Rai News24 intervista l'uomo fotografato durante le torture "A condurre
gli interrogatori contractors ingaggiati da ditte Usa"
C'erano anche degli italiani a condurre gli interrogatori nel carcere della
vergogna di Abu Ghraib. Lo rivela Ali Shalal al Kaisi, il detenuto incappucciato
con gli elettrodi della foto che ha fatto il giro del mondo. Riferendo la
confidenza raccolta da un ex diplomatico iracheno, Haitham Abu Ghaith,
"l'incappucciato" parla ai microfoni di RaiNews24 e sostiene che a condurre i
tremendi interrogatori nel carcere iracheno c'erano anche contractors italiani
ingaggiati da ditte americane. Il servizio con l'intervista andrà in onda domani
alle 7.40 su RaiNews24. Palazzo Chigi ha intanto diffuso una nota in cui si
afferma che "al governo non risulta la presenza di cittadini italiani ad Abu
Grahib. E comunque il governo esclude in maniera tassativa che possa trattarsi
di militari o di pubblici funzionari".
La testimonianza. Ali Shalal al Kaisi ha 42 anni; fu arrestato nell'ottobre 2003
a Bagdad con l'accusa di far parte della guerriglia. Studioso e insegnante di
religione era un mokhtar, un'autorità amministrativa e religiosa in uno dei
distretti della capitale irachena.
"Dopo quindici giorni di prigionia - ricorda l'ex detenuto - mi hanno tolto
dalla cella, mi hanno messo una coperta con dei buchi, come se fosse un vestito
tradizionale arabo. Mi hanno legato con del filo elettrico e messo su una
scatola di cartone. Poi mi hanno detto che mi avrebbero elettrizzato se non
avessi collaborato. Per tre giorni mi hanno colpito con scosse elettriche".
"Ogni volta che usavano gli elettrodi - prosegue - sentivo gli occhi che
fuoriuscivano dalle orbite. Una scossa è stata talmente forte che mi sono morso
la lingua e ho cominciato a sanguinare. Sono quasi svenuto. Hanno chiamato un
dottore, che ha aperto la mia bocca con gli stivali, ha visto che il sangue non
veniva dallo stomaco ma dalla lingua e ha detto: 'Continuate pure'".
"Mi chiamavano uomo uncino". Ad Abu Ghraib, Ali Shalal veniva chiamato in gergo
sprezzante Clawman, uomo uncino, per una tremenda ferita alla mano. "Prima di
essere arrestato avevo subito un'operazione chirurgica alla mano. Ma quando sono
entrato in prigione, gli americani hanno usato questa ferita come strumento di
pressione. Mi dicevano: Se collabori ti possiamo aiutare a far diventare la mano
come prima con un intervento chirurgico". Invece "con gli stivali calpestavano
continuamente la mia mano ferita".
Ali si è rifugiato ad Amman, in Giordania, e ha fondato l'Associazione delle
vittime delle prigioni americane. E' stato intervistato mentre seguiva un corso
per Non violent action for Iraq tenuto da alcune Ong europee.
Violenze sessuali in carcere. Ai microfoni di Sigfrido Ranucci inviato di Rai
News24, Ali Shalal dice di aver assistito personalmente ad abusi sessuali su
uomini e donne: "Una soldatessa ha interrogato un religioso e gli ha chiesto di
fare sesso con lei. Lui si è opposto; allora la donna è tornata, indossava un
fallo finto e lo ha violentato. Abbiamo pure sentito delle donne portate in
prigione che venivano violentate, che strillavano e chiedevano il nostro aiuto
ma l'unica cosa che potevamo fare è gridare: Dio è grande e vincerà".
Era atteso in Italia Al Kaisi: sarebbe dovuto venire a Roma per raccontare la
sua storia ma gli è stato negato il visto.
Fonte: www.repubblica.it
Link:
http://www.repubblica.it/2006/b/sezioni/esteri/iraq79/incappucciato/incappucciato.html
(22 febbraio 2006)
VIDEO INTERVISTA:
http://www.rainews24.rai.it/ran24/speciali/abugrhaib_ranucci/default.htm
|