andrebbe
riconosciuto lo status di indipendenza.
Molti, comunque, gli interrogativi in merito e moltissime
le eventuali risposte, ma è chiaro che nel momento in cui
si decide di avviare una politica italiana verso l'Est è
necessario trovare un denominatore comune su cosa
s'intenda per rapporto con una nazione. Perché, ad
esempio, vediamo che la Russia di oggi è tormentata - è un
eufemismo - dal virus dei nazionalismi anche con un
notevole risveglio islamico con tendenze wahhabite che
potrebbero provocare l’esplosione del Tatarstan.
Sorge qui la domanda relativa al fatto se un nazionalismo
debba o no essere considerato accettabile dal punto di
vista della cultura politico-democratica.
Il nazionalismo è, infatti, la base di uno specifico
programma che si collega ad un partito politico e che, di
conseguenza, fa riferimento al concetto e alla realtà di
Stato-nazione. E tutto questo contiene diverse componenti
che, a prima vista, sembrano semplici e chiare, ma in
realtà sono fortemente ambigue: la nazione, lo Stato e il
territorio.
Quando l'Italia si rivolge a Mosca dovrebbe così chiarire
cosa intenda - in primo luogo - con "nazione". La risposta
classica è quella dei nazionalisti per i quali la nazione
si fonda su una tradizione culturale e storica. Quindi:
miti e realtà basati sulla storia passata, sul linguaggio,
sul territorio, possibilmente sulla religione e, a volte,
sull'etnia. Di conseguenza una nazione è molto più di una
forma di organizzazione sociale. Detto questo sappiamo
anche che esistono, accanto a quelle nazionali, anche
identità locali, regionali: ossia altre identità che
spesso preesistono, quasi necessariamente, a un'identità
nazionale.
Entra in gioco, qui, la questione cecena che l'Italia non
può dimenticare. Pur se c'è una sorta di prudenza quando
si tocca la questione di Grozny e del suo movimento di
indipendenza. Si dice - e qui citiamo Putin - che in quel
paese c'è una base di terroristi. E tutto si riallaccia a
quell'11 settembre americano per sostenere che il
terrorismo mondiale ha sede anche nel Caucaso.
Dobbiamo partire da queste considerazioni - dure e pesanti
- per individuare una attuale e veritiera politica
italiana nei confronti del Cremlino. A Mosca, in questo
contesto, si dice che lo Stato ideale per definizione -
quello russo, appunto - richiede un territorio, perché non
può esserci Stato senza territorio. Il concetto è molto
ambiguo. E' qualcosa sia di materiale che di immaginario.
Esiste a vari livelli. Significa "senso di appartenenza" a
una famiglia, a un villaggio, forse a una regione; in
questo senso è sociale e personale. Ed è culturale nel
senso della memoria del passato.
Il territorio nazionale è sia una realtà che un luogo
della memoria; ed è la costruzione di questo luogo della
memoria nel passato, che consente agli Stati di affermare
le proprie rivendicazioni su questi territori e che spiega
come mai, nelle regioni di frontiera, il senso di
appartenenza a queste terre sia molto più spiccato che non
nel retroterra. Cosicché, di fatto, un territorio - la
Cecenia nel caso in questione - diviene qualcosa di
materiale a causa del rigido concetto delle frontiere che
ad esso viene imposto dagli Stati stessi, in quanto la
costituzione di uno spazio per il territorio nazionale è
un attributo necessario dello Stato. Sono tutti temi che
vanno nel conto di un discorso che investe la Russia e la
sua realtà malata: la Cecenia, appunto.
La Farnesina di D'Alema non può sfuggire a questo
dibattito. Deve assumere una posizione ben precisa se
vuole stabilire un rapporto reale con quella Russia che
punta alla costruzione di una moderna società e che cerca
- di conseguenza - di rifiutare i vecchi concetti
imperiali. Ecco che alla base di una ricerca di politica
estera dell'Italia nei confronti della Russia vanno poste
tali questioni. Solo sciogliendo questi nodi si potrà
parlare di una collaborazione paritetica. Non si può
delineare una strategia estera solo basandosi sugli
accordi economici.
La storia ci offre esempi notevoli d'accordi economici che
hanno - in realtà - bloccato lo sviluppo reale delle
relazioni democratiche. In tal senso un ulteriore silenzio
della nostra diplomazia potrebbe aiutare quella
nomenklatura russa che non accetta di affrontare i grandi
nodi dell'attualità.
Quelli che la Politkovskaja poneva al centro delle sue
analisi.
Archivio Litvonesko07/10/2006 Archivio Litvonesko
Archivio Litvonesko
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