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07/08/2006 Le due Guerre dell' Afghanistan (Antonio Fabrizio - Warnews, http://www.canisciolti.info)

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    In Afghanistan si stanno combattendo due guerre: una guerra ufficiale, quella che le forze della coalizione hanno intrapreso e stanno intensificando con l'obiettivo di ridurre i Talebani all'impotenza; e un'altra guerra, la quale è meno nota perché appare come un insieme di atti isolati, ed è meno facile da localizzare perché sfrutta l'abilità nella mimetizzazione dei terroristi. Una guerra "nascosta", quest'ultima, che colpisce non le forze straniere, ma gli Afgani che si impegnano per ridare speranza e futuro al paese.

     

    La guerra ufficiale è quella della coalizione guidata dagli Stati Uniti e dalle forze della NATO. Di fronte all'inasprirsi dei combattimenti, un generale della coalizione, Peter Pace, ha espresso la sua convinzione del successo, nel lungo termine, della missione ISAF. Venerdì 28 luglio Pace ha dichiarato all'AP che per la coalizione i "Talebani possono essere un problema tattico quotidiano, ma noi [la coalizione] siamo un problema strategico di lungo termine per loro". I Talebani, ha aggiunto il generale, possono ancora avere la meglio in alcune battaglie, ma non possono riprendersi di nuovo il paese.

    La sicurezza del successo militare non è però unanimemente condivisa. Il 27 luglio, infatti, l'ONU ha espresso seria preoccupazione per lo sviluppo della situazione del paese. Tom Koenigs, inviato delle Nazioni Unite in Afghanistan, parlando ai giornalisti ha rimarcato la gravità del problema del risveglio talebano. Per l'uomo, non si può più parlare solo di "atti isolati di terrorismo", ma è lecito sostenere che si tratta di una vera e propria "insurrezione", potenziata da "elementi internazionali" provenienti da un paese vicino, in cui vengono presumibilmente addestrati e finanziati i terroristi locali.

    Senza nominare alcun paese, Koenigs ha fatto riferimento ad infiltrazioni dal confine meridionale - lasciando dunque intendere il suo riferimento al Pakistan - ed ha aggiunto: "I Talebani hanno avuto l'opportunità di riguadagnare forza, ristabilire la loro leadership su questo movimento e riconquistare le loro strutture. Questo è impossibile senza il supporto di terze parti, siano esse reti terroristiche internazionali o paesi che non controllano parte del loro territorio".
     
    Il diplomatico ha quindi parlato del bisogno di un rafforzamento della cooperazione tra Afghanistan e Pakistan e della necessità che la comunità internazionale "prosciughi" le risorse finanziarie dei Talebani. Ha aggiunto che non vi è alcuna indicazione che qualche paese dia il proprio sostegno aperto o velato ai Talebani, che costituiscono una minaccia per chiunque, ed in tal modo ha inteso indirettamente scagionare le responsabilità governative del Pakistan.

    A detta di Koenigs, infatti, lo stesso Musharraf, presidente del Pakistan, pressato da più parti - Afghanistan e Stati Uniti per quanto riguarda i Talebani, India per i recenti attentati nei treni di Mumbai - appare molto preoccupato per il rischio di "talebanizzazione" del suo paese.
     
    Il bisogno sottolineato da più parti è relativo alla necessità di fare di più da un punto di vista quantitativo, sia in termini di uomini che di risorse economiche. Un portavoce della Nato, James Appathurai, ha infatti affermato, secondo quanto riporta l'agenzia Reuters, che i fondi provenienti da donazioni estere stanno diminuendo o stanno arrivando in ritardo e questo rischia di mettere a repentaglio la missione nella sua fase di ricostruzione.

    La NATO, infatti, ha deciso il raddoppio delle truppe in Afghanistan, portandole ad oltre 18,000 unità; tuttavia, dice Appathurai, "non ha senso investire così tanto nelle risorse militari di pace, ma non fornire risorse civili per rendere la pace stabile". La comunità internazionale ha promesso 10,5 miliardi di dollari per i prossimi cinque anni, anche se "l'esborso dei fondi non è stato realizzato velocemente ed efficacemente" come la NATO sperava.

    Sempre la Reuters riporta un intervento dell'ambasciatore afgano negli USA, Said T. Jawad; il diplomatico ha affermato che in Afghanistan c'è anche bisogno di più truppe mobili internazionali per rispondere agli attacchi quotidiani dei terroristi. Parlando alla comunità afgana di New York, Jawad ha aggiunto che servono soldi per la ricostruzione; e a proposito dei terroristi, ha affermato che secondo lui Bin Laden non si trova in Afghanistan e che i Talebani ricevono cospicui aiuti e supporto al di fuori del paese. Nonostante i dati negativi, tuttavia, Jawad si dice speranzoso per il futuro, sottolineando alcuni dati positivi: l'entusiasmo dimostrato dalla gente nell'elezione di un presidente, l'economia in ripresa, il rilancio della scolarizzazione, il ritorno dei rifugiati nelle loro case.

    Proprio questi ultimi dati confermano nel paese la volontà di superare lo stallo da parte della popolazione locale. Tuttavia è proprio contro di essa che i Talebani tentano di sferrare un secondo attacco, nel tentativo di seminare paura e scoraggiamento. La BBC parla a questo proposito di una "guerra nascosta" che si combatte accanto a quella ufficiale tra Talebani e forze della coalizione internazionale. Questa seconda guerra avviene a livello locale e vede i Talebani prendere di mira le "infrastrutture" dello stato allo scopo di seminare paura tra la gente: politici locali, capi della polizia e giudici vengono assassinati o feriti, scuole chiuse per intimidazioni oppure date alle fiamme. I dati relativi alle scuole sono quelli più preoccupanti. Nella sola provincia meridionale dell'Helmand in otto mesi la metà delle scuole o sono state bruciate o sono state chiuse perché gli insegnanti sono state vittime di intimidazioni ripetute fino ad abbandonare il loro posto di lavoro. Le scuole sono definite dalla BBC dei "soft target", degli obiettivi facili da colpire; i Talebani le prendono di mira principalmente perché contrari all'educazione delle ragazze e ad un tipo di istruzione "liberale".

    E non solo le scuole sono soft target: impiegati del governo e amministratori locali rischiano ogni giorno di finire vittime di bombe o agguati di bande talebane e talvolta su di loro pende una vera e propria taglia fissata dai Talebani stessi. E' così che i Talebani fanno sentire la loro temibile voce anche in mezzo alla gente locale, ben sapendo che i militari sono altrove e non possono tenere a bada tutte le scuole e tutti gli uffici pubblici periferici.

    L'educazione è stato uno dei banchi di prova per l'Afghanistan e la comunità internazionale. Far tornare i bambini a scuola, far studiare anche le ragazze è una delle più importanti battaglie che gli Afgani devono riuscire a vincere. Come dice Hassina Sherian, che insegna in una scuola per ragazze per conto di Afghanaid: "L'istruzione è la base di ogni società. Non si può ricostruire dopo decenni di guerre senza istruzione e essa dovrebbe anzi essere il primo passo per lo sviluppo. [I Talebani] stanno specificamente attaccando l'istruzione perché sanno che una volta che la gente impara e pensa da sé non possono più indottrinarli con le loro ideologie".

    Al governo sono ben consapevoli del valore dell'istruzione. Una prova ne è il recente accordo bilaterale tra Afghanistan e Tajikistan in tema di istruzione: Karzai e Rahmonov - presidente del Tajikistan - hanno infatti firmato un accordo sulla cooperazione nel campo dell'istruzione, che prevede tra l'altro la possibilità per gli studenti afgani di studiare nel Tajikistan.

    Antonio Fabrizio - Warnews


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