L'ultimo articolo di Anna
Politkovskaja
Ti dichiariamo terrorista
La politica antiterroristica basata sulla tortura nel Caucaso settentionale
di Anna Politkovskaja
Nota della redazione:
A tutti noi è stato chiesto: l'omicidio di Anna Politkovskaja è collegato
alla preparazione dell'articolo sulle torture che aveva annunciato a Radio
Svoboda giovedì 5 ottobre? Oggi pubblichiamo due frammenti del materiale che
la nostra giornalista non è riuscita a terminare. Il primo è un testo con le
testimonianze dirette dell'impiego di torture, confermate dai dati medici.
Il secondo doveva essere la base di un altro articolo, che non è stato
scritto. Sul disco della Politkovskaja (preghiamo la persona che le aveva
fornito questi video di farsi vivo), ci sono torture compiute su persone
delle quali non conosciamo l'identità. Le riprese sono state effettuate
dagli stessi torturatori, presumibilmente in una struttura carceraria cecena.
Oggi davanti a me ci sono decine di raccoglitori. Contengono le copie del
materiale relativo ai casi di persone che sono state condannate per
"terrorismo" o che si trovano ancora sotto inchiesta. Perché uso la parola
"terrorismo" tra virgolette? Perché la grandissima maggioranza di questa
gente è stata "designata come terrorista". E questa pratica della
"designazione" non solo ha impedito una vera lotta al terrorismo, ma ha
contribuito a produrre un numero sempre maggiore di persone assetate di
vendetta, e dunque potenziali terroristi. Quando le procure e i tribunali
non lavorano per la legge e per la punizione dei colpevoli ma in base a
considerazioni politiche e cercando di compiacere il Cremlino con una vera e
propria contabilità antiterroristica, i casi criminali vengono sfornati a
getto continuo.
L'organizzazione militare-governativa che si occupa delle cosiddette
"confessioni sincere" fornisce dati eccellenti a proposito della lotta
contro il terrorismo nel Caucaso settentrionale. Ecco cosa mi hanno scritto
le madri dei giovani ceceni condannati: "... in sostanza, queste colonie di
correzione sono diventate dei campi di concentramento per i detenuti ceceni.
Sono sottoposti a discriminazioni sul suolo nazionale. I loro guardiani non
li lasciano uscire dalle camere di isolamento. La maggioranza, quasi tutti,
sono stati condannati per reati 'fabbricati', senza prove. Rinchiusi in
condizioni precarie, umiliati nella propria dignità, sviluppano un odio
verso tutto. Questo è un esercito di persone che ritornerà da noi con il
destino devastato, con idee devastate...".
Onestamente, ho paura di quell'odio. Ne ho paura perché uscirà dagli argini,
prima o poi. E ne risentiranno tutti, tranne quelli che li hanno fatti
torturare. L'attribuzione dello status di terrorista è il campo in cui si
affrontano testa a testa due approcci ideologici a ciò che sta accadendo
nella zona delle operazioni antiterroristiche nel Caucaso settentrionale:
lottare legalmente contro l'illegalità? Oppure schiacciarli con la nostra,
di illegalità?
Questi due atteggiamenti sono destinati a scontrarsi e a fare scintille, nel
presente come nel futuro. L'"attribuzione dello status di terrorista" farà
aumentare il numero di coloro che a questo non intendono rassegnarsi.
Recentemente l'Ucraina ha accettato di estradare in Russia un certo Beslan
Gadaev, ceceno, arrestato all'inizio di agosto dopo un controllo di
documenti in Crimea, dove viveva come immigrato forzato. Ecco un estratto da
una sua lettera del 29 agosto: "... Dopo avermi estradato dall'Ucraina a
Groznij mi hanno condotto in un ufficio e mi hanno chiesto subito se avessi
ucciso delle persone della famiglia Salikov, Anzor e un suo amico, un
camionista russo. Io ho giurato che non avevo ucciso nessuno e che non avevo
mai versato il sangue di nessuno, né russo né ceceno. Loro invece
continuavano a dire con sicurezza: 'No, tu hai ucciso'. Io ho ripreso a
negare. Dopo aver detto per la seconda volta che non avevo ucciso nessuno
hanno cominciato a picchiarmi. All'inizio mi hanno colpito due volte con il
pugno nella zona dell'occhio destro.
Non appena mi sono ripreso da questi colpi mi hanno immobilizzato e
ammanettato, e tra le gambe mi hanno messo un tubo, così che non potessi
muovere le mani, benché fossero già ammanettate.
Poi mi hanno preso, o meglio hanno preso le due estremità del tubo al quale
ero legato, e mi hanno appeso a un'altezza di circa un metro tra due armadi
dell'ufficio. Subito dopo avermi appeso mi hanno legato del filo di ferro ai
mignoli delle mani. Un paio di secondi dopo hanno cominciato a darmi delle
scariche elettriche e contemporaneamente a picchiarmi con mazze di gomma,
più forte che potevano. Incapace di sopportare il dolore ho cominciato a
urlare e a implorare Dio perché mettesse fine a tutto questo. Come reazione,
per non sentire e per non ascoltare quello che gridavo, mi hanno messo sulla
testa un sacchetto nero.
Non ricordo quanto sia andato avanti tutto ciò, ma ho cominciato a perdere
conoscenza per il dolore. Vedendo che stavo perdendo conoscenza mi hanno
tolto il sacchetto dalla testa e mi hanno chiesto se avevo intenzione di
parlare. Ho risposto di sì, anche se non sapevo cosa dire. Ho risposto così
solo per farli smettere. Mi hanno tirato giù, hanno tolto il tubo e mi hanno
gettato sul pavimento. Mi hanno detto: 'Parla'. Io ho replicato che non
avevo niente da dire. In tutta risposta loro hanno cominciato a picchiarmi
sempre nella zona dell'occhio destro con il tubo di ferro al quale mi
avevano immobilizzato. A causa di questi colpi sono caduto di lato e ho
quasi perso conoscenza, mentre continuavano a picchiarmi dove capitava...
Poi mi hanno nuovamente appeso e hanno ripetuto tutto daccapo. Non ricordo
per quanto tempo siano andati avanti, di tanto in tanto mi gettavano addosso
dell'acqua.
Il giorno dopo mi hanno lavato e mi hanno spalmato qualcosa sulla faccia e
sul corpo. Intorno all'ora di cena è arrivato un uomo in borghese che mi ha
detto che erano arrivati i giornalisti e che dovevo ammettere i tre omicidi
e le rapine, aggiungendo che avrebbero ricominciato tutto daccapo se non
avessi confessato, minacciando anche umiliazioni di carattere sessuale.
Allora ho accettato. Dopo l'incontro con i giornalisti, sempre
minacciandomi, mi hanno costretto a firmare una dichiarazione, fornita da
loro, in cui affermavo che tutte le percosse che avevo ricevuto erano la
conseguenza di un mio tentativo di fuga..."
L'avvocato Zaur Zakriev, incaricato della difesa di Gadaev, ha spiegato al
Centro per i Diritti Umani "Memorial" che nella sede della stazione di
polizia del distretto Groznenskij il suo assistito era stato oggetto di
violenze fisiche e psicologiche. Come risulta dalla dichiarazione
dell'avvocato, il suo cliente ha effettivamente ammesso di aver compiuto nel
2004 un attacco contro le forze dell'ordine. Tuttavia all'ufficio
distrettuale hanno deciso di ottenere da lui anche la confessione di una
serie di crimini che non aveva commesso, avvenuti nel villaggio di Starie
Atagi nel distretto Groznenskij della Repubblica Cecena.
Secondo l'avvocato, dalle brutali violenze fisiche subite dal suo assistito
sono derivati danni visibili. Nell'infermeria del carcere SIZO-1 di Groznij,
dove attualmente si trova Beslan Gadaev [è incolpato in base all'articolo
209 del codice penale della Repubblica Russa ("banditismo")], è stato
compilato un referto in cui figurano lesioni causate da percosse, cicatrici,
abrasioni, contusioni, costole rotte e anche danni agli organi interni.
L'avvocato Zakriev ha denunciato queste feroci violazioni dei diritti umani
alla Procura della Repubblica Cecena.
Qui il testo di Anna Politkovskaja si interrompe.<7i>
Il sito della Novaja Gazeta rimanda anche a una cartella di foto, i fermi
immagine di un video in suo possesso. Secondo la descrizione del giornale,
nel video alcuni uomini che probabilmente lavorano in una delle strutture di
detenzione cecene catturano e torturano due uomini di giovane età. Uno dei
due siede a bordo di un'automobile, e sanguina (è visibile il coltello nella
zona del collo della vittima). L'altro sembra essere stato spinto fuori
dalla macchina sull'asfalto.
I loro torturatori non sono visibili, si sente parlare in ceceno, con
insulti che si alternano a bestemmie.
Fonte:
http://mirumir.blogspot.com/
12.10.6
Archivio Politkovskaja07/10/2006 Archivio Politkovskaja
Comunque il giorno fatidico è arrivato e la giornalista Anna...
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