Il sole autunnale illumina l’istituto Rotenberg, fondato
da Matthew Israel, laurea ad Harvard e una passione
sconfinata per gli abiti di taglio inglese. L’istituto
funziona come scuola per 280 ragazzi affetti da ritardi
mentali, autismo, leggere forme di schizofrenia e disturbi
del comportamento, per i quali Israel ha scelto metodi
educativi “duri” o “adversi stimuli”, come dicono i colti.
Lo strumento disciplinante per eccellenza è il cosiddetto
GED 4, acronimo di Graduated Electronic Accelerator,
elaborato dall’industria detentiva, in grado di emettere
scariche elettriche attraverso un telecomando gestito
dall’insegnante. Ogni dispositivo è dotato di un codice
che viene selezionato sul telecomando in modo che la
scarica elettrica vada a colpire proprio il soggetto
recalcitrante. Per Israel, il dolore intenso che si
avverte con la scarica è sufficiente a rimettere in riga
gli allievi “incapaci di valutare la pericolosità delle
proprie azioni”. Fino a qualche tempo fa si serviva di
spray liquidi a base di ammoniaca diluita e di pastiglie
dal sapore sgradevole per controllare gli allievi
problematici ma le scariche elettriche lo hanno
affascinato al punto da abbandonare tutto il resto. Quando
un ragazzo dà segni di “miglioramento” il GED 4 potrà
essere rimosso, ma solo per un’ora al giorno.
Israel ha fatto sistemare telecamere in ogni angolo del
Rotenberg. Sono occultate dietro i grandi specchi a forma
di fiore che adornano le pareti color verde cedro
dell’edificio. I soggetti particolarmente “difficili”
vengono monitorati ventiquattro ore al giorno. In tutte le
aule c’è una telecamera che resta sempre accesa durante lo
svolgimento delle lezioni ma le lavagne sono state
abolite. Il consiglio scolastico ritiene che i ragazzi
abbiano una capacità di apprendimento troppo limitata per
imparare formule a memoria, solo sulla disciplina non sono
ammesse trasgressioni. I nuovi iscritti hanno l’obbligo di
indossare tre diversi GED 4, in modo che non possano
prevedere da quale proverranno le scariche elettriche che
per qualcuno saranno più di quindici nel corso di una sola
settimana. Ogni classe ha in dotazione la “scatola dei
premi” e un proiettore con relative pellicole di cartoni
animati riservati ai ragazzi che si dimostreranno
obbedienti.
Il metodo “educativo” di Israel ha già fatto cinque
vittime e per non correre il rischio di una denuncia per
omicidio ai genitori viene chiesto di firmare una
liberatoria che deresponsabilizza la direzione. Non ci
sono psicologi. Ad ogni allievo viene assegnato un piano
di studio elaborato sulla base delle specifiche carenze
intellettive. Nelle aule è stato affisso un cartello con
una frase attribuita allo psicologo B.F. Skinner: “Nessun
essere è mai solo buono o solo cattivo”. Skinner sosteneva
che i topi reagivano “bene” alle scariche elettriche che
ne modificavano il comportamento. Con l’arrivo degli anni
’60, altri “scienziati” testarono per la prima volta il
metodo su cavie umane al fine di sfruttarlo in seguito per
“correggere” gli omosessuali. L’idea di applicarlo su
giovani affetti da problemi intellettivi risale invece
agli anni ’70, ma ha sempre lasciato perplessi gli esperti
di psicologia infantile ed adolescenziale, prima di tutto
perché non è una terapia e, secondo, perché nessuno ha mai
stabilito che funzioni veramente. In molti casi, come
avviene anche al Rotenberg, le scariche elettriche vengono
somministrate anche da ausiliari e bidelli con una
scolarizzazione molto bassa e un’idea molto vaga del
problema mentale del ragazzo.
La corrente elettrica per modificare comportamenti
“sbagliati” è già in uso anche in alcune accademie
militari, guarda caso le sole che rifiutano a priori di
accettare i disabili mentali in quanto “condannati ad
un’esistenza limitata e senza dignità”. Non esiste
un’autorità preposta a fissare i parametri per le terapie
da somministrare a soggetti autistici e anche l’etica
medica è molto vaga in proposito. Solo lo stato di New
York vieta l’imposizione del GED 4 ai malati di mente,
ammessa invece in tutto il resto del territorio americano.
In un’intervista rilasciata alcuni mesi fa alla rivista
Psychology Network, la dottoressa Jennifer Harris
ha dichiarato che esiste anche un’altra faccia del
problema e cioè la somministrazione troppo frequente di
trattamenti farmaceutici a destinati a controllare la
mente di bambini e adolescenti. A suo parere, molti
psicologi etichettano ormai come “alterazioni” anche i
normali atti di ribellione degli adolescenti, spesso
dovuti ad ambienti famigliari problematici. E un’indagine
dell’università di Leeds ha stabilito che molti problemi
giovanili sono frutto di un’infanzia negata e
dell’eccessiva tendenza a controllare gli impulsi naturali
dei bambini destinati così a diventare dei frustrati.
Ma perché avviene tutto ciò? A chi conviene che un ragazzo
non abbia uno sviluppo armonico e diventi schiavo di
terapie elettriche astruse o di medicazioni improprie?
Ovviamente a tutti meno che al paziente, dice Jennifer
Harris. Le industrie farmaceutiche hanno registrato un
aumento del 500% nella vendita di farmaci psico-tropici
destinati all’età pediatrica e questo in soli nove anni.
Le scuole con alunni svantaggiati hanno preso molti più
fondi delle altre, gli insegnanti non hanno dovuto
affannarsi dietro agli alunni difficili, già sedati dalle
medicine. Infine, tutti quei genitori non in grado di
gestire i problemi del figlio si sono auto-assolti
attribuendo la colpa del suo disagio ad uno “squilibrio”.
Gli unici che per tutta la vita porteranno il peso di
questa tragica situazione sono i ragazzi. A meno che le
autorità non decidano finalmente di volersi occupare di
loro. Magari con metodi civili.
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