“La peste
che avanza”, oltre che una metafora, è anche il titolo
di un libro pubblicato negli Usa dal Critical art
ensamble, un collettivo di artisti. Racconta il caso
di Steve Kurtz, in carcere per i suoi studi
sull’argomento
Questa è la storia di un libro che l’Fbi avrebbe
preferito non leggere. Racconta di una vicenda
giudiziaria surreale, di guerre fantasma e arte
sovversiva. Il titolo, apocalittico, è Marching plague
(La peste che avanza, pp. 148, dollari 9.95). Lo firma
il Critical art ensamble per Autonomedia, la casa
editrice newyorchese di Hakim Bey.
L’11 maggio 2004 a Buffalo, non lontano da New York,
Hope Kurtz muore per un arresto cardiaco. I
soccorritori, chiamati dal marito Steve, professore di
arte dell’università locale, notano nell’appartamento
microscopi, colture batteriche in vitro e altri
strumenti da laboratorio. Chiamano la polizia e per
Steve Kurtz comincia un incubo kafkiano. Il giorno
dopo decine di uomini dell’Fbi, protetti da tute
bianche, maschere e guanti, perquisiscono la casa e
sequestrano computer, libri e tutti i materiali
sospetti. Le telecamere della tv riprendono
l’operazione, il corpo di Hope è preso in consegna dai
federali, Steve Kurtz è arrestato per detenzione di
armi batteriologiche.
I Kurtz, insieme da oltre un quarto di secolo, erano
tra i membri fondatori del Critical art ensamble (Cae),
un collettivo di artisti americani che da 1986 lavora
sulle intersezioni tra arte, tecnologia, scienza e
teoria critica. A metà anni Novanta il Cae ha
contribuito a svecchiare l’attivismo con una serie di
performance, video e il libro Disobbedienza civile
elettronica (1996) dedicato alle nuove forme della
politica nell’era del capitalismo high tech.
Dalla rivoluzione digitale, l’interesse del gruppo si
è spostato «sull’economia politica delle
biotecnologie», ovvero sulla trasformazione del
vivente - geni, batteri, semi - in merce sotto
copyright.
Al momento dell’arresto Kurtz lavorava a Free range
grain, un progetto sui cibi geneticamente modificati
per la mostra The Interventionist del Massachusetts
museum of contemporary art. Per l’Fbi era però un
presunto terrorista. Poco importava che i batteri in
vitro sequestrati fossero del tutto comuni nei
laboratori delle scuole.
Il 29 giugno 2004 le accuse di bioterrorismo sono
cadute ma rimane tuttora in piedi l’imputazione di
frode postale per l’acquisto non autorizzato di
colture batteriche che, nel peggiore dei casi,
potrebbe costare a Kurtz vent’anni di carcere. Sotto
inchiesta c’è anche Robert Ferrell, 60 anni, stimato
genetista dell’Università di Pittsburgh e
collaboratore del Cae che ha aiutato l’artista
americano ad entrare in possesso del materiale.
Il caso ha coinvolto la comunità artistica e
scientifica americana e internazionale. Artisti del
calibro di Richard Serra, Cindy Sherman e Sol LeWitt
hanno donato opere per la raccolta dei fondi legali,
il banner “Art is not terrorism” è comparso in
centinaia di homepage sul web, la stampa
internazionale, dal New York Times a The Guardian, ha
scritto decine di articoli ora disponibili sul sito
www.
caedefensefund. org.
Il processo è aperto. Steve Kurtz, sotto consiglio dei
suoi legali, evita di rilasciare dichiarazioni sulla
vicenda.
A parlare per lui è Marching Plague, pubblicato da
qualche mese negli Stati Uniti (per acquistarlo vedi
www.
autonomedia. org). Il testo era rimasto impigliato
nella rete dell’Fbi ma il Critical art ensamble l’ha
ricostruito con pazienza certosina.
Le prime notizie di guerra batteriologica, ricorda il
Cae, risalgono all’assedio di Caffa del 1347 quando le
forze tartare catapultarono cadaveri appestati oltre
le mura della base commerciale genovese. La Morte Nera
arrivò in Europa a bordo delle navi in fuga e sterminò
oltre venti milioni di persone. Nel Giappone degli
anni Trenta del Novecento, Ishii Shiro, scienziato a
servizio dell’esercito, costruì un piccolo impero
personale sull’intuizione dell’uso dei batteri in
ambito militare. Nel 1940 guidava un’immenso programma
di ricerca in grado di produrre 500 chili di antrace e
1000 chili di colture coleriche in un mese. Tuttavia,
nonostante la grandiosità delle risorse, i frutti
delle ricerche, segretissime fino al 1944, non furono
mai utilizzati.
Oggi negli Stati Uniti lo spettro della “germ warfare”
alimenta un’industria che cresce ininterrottamente
grazie alla pioggia torrenziale di finanziamenti
governativi. Dal 2001 al 2004 i fondi per programmi di
difesa biologica civile sono aumentati di diciotto
volte fino a toccare i 14 miliardi di dollari, cifre
che secondo gli analisti, sono superiori a quella
impiegata nel per i ricerca nucleare all’epoca del
Progetto Manhattan.
Nonostante gli investimenti massicci, sostiene il Cae,
le armi biologiche rimangono difficili da maneggiare e
imprevedibili negli effetti. Come i missili
intercontinentali balistici, falliscono un obiettivo
chiave - la deterrenza - se inutilizzate, e tuttavia,
in un circuito perverso di causa-effetto, le fantasie
catastrofiche sul loro uso devono essere riconosciute
come reali per giustificare la consistenza degli
investimenti.
Secondo il Critical art ensamble si tratta di
un’immenso spreco di denaro pubblico dirottato dalla
lotta contro malattie come l’Aids e la malaria che
continuano ad uccidere milioni di persone in tutto il
mondo. Il problema dei programmi di bio-difesa,
inoltre, è che coincidono con quelli di
bio-aggressione. Così nei laboratori di massima
sicurezza americani si producono agenti patogeni per
trovare il modo di neutralizzarli in caso di attacco.
Non a caso, nell’unico allarme di attacco biologico
registrato negli Usa, quello dell’antrace del 2001, la
sostanza spedita per posta era probabilmente di
origine interna, ovvero creata nei laboratori di
massima sicurezza del Maryland.
L’elemento interessante è che le considerazioni del
Critical art ensamble sono condivise da una parte
consistente della comunità scientifica. Nel febbraio
2005, in una lettera indirizzata al direttore
dell’Istituto nazionale della salute statunitense, 758
scienziati hanno contestato il dirottamento di fondi
dallo studio di malattie letali alla ricerca su oscuri
batteri designati come armi potenziali
dall’amministrazione.
Forse sta proprio qui la chiave dell’accanimento
contro Steve Kurtz, nella capacità del Critical art
ensamble di fare da ponte tra comunità scientifica e
quella di artisti e attivisti per sfidare la coltura
della conoscenza scientifica come sistema chiuso,
governato dalle regole della proprietà intellettuale.
«Il Cae assume il ruolo dell’amatore, il non
professionista appassionato che avvicina un ambito
specializzato come la genetica o la biotecnologia per
esporne gli usi al giudizio pubblico» scrive l’artista
Claire Pentecost nell’appendice di Marching Plague.
L’amatore che fa breccia nel regime del segreto è una
figura pericolosa nell’America dopo le Torri Gemelle,
dove la paura rimane una carta politica fondamentale
da giocare. Specie quando, come il Cae, chiede
l’impossibile: «scoraggiare gli scienziati dal
lavorare per o con i militari, forzare le aziende
farmaceutiche a produrre antibiotici e vaccini contro
le malattie che uccidono, sottrarre i fondi della
ricerca sui batteri ai militari e reindirizzarla ad
iniziative civili».
Miriam Tola
Fonte:
www.liberazione.it
26.10.06
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