La morte di Anna Politkovsakya ci
sconvolge. Noi vogliamo soltanto dire che stiamo dalla sua parte anche ora
che i suoi articoli non si possono più leggere. E ricordare come la verità,
specialmente quella scomoda, acquisti un significato ancora più forte quando
viene negata con la violenza
La morte di Anna Politkovsakya ci sconvolge. Non è ammissibile
che in un paese democratico, come oggi vuole definirsi la Russia, una
giornalista venga assassinata con quattro colpi di pistola. Specialmente se
ha avuto il coraggio di prendere la parola, come lei aveva fatto a più
riprese negli ultimi anni, contro il suo governo per denunciare gli orrori
perpetrati dall’esercito federale in Cecenia.
Da più parti, nelle ultime ore, si sono levati i sospetti sui
mandanti di questo assassinio che riporta il paese indietro di molti
decenni, all’epoca più oscura della sua storia, quando la libertà di stampa
era una chimera. I suoi colleghi hanno fatto sapere che avrebbe dovuto
consegnare, proprio in queste ore, un’inchiesta sulla tortura a Grozny e
dintorni. E sul sito web della sua rivista, la
Novaia Gazeta, compare adesso una
grande foto con il suo ritratto insieme ad un servizio che avanza due
ipotesi: «Una vendetta di Kadirov per quello che lei aveva scritto e
continuava a scrivere su di lui, o l'azione di chi voleva addossare al
premier ceceno l'omicidio per impedirgli di arrivare alla presidenza della
Cecenia».
Chissà. Noi vogliamo soltanto dire che stiamo con Anna, dalla sua
parte, anche ora che i suoi articoli non si possono più leggere, in Italia,
sulla rivista Internazionale. E ricordare come la verità, specialmente
quella scomoda, acquisti un significato ancora più forte quando viene negata
con la violenza
Archivio Politkovskaja07/10/2006 Archivio Politkovskaja
Comunque il giorno fatidico è arrivato e la giornalista Anna...
|