All’organizzazione delle Nazioni Unite lavorano parecchio,
contrariamente a una certa vulgata. La settimana scorsa si
è messo mani ai regolamenti in materia di armamenti
(quanto mai d’attualità), tuttavia i progressi sono stati
visibilmente ostacolati da alcuni paesi. L’apposito
Comitato ha approvato una risoluzione che impegna
l’Assemblea a chiamare gli stati nazionali al rispetto e
all’implementazione delle procedure di tracciabilità delle
armi leggere con 172 voti a favore, zero astenuti e un
voto contrario: gli Stati Uniti. Le armi leggere sono
responsabili del maggior numero di vittime nei conflitti.
Le armi leggere sono per sempre, nel senso che sono
robustissime e non vengono mai distrutte, ma riciclate di
continuo in conflitti sempre nuovi. Da alcuni anni in seno
alle Nazioni Unite si è stabilito un fronte che ne chiede
la tracciabilità al fine di imporre controlli e di far
rispettare almeno gli embarghi verso i paesi nei quali
potrebbero amplificare le situazioni di conflitto.
Un altro importante testo approvato chiede la totale
eliminazione delle armi nucleari, approvato con 168 voti a
favore e 4 contrari: Corea del Nord (e se ne capisce la
ratio), Stati Uniti, India (che con gli Washington ha
appena concluso un trattato che prevede proprio una
super-fornitura che ne implementerà in maniera drastica
l’arsenale nucleare) e Guinea Equatoriale ( dove il
dittatore, Teodoro Obiang, vende il petrolio alla
EXXON ed è coperto dagli Stati Uniti e dal loro
potere di veto nella Commissione per i Diritti Umani).
Astenuti: Bhutan, Cina, Cuba, Egitto, Iran, Israele,
Myanmar e Pakistan (gran parte di questi avrebbe votato
contro, ma quando può evita di votare con gli USA)
Il Comitato ha anche adottato un testo che chiede un bando
totale dei test nucleari, 175 voti favore, 2 contro (Corea
del Nord e Stati Uniti), 4 astenuti (Colombia, India,
Mauritius e Siria). Allo stesso modo è stato approvato un
testo che dichiara l’emisfero meridionale del pianeta
interdetto alle armi nucleari con 168 voti a favore e 3
contrari (Francia, Stati Uniti e Gran Bretagna) e 7
astensioni (Bhutan, India, Israele, Isole Marshall,
Pakistan, Russia, Spagna). Il voto ha dato così il
benvenuto alla firma del “Trattato di Esclusione Nucleare
nell’Asia Centrale”, siglato a Semipalatinsk l’8 settembre
2006.
I testi approvati in Commissione passeranno al voto in
Assemblea, verranno adottati se non incontreranno
maggioranze contrarie o l’opposizione di un paese con il
diritto di veto. I cinque paesi con diritto di veto sono
Cina, Gran Bretagna, Francia, Russia e Stati Uniti. Tra
questi cinque, l’unico paese che ha votato contro tutti
questi ragionevolissimi proponimenti è quello guidato da
George W. Bush, che rigetta sistematicamente qualsiasi
legge internazionale sul regolamento dei conflitti e degli
armamenti. Non è un caso che gli Stati Uniti siano il
primo produttore, venditore e consumatore di armamenti al
mondo, come non è un caso che l’amministrazione Bush nel
corso della sua “guerra al terrore” abbia infranto
qualsiasi norma internazionale; dalla Convenzione di
Ginevra a quella contro l’impiego delle armi chimiche,
fino alla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, giungendo
poi, recentissimamente, a ripudiare anche i trattati
internazionali che regolano lo sfruttamento dello spazio
extra-planetario.
L’allergia dell’amministrazione Bush per le leggi, siano
quelle che regolano la guerra, siano quelle che riguardano
la privacy ed il segreto bancario (nel proprio, ma anche
negli altri paesi, come testimonia lo scandalo Swift) o
quelle ambientali, ha segnato una brusca inversione di
tendenza rispetto all’amministrazione Clinton.
Amministrazione che declinava la proiezione statunitense
all’estero su basi concordate più che estorte e che
preferiva la costruzione di accordi multinazionali per
sostenere un disegno globalizzante molto più sofisticato
di quello repubblicano.
La retorica sull’unica superpotenza rimasta negli anni ’90
si riferiva agli USA di Clinton, che si erano assunti il
compito di ridisegnare il mondo dopo l’evaporazione dei
blocchi risalenti alla Guerra Fredda. L’autorità di quella
Amministrazione non era fondata solamente sul potere
militare, ma soprattutto sulla gestione e promozione di
accordi internazionali. L’unica potenza planetaria,
guidata da Bush, è stata riconfigurata completamente,
nello stile come nella sostanza. Bush ha dispiegato i suoi
costosissimi toys sui campi di battaglia, cui ha
affiancato una schiera di ferocissimi diplomatici che si
sono incaricati di affossare qualsiasi iniziativa
internazionale che possa intralciare i suoi piani,
cercando di piegare le istituzioni globali al servizio
della politica USA (tipico il caso della Banca Mondiale
guidata da Wolfowitz) e ai disegni neoconservatori. Ma l’Irak
e l’Afghanistan restano un pantano dal quale non riescono
ad uscire. Come dalla loro stessa linea politica.
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