In Afghanistan si stanno combattendo due guerre:
una guerra ufficiale, quella che le forze della coalizione hanno
intrapreso e stanno intensificando con l'obiettivo di ridurre i
Talebani all'impotenza; e un'altra guerra, la quale è meno nota perché
appare come un insieme di atti isolati, ed è meno facile da
localizzare perché sfrutta l'abilità nella mimetizzazione dei
terroristi. Una guerra "nascosta", quest'ultima, che colpisce non le
forze straniere, ma gli Afgani che si impegnano per ridare speranza e
futuro al paese.
La guerra ufficiale è quella della coalizione guidata dagli Stati Uniti
e dalle forze della NATO. Di fronte all'inasprirsi dei combattimenti,
un generale della coalizione, Peter Pace, ha espresso
la sua convinzione del successo, nel lungo termine, della missione
ISAF. Venerdì 28 luglio Pace ha dichiarato all'AP che
per la coalizione i "Talebani possono essere un problema tattico
quotidiano, ma noi [la coalizione] siamo un problema strategico di
lungo termine per loro". I Talebani, ha aggiunto il generale, possono
ancora avere la meglio in alcune battaglie, ma non possono riprendersi
di nuovo il paese.
La sicurezza del successo militare non è però unanimemente
condivisa. Il 27 luglio, infatti, l'ONU ha espresso
seria preoccupazione per lo sviluppo della situazione del paese.
Tom Koenigs, inviato delle Nazioni Unite in
Afghanistan, parlando ai giornalisti ha rimarcato la gravità del
problema del risveglio talebano. Per l'uomo, non si può più parlare
solo di "atti isolati di terrorismo", ma è lecito sostenere che si
tratta di una vera e propria "insurrezione", potenziata da "elementi
internazionali" provenienti da un paese vicino, in cui vengono
presumibilmente addestrati e finanziati i terroristi locali.
Senza nominare alcun paese, Koenigs ha fatto riferimento ad
infiltrazioni dal confine meridionale - lasciando dunque intendere il
suo riferimento al Pakistan - ed ha aggiunto: "I Talebani hanno avuto
l'opportunità di riguadagnare forza, ristabilire la loro leadership su
questo movimento e riconquistare le loro strutture. Questo è
impossibile senza il supporto di terze parti, siano esse reti
terroristiche internazionali o paesi che non controllano parte del
loro territorio".
Il diplomatico ha quindi parlato del bisogno di un rafforzamento della
cooperazione tra Afghanistan e Pakistan e della necessità che la
comunità internazionale "prosciughi" le risorse finanziarie dei
Talebani. Ha aggiunto che non vi è alcuna indicazione che qualche
paese dia il proprio sostegno aperto o velato ai Talebani, che
costituiscono una minaccia per chiunque, ed in tal modo ha inteso
indirettamente scagionare le responsabilità governative del Pakistan.
A detta di Koenigs, infatti, lo stesso Musharraf, presidente del
Pakistan, pressato da più parti - Afghanistan e Stati Uniti per quanto
riguarda i Talebani, India per i recenti attentati nei treni di Mumbai
- appare molto preoccupato per il rischio di "talebanizzazione" del
suo paese.
Il bisogno sottolineato da più parti è relativo alla necessità di fare
di più da un punto di vista quantitativo, sia in termini di uomini che
di risorse economiche. Un portavoce della Nato,
James Appathurai, ha infatti affermato, secondo
quanto riporta l'agenzia Reuters, che i fondi provenienti da donazioni
estere stanno diminuendo o stanno arrivando in ritardo e questo
rischia di mettere a repentaglio la missione nella sua fase di
ricostruzione.
La NATO, infatti, ha deciso il raddoppio delle truppe in Afghanistan,
portandole ad oltre 18,000 unità; tuttavia, dice
Appathurai, "non ha senso investire così tanto nelle risorse militari
di pace, ma non fornire risorse civili per rendere la pace stabile".
La comunità internazionale ha promesso 10,5 miliardi di
dollari per i prossimi cinque anni, anche se "l'esborso dei
fondi non è stato realizzato velocemente ed efficacemente" come la
NATO sperava.
Sempre la Reuters riporta un intervento dell'ambasciatore afgano
negli USA, Said T. Jawad; il diplomatico ha affermato
che in Afghanistan c'è anche bisogno di più truppe mobili
internazionali per rispondere agli attacchi quotidiani dei terroristi.
Parlando alla comunità afgana di New York, Jawad ha aggiunto che
servono soldi per la ricostruzione; e a proposito dei terroristi, ha
affermato che secondo lui Bin Laden non si trova in Afghanistan e che
i Talebani ricevono cospicui aiuti e supporto al di fuori del paese.
Nonostante i dati negativi, tuttavia, Jawad si dice speranzoso per il
futuro, sottolineando alcuni dati positivi: l'entusiasmo dimostrato
dalla gente nell'elezione di un presidente, l'economia in ripresa, il
rilancio della scolarizzazione, il ritorno dei rifugiati nelle loro
case.
Proprio questi ultimi dati confermano nel paese la volontà di superare
lo stallo da parte della popolazione locale. Tuttavia è proprio contro
di essa che i Talebani tentano di sferrare un secondo attacco, nel
tentativo di seminare paura e scoraggiamento. La BBC parla a questo
proposito di una "guerra nascosta" che si combatte
accanto a quella ufficiale tra Talebani e forze della coalizione
internazionale. Questa seconda guerra avviene a livello locale e vede
i Talebani prendere di mira le "infrastrutture" dello stato allo scopo
di seminare paura tra la gente: politici locali, capi della polizia e
giudici vengono assassinati o feriti, scuole chiuse per intimidazioni
oppure date alle fiamme.
I dati relativi alle scuole sono quelli più preoccupanti. Nella sola
provincia meridionale dell'Helmand in otto mesi la
metà delle scuole o sono state bruciate o sono state chiuse perché gli
insegnanti sono state vittime di intimidazioni ripetute fino ad
abbandonare il loro posto di lavoro. Le scuole sono definite dalla BBC
dei "soft target", degli obiettivi facili da colpire; i Talebani le
prendono di mira principalmente perché contrari all'educazione delle
ragazze e ad un tipo di istruzione "liberale".
E non solo le scuole sono soft target: impiegati del governo e
amministratori locali rischiano ogni giorno di finire vittime di bombe
o agguati di bande talebane e talvolta su di loro pende una vera e
propria taglia fissata dai Talebani stessi. E' così che i Talebani
fanno sentire la loro temibile voce anche in mezzo alla gente locale,
ben sapendo che i militari sono altrove e non possono tenere a bada
tutte le scuole e tutti gli uffici pubblici periferici.
L'educazione è stato uno dei banchi di prova per l'Afghanistan e la
comunità internazionale. Far tornare i bambini a scuola, far studiare
anche le ragazze è una delle più importanti battaglie che gli Afgani
devono riuscire a vincere. Come dice Hassina Sherian,
che insegna in una scuola per ragazze per conto di Afghanaid:
"L'istruzione è la base di ogni società. Non si può ricostruire dopo
decenni di guerre senza istruzione e essa dovrebbe anzi essere il
primo passo per lo sviluppo. [I Talebani] stanno specificamente
attaccando l'istruzione perché sanno che una volta che la gente impara
e pensa da sé non possono più indottrinarli con le loro ideologie".
Al governo sono ben consapevoli del valore dell'istruzione. Una
prova ne è il recente accordo bilaterale tra Afghanistan e Tajikistan
in tema di istruzione: Karzai e Rahmonov - presidente
del Tajikistan - hanno infatti firmato un accordo sulla cooperazione
nel campo dell'istruzione, che prevede tra l'altro la possibilità per
gli studenti afgani di studiare nel Tajikistan.
Antonio Fabrizio - Warnews
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