Gli Stati Uniti sono preoccupati per la minaccia di bioterrorismo – per la
potenzialità dell’avvelenamento delle forniture di latte con tossine
botuliniche, per la ipotetica disseminazione di vaiolo da parte di
terroristi auto-contagiatisi, per la possibilità di diffusione massiccia di
spore di antrace attraverso aerosol nelle metropolitane, ed anche per la
rievocazione dello spettro di un uso malefico del virus ricombinato
dell’influenza del 1918.
Queste preoccupazioni hanno avuto conseguenze importanti per i programmi
della ricerca biomedica e per gli ambienti normativi, dando priorità ai
finanziamenti delle ricerche di biodifesa.
Nell’anno fiscale 2003, era stato assegnato un miliardo e mezzo di dollari
per la ricerca sulla biodifesa agli Istituti Nazionali di Sanità (NIH).
Questi denari per la nuova ricerca, che sono stati riassegnati annualmente,
ora corrispondono approssimativamente per un terzo del budget assegnato
all’Istituto Nazionale per le Allergie e le Malattie Infettive (NIAID) dei
NIH. Sebbene una parte di questi fondi siano destinati allo studio di
malattie infettive emergenti, è stata posta un’attenzione senza precedenti
ai patogeni che generalmente producono morbi non comuni. Per esempio,
l’entità di fondi assegnati ai NIH per i lavori sulla Francisella tularensis
è accresciuta da 4 milioni nel 2001 a 71 milioni di dollari nel 2003,
sebbene negli Stati Uniti vi siano solo dai 100 ai 150 casi di tularemia
all’anno; nell’ottobre 2005 venivano assegnati al NIAID 60 milioni di
dollari per il lavoro su nuovi vaccini per la tularemia.(Tularemia: malattia
infettiva diffusa fra i roditori, conigli, ratti, scoiattoli, ecc. e
trasmissibile per morso all’uomo, che provoca forti febbri e tumefazioni dei
linfonodi.)
Inoltre, la preoccupazione del governo per il bioterrorismo ha portato a
nuove limitazioni federali sulla manipolazione degli agenti patogeni
infettivi; queste normative hanno ostacolato sia la possibilità dei
ricercatori USA a partecipare a collaborazioni internazionali, sia gli
sforzi per la preparazione in questo paese di scienziati stranieri.
Tutti questi cambiamenti riflettono un radicale spostamento nel clima
politico e sociale, uno spostamento evidenziato nel 2004 dalla carcerazione
nelle prigioni federali, con l’accusa di manipolazione illecita di Yersinia
pestis, del Dr. Thomas Butler, capo del reparto malattie infettive alla
Texas Tech University ed un esperto in peste.
Questa accresciuta preoccupazione per il bioterrorismo risulta ben fondata?
Se questa è giustificata, come possiamo destinare nel modo migliore le
nostre risorse intellettuali, tecniche e finanziarie, dati gli imminenti
pericoli derivati dall’influenza aviaria e da altre minacce naturali? Su
quali principi dobbiamo basarci per costruire una strategia di biodifesa?
Gli artefici della politica, che valutano la probabilità e i pericoli di
bioterrorismo, tendono a cercare indicazioni da un passato di estesi
programmi di armi biologiche sponsorizzati dallo stato, che usavano processi
a scala industriale, accentuavano il controllo di qualità e basavano le loro
proiezioni di utilizzo su una dottrina militare tradizionale. I fautori di
questi programmi, che consideravano allora gli agenti biologici come
credibili armi strategiche, pensavano che solo alcuni agenti particolari
avessero il più grande potenziale per l’uso e vedevano la tecnologia per la
preparazione e la diffusione di questi agenti come una componente essenziale
di un programma di armamenti.
Ma noi non possiamo accettare che la logica del passato, che sottendeva i
programmi di guerra biologica, informi a futuri usi distorti le scienze
della vita. Invece, gli insegnamenti di questa storia possono essere
pericolosamente fuorvianti. Primo, la teoria che solo alcuni agenti
particolari costituiscano una plausibile minaccia è ampiamente un artefatto
di programmi di armamenti pre-datati rispetto alle nostre attuali conoscenze
di biologia molecolare, e che avevano scelto gli agenti sulla base delle
loro proprietà naturali e delle limitate informazioni tecniche allora
disponibili dagli esperti. Fra gli agenti che rimangono oggi sull’elenco
delle minacce biologiche, l’antrace e il vaiolo costituiscono ancora armi
particolarmente di tutto rilievo, ma, dato il progresso nell’ambito
scientifico e tecnologico, il numero di agenti preoccupanti è grandemente in
espansione.
Inoltre, processi industriali di larga scala non sono necessari per lo
sviluppo di potenti armi biologiche. I mezzi per la diffusione di agenti
patogeni sotto controllate condizioni diventano sempre più accessibili a
chiunque. Anche i nostri tradizionali concetti di loro “utilizzazione come
arma” sono fuorvianti: la natura fornisce i meccanismi per
l’immagazzinamento e la conservazione di molti agenti infettivi che possono
essere manipolati attraverso l’ingegneria biologica e genetica, ad esempio
intensificando la virulenza di organismi che naturalmente si riproducono per
spore. Le scienze dei materiali e delle nanodimensioni, — in progresso
è la tecnologia dell’incapsulamento — forniranno nuovi modi di raccolta e
conservazione di tali agenti. E gli agenti che si possono auto-riprodurre, e
che risultano altamente trasmissibili da uomo a uomo, come i virus del
vaiolo e dell’influenza, necessitano di piccole o addirittura di nessuna
alterazione per essere disseminati in modo efficiente da terroristi.
Nemmeno dovremmo presumere, sulla base della storia, che quando
vengono usati deliberatamente e con premeditazione agenti biologici, questi
siano in grado di procurare solamente danni relativamente limitati. I vasti
programmi sulle armi biologiche dell’ultimo XX secolo non si sono mai
appieno sviluppati. E le utilizzazioni di tali armi da parte di gruppi
modesti, come quello
del culto di Aum
Shinrikyo ,sono state abbastanza non sofisticate, ben lontane
dall’esempio di quello che possono fare, pur con moderazione, oggi gruppi
ben informati. Le conseguenze potrebbero essere molto più terribili, ad
esempio, di quelle che si sono avute con le spore di antrace messe in
circolazione nel 2001 negli USA tramite servizio postale, se queste
venissero messe in diffusione attraverso vie più efficaci. La tecnologia e
la scienza di domani presenteranno un nuovo panorama con caratteristiche che
sono sia preoccupanti che rassicuranti: i metodi e i reagenti usati per la
ricombinazione di un nuovo virus, ad esempio, possono anche essere usati per
la produzione di un vaccino contro di esso.
II PARTE
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